Luigi “Schigi” D’Amelio di Extraomnes. Intervista al birraio dell'anno 2013

16 Gen 2014, 09:28 | a cura di
Abbiamo intervistato Luigi “Schigi” D’Amelio del birrificio Extraomnes, da poco eletto birraio dell’anno 2013. Sommelier diplomato all'AIS, assaggiatore ONAV, docente per i master di Slowfood, Schigi ha conquistato il primo posto un riconoscimento ideato e organizzato dal network Fermento Birra grazie al suo approccio “totale” alla birra belga: costanza qualitativa, attenzione assoluta al processo e prodotti di ottima qualità apprezzati a livello internazionale.

L’intera produzione del tuo birrificio Extraomnes è ispirata al mondo delle birre belghe: come mai proprio il Belgio? C’è qualcosa in particolare che ti lega a questa regione?
Il Belgio e le sue birre sono stati la molla che ha fatto scattare in me la passione per le birre. È anche la nazione che conosco meglio, avendo avuto la fortuna di visitarla molto spesso accompagnato da Lorenzo Dabove (meglio conosciuto come Kuaska) che anche per i Belgi è un’istituzione birraria. Grazie a lui ho avuto la possibilità di osservare da dietro le quinte questo mondo e carpirne qualche segreto. Mi piacciono le birre belghe e soprattutto il loro approccio rigoroso ma popolare.

Ci racconti brevemente come siete nati e da cosa derivano nome e logo?
Il nome Extraomnes era all’inizio un po’ presuntuoso, della serie: “ora facciamo le birre noi… fuori tutti!”. Il cane dell'etichetta è ripreso dal famoso Cave Canem del mosaico pompeiano che pare sia un Cirneco dell’Etna. Ci piaceva molto, inoltre c'è Tripel, della stessa razza, che è il mio cane. Nasciamo in maniera un po’ inconsueta, all’interno di una famosa torrefazione, la El Mundo di Marnate, dove al fianco della passione per il caffè covava quella per le birre di qualità. Un incontro a un corso birrario che tenevo si è sviluppata per quattro anni la sperimentazione con un piccolo impianto, poi la decisione, una volta che le nostre birre ci sono piaciute, di farle assaggiare a tutti!

Il birrificio è attivo dal 2010. Sul vostro sito risultano in produzione stabile 6 birre più qualche collaborazione. Come si è sviluppata ora la produzione?
Oramai siamo a arrivati 16 birre comprese le collaborazioni con Toccalmatto, Buskers e Stillwater. Devo dire che è molto difficile comprimere la voglia di fare nuove birre, anche se noi non facciamo maione-shot e ogni nostra birra è sempre testata in vitro sul piccolo impianto da 30 litri che usiamo ancora adesso. Le sei che hai citato però rimangono sempre il cuore della produzione e hanno un assoluto riguardo da parte nostra.

A quale delle vostre birre ti senti più legato? Perché?
Alla Blond: è quella che farei assaggiare se mi dovessi fare una scelta singola. Sembra la più semplice mentre in realtà è la più complessa anche dal punto di vista produttivo.

Ogni buon birraio ha alle spalle un bagaglio di visite e viaggi in giro per il mondo alla ricerca di birrifici, tradizioni ed esperienze. Qual è stato il tuo viaggio birrario più interessante? Cosa ti è rimasto?
Se devo scegliere, sicuramente il Belgio come meta in generale e in particolare ricordo una visita al birrificio De Ranke, quando c’era ancora, come collaboratore, Yvan De Baets, in seguito fondatore della Brasserie de la Senne, che un altro dei miei birrifici-simbolo del Belgio. Oltre ad aver prodotto delle birre innovative e che reputo dei veri capisaldi nella storia brassicola belga, come la XX Bitter o la Guldenberg, il birrificio mi ha stupito subito per la sua diversità rispetto agli altri birrifici belgi che avevo visitato fino a quel giorno: molto pieni di storia ma a volte un po’ naif. Al birrificio De Ranke ho trovato invece un approccio molto più professionale: attenzione massima per il processo e pulizia assoluta. Forse questo mi ha trasmesso un certo imprinting per quello che sto facendo adesso.

Il marchio Extraomnes viene quasi sempre associato al tuo nome. One-man-show o c’è qualcun altro dietro al progetto?
C'è innanzitutto il primo gruppo di birrai sperimentatori, Annalisa e Alessandro Cantadori con Andrea Giberti, e poi gli attuali collaboratori Stefano Zandalini e Stefano Celora.

È noto che il formato delle bottiglie preferito dal mondo della ristorazione è quello da 75cl. Extraomnes produce solo bottiglie da 33cl: scelta dettata da ragioni produttive o non vi interessa avvicinarvi a quel tipo di mercato?
È rischioso tirare fuori la filosofia parlando di birra, ma è proprio quest’ultima che ha dettato la nostra scelta per il formato da 33, più che delle idee precise di marketing. La birra secondo noi deve essere popolare, fruibile in qualsiasi momento della giornata, senza costi eccessivi e senza dover necessariamente chiamare parenti e vicinato per la condivisione. Tutte queste motivazioni portano al formato piccolo. Attualmente comunque anche la ristorazione sta superando questo tabù e comincia a considerare la 33 come una scelta vantaggiosa anche per differenziare gli abbinamenti.

La scena italiana, essendo slegata da tradizioni brassicole particolari, è ben nota per le tante sperimentazioni in campo birrario. Per ora Extraomnes si è mantenuto su stili abbastanza tradizionali: avete in cantiere qualche sorpresa?
No, anche nelle birre più particolari come la Kerst Reserva, la Weltanschauung o la Blond non abbiamo inventato nulla. Ci affidiamo comunque ad una tradizione consolidata, mettendoci magari un po’ del nostro gusto personale.

Le birre di Extraomnes sono rinomate per la grande pulizia olfattiva e gustativa: quanto sono state importanti le tue competenze ed esperienze da sommelier nella ricerca dell’equilibrio perfetto per le vostre birre?
È fondamentale saper assaggiare le birre: accorgersi se qualcosa non va e quali sono i margini di miglioramento è la base.

Come la maggior parte dei birrai, anche tu hai dei trascorsi da homebrewer. Nel passaggio a birraio di professione, c’è stato qualche compromesso duro da accettare?
No, ho accettato di far parte di questo progetto perché il faro guida della El Mundo, anche per quanto riguarda il caffè, è sempre stata la qualità. Capito questo, il resto è venuto da sé: nessun compromesso.

Segui ancora la scena dell’homebrewing (i concorsi, i forum, i personaggi)? Pensi possa dare spunti interessanti anche a chi la birra la fa per professione?
Amo ricevere in birrificio gli homebrewers. Come loro cercano di rubare qualcosa dalla visita in birrificio, io faccio altrettanto con i loro segreti… e qualche volta mi riesce. Seguo ad esempio il forum Il Barbiere della Birra dove trovo spesso spunti interessanti da valutare e a volte da sperimentare in birrificio.

Parliamo della scena birraria italiana: siamo arrivati ad oltre 600 birrifici di cui più del 10% sono beer firm (birrifici senza impianto proprio che producono presso terzi). Come è possibile differenziarsi in un mercato così affollato e quanto ha senso, secondo te, lanciarsi nella produzione dell’ennesimo birrone iperluppolato?
La prima cosa è la passione, che non si compra e non si inventa. Questa ti porta all’attenzione e alla cultura. Se ci sono questi ingredienti, a prescindere dal fatto che tu sia una beerfirm, un birrificio o un homebrewer, avrai sempre tutta la mia considerazione e il mio appoggio. Ti distinguerai senza fatica da chi questa passione non ce l’ha, ma ha solo fiutato il business e pensa che tutto sia semplice. Nulla è semplice.

Facci il nome di una birra speciale che custodisci gelosamente in cantina…
Un regalo del mio fratello maggiore Kuaska: la 21, una produzione di De Dolle, il mio birrificio preferito in assoluto. Si tratta di una bottiglia molto rara, fatta per un hotel ristorante di Bruges, da visitare per qualità e ambiente: l’Erasmus.

e del migliore abbinamento cibo/birra, ovviamente con una Extraomnes
Mi gioco un abbinamento che può sembrare povero, ma che è invece semplice e intrigante che ho sperimentato personalmente di recente: la nostra Bruin abbinata ad un pollo alle mandorle preso al takeaway cinese. Sublime.

Extraomnes | Marnate (VA) | via L. Guzzetti, 135 | tel. 0331.600426-0331.603130 | http://www.extraomnes.com

a cura di Francesco Antonelli

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