Il Tignanello, insieme al Sassicaia e al Solaia, è stato uno dei vini che ha rilanciato l’immagine dell’Italia vinicola all’estero, dopo un lungo periodo di crisi. Piero Antinori che dal 1966 è alla testa dell’azienda di famiglia, lo aveva fortemente voluto perché convinto che avrebbe lanciato un segnale sul cambiamento di passo dell’intera gamma in produzione.
Il libro
“Il gran vino è una vigna e un’idea” scrive per spiegare le origini del vino narrate in Tignanello 1971 - Una storia toscana. Il libro in qualche modo completa e prosegue quanto iniziato in una precedente pubblicazione Il profumo del Chianti. È un bel volume, dotato di un ricco corredo fotografico, che ricostruisce non solo la storia del vino ma descrive l’atmosfera e il contesto, non solo aziendale, in cui è nato. Una fatica tanto più apprezzabile visto che aiuta a fare luce – e giustizia - di tante approssimazioni su quel periodo così cruciale, dagli anni Settanta agli anni Novanta, per il Rinascimento enologico toscano e italiano. Piero Antinori sintetizza così il Tignanello “Vino toscano nel profondo e insieme cittadino del mondo. Il figlio del Chianti Classico che tutto ha cambiato”.
Gli anni Sessanta
Il Chianti Classico negli anni Sessanta era in forte sofferenza come del resto lo era tutto il vino italiano. Nel mondo la qualità era soprattutto francese tanto che la pietra di paragone per i grandi rossi era Bordeaux. In poche parole vini molto curati, eleganti, strutturati e longevi che relegavano ai margini i nostri Chianti leggeri perché rifermentati con il “governo”; lasciandoli, specialmente all’estero, ai consumi dei nostri emigranti con nostalgia di casa e pochi soldi da spendere. Insomma nei grandi alberghi e nei ristoranti top era davvero difficile trovare vino italiano.
Il problema non era la vocazione dei territori bensì come questi venivano interpretati. Piero Antinori comprende che “se non si fosse cambiato, sarebbero stati guai” rivendicando un principio che poi avrebbe seguito anche in futuro “nei momenti di incerti orizzonti, mai tirare i remi in barca attendendo miracoli o riprese; è invece l’ora di inventare, di rilanciare, di investire”. Insomma ci volevano “vini che non fossero bisogno quotidiano ma esperienza emozionale”.
La nascita del Tignanello e i suoi numi tutelari
Il Tignanello nasce da un gruppo di lavoro che aveva tra i protagonisti Giacomo Tachis, in azienda dal 1961. “Fu lui a tradurre in pratica e in tecnica molte delle idee che mi giravano per la testa in quegli anni, lui che, in un rapporto paritario e di stima, continuava a seguirmi nelle mie ispirazioni” ricorda Antinori. In questa elaborazione c’entrò in qualche modo anche il grande produttore americano Robert Mondavi (scomparso nel 2008) mentre partecipò come consulente Émile Peynaud, che Tachis considerava il suo maestro. In questa compagine il ruolo del “filosofo del Tignanello” spettò a Luigi Veronelli che incoraggiò l’operazione e consigliò di mettere come nome del vino quello del podere Tignanello della tenuta di Santa Cristina, da dove provenivano le uve. Inoltre anche successivamente sostenne molte delle scelte: dalla riforma del vigneto ai diversi uvaggi degli anni Settanta, alle diverse etichette ai dibattiti sul vino.
Quarantacinque anni di grande vino
Il primo Tignanello nasce da una vigna che alla fine degli anni Sessanta era composta per l’80% da sangiovese, 15% di cabernet sauvignon, 5% di cabernet franc. La vigna poi fu reimpiantata godendo della luce riflessa dal bianco delle pietre di alberese, frantumate e sistemate sotto i filari. “Un tempo il rosso toscano stava pochissimo nel tino, molto nella botte, poco nel vetro” oggi grazie all’impostazione di Peynaud messe in pratica da Tachis a cui è succeduto Renzo Cotarella, il vino rimane più tempo “a farsi sulle bucce, tra un anno e un anno e mezzo nel rovere, un passaggio in serbatoio e subito le bordolesi, per un anno minimo” riporta il Marchese.
Dopo quarantacinque anni, il Tignanello continua ad essere in ottima forma tanto che nel 2014 e nel 2015 il magazine Drinks International che ogni anno redige la classifica dei Most Admired Wine Brands, attraverso la consultazione di 200 professionisti del mondo del vino, ha eletto il Tignanello come primo vino italiano della lista. Insomma un vino e una storia che vale la pena di conoscere.
Tignanello 1971 - Una storia toscana | Piero Antinori | Cinquesensi Editore | pagg 210 | €. 45,00
a cura di Andrea Gabbrielli