Un bilancio positivo, ma anche un Vinitaly che guarda sempre di più al business, all'estero, e ai giovani e anche, in futuro, a uno spazio dedicato a un trend in ascesa: i prodotti no e low alcol. Maurizio Danese amministratore delegato di Veronafiere, mette sul tavolo l'immagine di un Vinitaly che non si pone solo come una vetrina della produzione italiana, ma anche come luogo di dibattito e di valorizzazione del nostro vino.
Un commento su questa 56esima edizione?
Manca ancora un giorno, ma fin qui molto positivo. Ho letto sui social de presidente del Consorzio di Montalcino che era molto soddisfatto di tutti i contatti con i buyer stranieri. Penso sia questo quello che conta: noi abbiamo l'obiettivo, specialmente dall'edizione dell'anno scorso, di orientare tutti i nostri sforzi nel portare buyer stranieri a contatto con tutti gli espositori per fare business.
Come vi siete mossi?
Ci siamo concentrati molto su questo aspetto anche a livello economico. Oltre ai 30mila visitatori stranieri che pensiamo di fare anche quest'anno, abbiamo portato 1200 top buyer. Crediamo sia un fattore che faccia la differenza rispetto al passato e che ci consolida come una fiera internazionale del vino italiano
Cosa avevano chiesto gli espositori per l'edizione di quest'anno?
Gli espositori sono molto attenti a poter intrecciare rapporti con buyer e poter fare business. L'anno scorso sono stati fatti oltre 11mila contatti tramite le piattaforme come Vinitaly Plus e quest'anno stanno raddoppiando. Questo è il nuovo indirizzo che ha dato il nuovo cda di Veronafiere: un piano di investimenti che si basa su un piano strategico che va dal 2024 al 2026 chiamato One: perché l'azienda ha parecchie società e vogliamo comportarci come un'unica realtà. In questo piano, che prevede 30 milioni di euro di investimenti, parte di questi verranno spesi per strumenti atti ad agevolare gli incontri tra domanda e offerta.
Oltre a Business l'altra parola chiave di questa edizione è "consapevolezza"...
Certamente: consapevolezza del fatto che il vino è uno strumento che serve per agevolare tutto il Made In Italy agroalimentare a livello di esportazioni. Nei nuovi mercati dove arriva il vino italiano, subito dopo arriva anche il prodotto agroalimentare, rappresentando un vero e proprio apripista. Ma Consapevolezza anche del fatto che dobbiamo avere un approccio diverso con i giovani.
In che modo?
Oltre alle attività che facciamo, come masterclass, che possono risultare seriose, dobbiamo pensare a qualcosa di meno impegnativo, meno ingessato. Dobbiamo iniziare a dialogare con il mondo dei giovani...mia figlia direbbe in maniera più “scialla”. Già si osservano molte aziende che usano l’intelligenza artificiale, la cultura, musica arte ecc. per dialogare con loro in maniera proficua e diversa. C’è una buona parte dei produttori che pensa che sia il modo migliore per avvicinare i giovani in modo più consapevole al vino. Anche perché molti giovani, che magari non conoscono così bene questo mondo, si possono sentire giudicati e non affrontano nemmeno il tema “vino”. Serve un modo per agganciarli subito come osserviamo in Vinitaly and the city.
Vinitaly and the city da quest’anno anche in Calabria. Ci saranno altre tappe?
Si, possiamo dire che stiamo definendo gli ultimi dettagli per far si che ci sia un’edizione anche in Sicilia.
“Giovani e comunicazione” saranno le nuove parole chiave della prossima edizione?
Anche di quest’anno: ad esempio stasera, a Vinitaly and the City c’è un grande evento dedicato dedicato ai giovani del vino e sono accreditate 1.400 persone. Vinitaly and the city era nata come necessità per spostare i wine lover dai padiglioni per dare spazio al business. Oggi invece è diventato un osservatorio di ascolto e valutazione delle tendenze e del modo in cui i consumatori si approcciano al vino.
Parlando di consapevolezza, il vino è lo specchio di un mondo ancora troppo maschile?
No, non credo. Nel mondo del vino ci sono sempre più donne. La presidente di Grand Cru è Valentina Argiolas, che abbiamo anche premiato durante il Vinitaly. Marzia Varvaglione è la presidente di Agivi. La presidente di Federvini è Micaela Pallini. Credo che il mondo del vino sia sempre più rappresentato dal mondo femminile.
In questo momento particolare e difficile per il vino, qual è/quale deve essere il ruolo di una fiera come il Vinitaly?
Il Vinitaly deve avere un ruolo non vicino al vino, ma con il settore del vino e l’abbiamo dimostrato quando siamo stati dal Santo Padre a Roma e quando siamo stati a Bruxelles per la presentazione della nuova edizione. Quindi non solo un’attività di promozione, che comunque deve essere costante, anche al livello internazionale per il quale stiamo investendo per promuovere il vino all’estero, ma anche per tenere alta l’attenzione su questo settore che è il più importante nel mondo agroalimentare.
Come mai Vinitaly non ha dato uno spazio alle nuove bevande no e low alcol?
In questo momento siamo più orientati ad agevolare una serie di iniziative come i convegni in modo che il nostro Governo prenda una decisione su questo punto di vista. Il nostro compito sarà quello di promuovere questa scelta. Quindi sicuramente negli anni futuri il no alcol avrà il suo spazio.
Di cosa si è parlato nell’evento con la Meloni, Lollobrigida e l’Uiv?
Si è parlato del consumo del vino e della necessità di investire in questo settore, perchè, ripeto, è un prodotto strategico. Una consapevolezza che noi italiani dobbiamo avere di più ed essere piu “aggressivi” per prendere più quote di mercato. Le fiere italiane fanno solo il 9% del loro fatturato all’estero, mentre francesi e tedeschi stanno al 30%. Dati che ci dimostrano come dobbiamo essere più attivi a livello internazionale.
56esima edizione. Ci sono ancora margini di miglioramento?
Noi consideriamo ogni edizione il punto di partenza per migliorare. In tutti i campi possiamo migliorare, sempre tenendo presente la parte internazionale che è quella fondamentale.