Il Sannio cambia, anche grazie ai suoi giovani viticoltori. Un movimento silenzioso di cui è parte anche la cantina Fappiano, che quest'anno, per la prima volta, riceve l'ambito riconoscimento dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso con la Falanghina del Sannio ‘22 (qui per tutti i migliori vini della Campania). A San Lorenzello, un borgo nascosto ai piedi del Massiccio del Matese, in provincia di Benevento, Mario Fappiano, 40 anni, con la sua famiglia, produce vino da quattro generazioni. Ma è solo da pochi anni che la piccola azienda ha fatto sul serio. «Non ci potevo credere», ci racconta emozionato il produttore al telefono dalla sua cantina, immerso nella pigiatura delle uve della nuova vendemmia, insieme al papà Antonio, in attesa della premiazione e dell'evento degustazione di domenica 13 ottobre.
Il ricambio generazionale del Sannio
«Da piccolo mettevo la testa nel torchio, per sistemare le vinacce», ricorda Mario Fappiano. «L’odore del vino in cantina mi ha sempre affascinato, è qui che dall’età di otto anni ho cominciato la mia gavetta». Dopo la laurea in economia aziendale, Mario ha deciso di non abbandonare il suo paese natale, San Lorenzello, e di rilanciare l’azienda familiare. «Circa 10 anni fa, dissi a mio padre: “Che dici se prendo in mano la gestione e rinnoviamo l’azienda?” Lui mi abbracciò, si mise a piangere e mi disse: “Io sto con te”». Così, grazie a nuovi impianti e a una nuova filosofia produttiva, l’azienda ha iniziato a fare davvero sul serio. Fappiano ha ereditato circa venti ettari di vigneti, dove coltiva le varietà tipiche del Sannio: aglianico, piedirosso, fiano, barbera (o meglio, camaiola) e, naturalmente, falanghina. Quest’ultima, ci tiene a precisare il giovane vignaiolo: «Ha tutte le carte in regola per diventare un grande vino bianco italiano», e il suo recente riconoscimento sembra confermarlo. Il vino che ha conquistato i Tre Bicchieri si distingue per le sue note complesse di erbe aromatiche secche, scorza di cedro, spezie e una delicata mineralità. Ancor più vivace al palato, con una scia salina che prolunga il finale. È un vino che parla del suo territorio, del Sannio, dove il suolo e il clima imprimono una firma inconfondibile ai vini. «Ho sempre creduto nelle potenzialità di questo vitigno», racconta con entusiasmo.
La grande scommessa: la camaiola
Non è solo la Falanghina a far parlare di sé. Fappiano è altrettanto orgoglioso dei suoi rossi: ricco di frutto la Barbera '21 e il pepato Piedirosso '21, entrambi espressioni autentiche di un territorio che ha saputo valorizzare le sue varietà autoctone. La camaiola, in particolare, è un vitigno che sta vivendo una vera e propria rinascita, nonostante la sua storia turbolenta. Per anni, infatti, è stato chiamato "barbera del Sannio", facilmente confondibile con il vitigno piemontese – con cui non ha nulla a che vedere – come spiega meglio Fappiano: «La chiamavano erroneamente così, ma non ha nulla a che fare con la barbera del Piemonte. Finalmente, dal 2021, la possiamo chiamare camaiola (il riconoscimento è stato inserito nel Registro nazionale della vite e del vino; ndr), il suo vero nome, ma il disciplinare ancora non lo permette».
Il produttore è convinto che la camaiola rappresenti una delle grandi promesse per i vini rossi del futuro: «Ha un frutto incredibile, si sentono note di cioccolato e scorza d’arancia. È perfetta per chi cerca vini con tannini meno sviluppati. Il mercato sta andando in quella direzione». Anche gli altri suoi rossi, come il Piedirosso e l’Aglianico, sono l’espressione del terroir del Sannio, un territorio che, grazie a un ricambio generazionale e a una maggiore attenzione alla qualità, sta guadagnando sempre più riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. «Non produciamo più solo vini di quantità, ma di qualità. Anche la Falanghina ha dimostrato di poter competere con i grandi bianchi italiani», aggiunge Mario, e con l’Irpinia? «Nessuna rivalità, certo sono messi meglio per zone e Docg, ma stiamo crescendo anche noi nel Sannio».
In cantiere un Metodo classico
Alla guida dell’azienda da oltre 10 anni, il vignaiolo ha modernizzato ogni aspetto della produzione, introducendo nuove tecnologie e microvinificazioni che gli permettono di parcellizzare ogni lotto di uva, garantendo così una qualità meticolosa. Al suo fianco c'è Cristiano Chiloiro, il suo enologo di fiducia, di origini taratine ma marchigiano d’adozione, con cui ha costruito un legame professionale forte. «Cristiano è un collaboratore prezioso. Ha creduto nel mio progetto sin dall’inizio, e insieme abbiamo fatto il salto di qualità», racconta.
Anche la grafica delle etichette è un richiamo alla tradizione locale, decorate con motivi ceramici realizzati dall’amico ceramista Ottavio Coppola. «Ci tenevo che il vino raccontasse anche il nostro territorio, non solo attraverso i sapori, ma anche attraverso l’artigianalità del prodotto». Nonostante il grande passo in avanti, Fappiano afferma: «Ora voglio impegnarmi ancora di più. Quando ho inviato i campioni al Gambero Rosso, credevo che i miei vini fossero pronti per fare il passo, ma non avrei mai pensato di vincere al primo tentativo», ammette con un sorriso e continua: «Non siamo figli di nessuno, veniamo dalla terra, dalla campagna. Entrare in punta di piedi in questo mondo per noi è un sogno. Ma è solo l’inizio».
L’azienda ha già in cantiere nuovi progetti, tra cui la produzione di un Metodo classico 100% Falanghina, che uscirà a Pasqua, e due riserve: un bianco e un rosso che verranno chiamati "Teodora" e "Selva Palladino", omaggio rispettivamente alla madre di Mario e alla vecchia vigna di famiglia. Grande determinazione per questo giovane vignaiolo, che con umiltà ha saputo trasformare un piccolo vigneto di famiglia in un punto di riferimento per la viticoltura del Sannio. Il suo obiettivo? «Riconfermarmi ogni anno. Magari con la Camaiola».
Azienda Agricola Mario Fappiano - Via Napoli, 4bis - 82030 San Lorenzello (Bn)