"Vini senza alcol? Chiamateli come volete, ma restano un derivato del vino”. Intervista a Martin Foradori

13 Nov 2024, 16:38 | a cura di
Il proprietario della Tenuta Hofstätter, in provincia di Bolzano, racconta la sua scommessa sul mercato dei vini senza alcol, cominciata nel 2020 nella valle del Saar, in Germania

Lo avevamo lasciato durante il Vinitaly 2024, Martin Foradori Hofstätter, oggi a capo della storica famiglia di produttori altoatesini, mentre presentava la sua gamma di vini dealcolati e si definiva «Un vignaiolo tedesco con passaporto italiano». Martin ha scelto di non fermarsi alla produzione di Pinot nero e Gewürztraminer a Tramin-Termeno, in provincia di Bolzano, puntando con decisione anche sul no alcol. Un mercato che cresce e si trasforma, complice una domanda sempre più orientata a prodotti salutari e a basso contenuto calorico, ha portato il produttore altoatesino a investire su una linea di Riesling dealcolati, realizzati in Germania, dove dal 2014 Hofstätter gestisce la cantina Dr. Fischer nella Mosella, con vigneti nella valle del Saar. Ma per fare vini dealcolati e di qualità servono mani esperte non solo in cantina ma soprattutto in vigna, così la tenuta Hofstätter da oltre 15 anni si avvale di un team composto da tutte donne, originarie della Romania, che curano le vigne in primavera e durante la vendemmia. La speranza del produttore è che anche l’Italia si apra a questa tendenza, superando pregiudizi e resistendo all’idea che “vino” debba necessariamente significare alcol.

Da dove nasce l’idea di ampliare la sua gamma di vini e aggiungere uno vino fermo e uno spumante no alcol?

Ho conosciuto questi prodotti nel 2019 grazie a mio figlio Niklas, perché un suo compagno dell'Università di enologia e viticoltura in Germania aveva uno stabilimento dedicato alla dealcolazione del vino. Ma è stata mia figlia Emma, la più piccola della famiglia e oggi a lavoro in azienda con noi, a convincermi al 100% e a vedere le cose diversamente sul mondo del no alcol. Mi sta insegnando ancora molto. Insieme, stiamo cercando di svecchiare anche le schede tecniche dei nostri vini, riducendo i testi del 70 per cento, stiamo dando la precedenza a un linguaggio e a una comunicazione più giovane per intendere il vino.

Qual è il metodo che utilizzate per dealcolizzare i vostri vini? Distillazione, osmosi inversa o evaporazione sottovuoto? Quali sono i pro e i contro di ciascuna tecnica?

Utilizziamo il metodo dell’evaporazione sotto vuoto, che è consentita dalla legislazione europea. All’interno di un’apparecchiatura viene ridotta la pressione atmosferica - a circa 15 mbar - e con ciò abbassato anche il punto di ebollizione dell’alcol da circa 78° C a circa 25-30° C. Alla fine del processo, si ottiene una bevanda con un contenuto alcolico inferiore a 0,25 volumi. Ogni metodo ha vantaggi e limiti, quindi cerchiamo di scegliere quelli che ci permettono di mantenere al meglio il profilo qualitativo del vino.

Come si sta comportando il mercato del vino no alcol in Italia? Pensa ci sia stato un cambiamento nell'interesse dei consumatori?

Fammelo dire, in Italia siamo schizofrenici: solo l’anno scorso si parlava di decine di migliaia di ettolitri in esubero di vino, e hanno attuato distillazione forzata da parte dello stato, e ora non ci si apre all’opportunità del vino dealcolato, che è una grande chance. Dopo le dichiarazioni del Ministro Lollobrigida al Vinitaly 2024, le nostre vendite sono aumentate. Anche alcuni enotecari a Roma, che non pensavano di vendere mai il nostro vino dealcolato, ora lo chiedono in continuazione.

E voi in azienda? Avete visto una crescita dal 2020 ad oggi?

Dal 2020 in poi, abbiamo visto un cambio netto nell’atteggiamento. Ma paesi come la Germania, la Francia e la Spagna sono ormai avanti. Basti pensare che in Spagna, l'azienda vinicola Torres sta creando Natureo, una nuova impresa con vigneti dedicati solo al vino dealcolato, e in Francia si sta persino discutendo l’introduzione delle Denominazioni di Origine tra i vini no alcol.

Il vino senza alcol può davvero definirsi “vino”? Lollobrigida ha dichiarato che farà di tutto per impedirne l’uso di questo termine.

Il vino per noi italiani è come una vacca sacra, non va toccato. Ma ci tengo a dire una cosa: anche il latte senza lattosio o il caffè decaffeinato mantengono il loro nome e nessuno sembra discuterne o fare grandi opposizioni. La verità è che possiamo decidere di chiamarlo come vogliamo, va ricordato che resta sempre un prodotto derivato dal vino.

Negli ultimi giorni, anche il dibattito sulle accise sull'alcol di scarto dalla dealcolazione è acceso: qual è la vostra posizione? Accisa sì o accisa no? 

Sì, le accise sono una questione complessa, ora poi si sono intromessi anche dal ministero dell'Economia. Io continuo a tifare per il ministro dell'agricoltura Lollobrigida e per questo governo, sperando che mantengano la linea, tanto io produco alcol in Germania, dove si paga per litro di alcol puro 13,61 euro, ma solo al momento della commercializzazione. Non mi toccano queste diatribe.

Ma l'alcol che viene tolto nel processo di dealcolazione, come viene utilizzato? Vi siete mai chiesti se potrebbe diventare una risorsa per altri settori?

L’alcol rimosso dal vino ha poca qualità e il mercato è ormai saturo. Alcuni lo vendono per vini fortificati, ma non ha un grande valore. Noi come azienda non ne facciamo un secondo uso.

I vini senza alcol sono destinati a conquistare quote di mercato tra i tradizionali bevitori di vino o pensate che il target sia completamente diverso?

La clientela dei vini no alcol è formata principalmente da chi non ha mai toccato alcol e non lo vorrà mai. Non andiamo a prendere quote dal mondo del vino, ma cerchiamo di attrarre nuovi consumatori.

Come si sta comportando il mercato del vino no-alcol in Italia? C’è stato un cambiamento nell’interesse dei consumatori, e in particolare, come vanno le vendite in azienda?

Dopo il 2020 abbiamo registrato una crescita significativa. Anche chi inizialmente era scettico ora si è ricreduto e i nostri vini dealcolati vengono richiesti in continuazione.

Quali vantaggi avreste da una legge in Italia?

Una legge in Italia aiuterebbe molto a chiarire la situazione, perché al momento ci sono enti di controllo e normative che generano solo confusione. Coldiretti, ad esempio, come le altre organizzazioni contrarie al no alcol e, a mio avviso, stanno danneggiando l’intera filiera. Tutto il mondo del vino deve spolverarsi e riproporsi completamente.

Quanto è costoso il processo di dealcolizzazione? E il trasporto tra Germania e Italia ha un impatto significativo sul costo finale del prodotto?

La produzione in Germania è per noi un vantaggio: oltre a una maggiore apertura al prodotto, anche le accise sono diverse. In Italia, i costi per i produttori sono più elevati e si tratta di un sistema meno conveniente per il settore del no alcol.

Si è parlato dell’opportunità di un padiglione dedicato al no-alcol anche in Italia, per i prossimi Vinitaly. In fiere come ProWein, è una mossa che sta portando risultati concreti?

Sì, è importante dare spazio a questi prodotti anche nelle fiere. Prowein in Germania lo fa già da tempo, e credo che sia un’opportunità anche per l’Italia per rinnovarsi e rimanere competitiva a livello internazionale.

Pensate di espandere la gamma dei vostri vini? Le bollicine senza alcol potrebbero avere un futuro migliore rispetto agli altri tipi di vino?

Sì, lanceremo un altro spumante il prossimo anno solo per il mercato horeca, un no alcol 2.0 - kabinett - con il marchio Dr. Fisher, la mia azienda in Germania. Puntiamo tutto sul Riesling. Per quanto riguarda le bollicine, sono più versatili e offrono una piacevolezza, una mouth feeling diversa, mentre fare un vino fermo no alcol di qualità richiede una base eccellente. Stiamo anche pensando di realizzare un rosso no alcol, da uve pinot nero, ma è tutto da vedere, è più difficile gestire il tannino in un vino dealcolato.

Di quali argomenti ha parlato nel corso del Gambero Rosso sui vini del futuro? Qual è il suo vino del futuro?

Il no alcol per il futuro del settore è un'ottima chance, ma ho discusso anche di come la comunicazione sul vino debba cambiare. Ai giovani non interessa sapere se il vino ha fatto macerazione a freddo o è diraspato al 75 per cento e 25 per cento grappolo intero. Siamo noi del mondo del vino che siamo vecchi, e poi ci meravigliamo che la GenZ fa un cenno al barman e sceglie il gin tonic. Il vino deve rinnovarsi completamente, e aumentare i prezzi, come suggerisce l'enologo Cotarella, non è la soluzione.

Per saperne di più sul corso della Gambero Rosso Accademy - I vini del futuro - leggi qui.

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