Lo scorso primo settembre Livio Felluga ha festeggiato in famiglia i suoi primi cento anni. Lโazienda che porta il suo nome, adesso รจ gestita dai suoi figli che hanno organizzato una serie di eventi e di convegni per celebrare degnamente lโanniversario nel corso di tutto questo mese.
Il patriarca del vino friulano รจ nato nel 1914 a Isola dโIstria, localitร oggi in territorio sloveno. La sua era una famiglia di produttori e di commercianti di vino. Alla fine della Prima Guerra mondiale suo padre si trasferisce a Grado per continuare la sua attivitร di commerciante "specializzato in Refosco d'Isola d'Istria, con deposito Birra", come recitava la vecchia insegna. A quattordici anni il padre lo manda per la prima volta a vendere il vino a Udine. Poi per Livio arriva lโetร del servizio militare a cui seguiranno tre anni di guerra in Africa e poi tre anni di prigionia ad Aberdeen, in Scozia, che passerร lavorando come bracciante in una farm. โHo dato 8 anni alla Patriaโ ricorda con ironia. Poi finalmente a casa per rincominciare lโattivitร in un panorama molto cambiato. Nel 1956 fonda la sua azienda a Cormons e crea unโetichetta da unโantica โcarta geograficaโ del Friuli che esalta lo stretto legame tra il suo vino e la sua terra. Unโidea di marketing ante litteram. Poi lโacquisto dei primi vigneti sulle colline di Rosazzo e altri ancora, sino a raggiungere gli oltre 150 ettari attuali. Livio Felluga, quando tutti abbandonavano la campagna o puntavano sullโindustria, ha creduto nellโagricoltura ponendo le basi per la rinascita dei vini friulani di cui รจ un personaggio di primissimo piano. Un ruolo riconosciuto da tutti. Questa intervista con lui, da sempre uomo di pochissime parole, non si sarebbe mai potuta fare, senza lโaiuto dei suo figli Maurizio, Andrea, Filippo ed Elda che ringraziamo per la collaborazione. Buon compleanno, signor Felluga.
Qual รจ il suo primo ricordo legato alle vigne?
A Isola dโIstria, da bambino mio nonno mi portava tra i vigneti. Come era bella quella terra che scendeva verso il mare. Ero piccolo โ gli anni Venti dello scorso secolo - e mio nonno mi metteva sullโasino dentro una โbrentaโ e per bilanciare il peso, metteva dei sassi dallโaltra parte. I primi insegnamenti in vigna me li ha trasmessi lui.
Facciamo un salto di un decennio. Comโera negli anni Trenta dello scorso secolo, il vino friulano? Comโerano organizzate le aziende e le cantine?
Impossibile fare dei paragoni con il mondo di oggi. Lโunica distinzione tra i vini era un โblancโ e un โneriโ. Quando, nel 1956, ho fondato lโazienda, in Friuli eravamo solo tre produttori a imbottigliare, gli altri trattavano solo il vino sfuso in damigiane. La vita era molto semplice e anche le aziende lo erano. In campagna stavano apparendo le prime macchine agricole, ma la maggior parte della terra veniva lavorata ancora a mano.
E quali erano le principali varietร presenti nel vigneto?
Il Tocai (oggi Friulano; ndr.) era lโuva piรน diffusa. In collina poi ho piantato il Pinot che allora veniva vinificato in rosso tanto che aveva colore un ramato, mentre tra le uve rosse ho preferito il Merlot. Tra le uve bianche iniziava a diffondersi anche il Sauvignon. Allora si usava solo il termine Pinot per definire sia il Grigio sia il Bianco e la stessa cosa valeva per il Cabernet che indistintamente serviva sia per il Franc sia per il Sauvignon. Era alla fine degli anni Cinquanta.
Quando nel 1956 decise di mettersi in proprio, chi comprava il suo vino?
Lโetichetta della โcarta geograficaโ nasce proprio perchรฉ volevo che i foresti sapessero la provenienza delle mie uve e del mio vino. Allโinizio il consumo era interno, soprattutto legato a Udine dove cโerano tante trattorie. Ma piano piano, grazie alla qualitร del vino, la carta geografica cominciรฒ ad arrivare a Venezia, Milano e Roma. Chi acquistava una nostra bottiglia doveva sapere da quale terra provenisse perchรฉ anche questo era un indice di qualitร . Negli anni Settanta arrivammo anche in America. Ricordo che il nostro primo importatore mi chiamรฒ al telefono perchรฉ aveva bevuto il nostro vino a Venezia, gli era piaciuto e voleva portarlo negli Stati Uniti. Non ci volevo credere perchรฉ pensavo fosse uno scherzo!
Se si volta e si guarda alla spalle qual รจ, a suo giudizio, il principale cambiamento avvenuto nella viticoltura friulana?
Prima di tutto lโattenzione verso la qualitร del prodotto, la capacitร di venderlo e promuoverlo.
Guardiamo al futuro. Come se lo immagina il vino friulano di domani?
Un vino che per le sue caratteristiche riesca ad essere sempre riconoscibile. La personalitร รจ importante. La passione per produrlo non deve mai mancare. Ai miei figli che sono il mio presente e il mio futuro, ho sempre detto โsono generazioni che il vino ci dร il pane: producetelo con rispetto e passioneโ.
a cura di Andrea Gabbrielli
Foto:รรรรย Luigi Vitale
Questo articolo รจ uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 25 settembre.
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