Giulio Gambelli, detto “Bicchierino”, è stato personaggio unico nel mondo del vino toscano. Pur non avendo mai frequentato scuole enologiche o altro, il mestiere lo ha imparato sul campo all’Enopolio di Poggibonsi – iniziò a lavorarci nel 1939 a 14 anni – avendo per maestro il più importante enologo della prima metà del Novecento, Tancredi Biondi Santi, lo stesso che ha creato quell’incommensurabile Brunello di Montalcino Riserva 1955 della tenuta Greppo. Con lui ha lavorato in molte parti d’Italia compresa la Tenuta di Fiorano del Principe Alberico Boncompagni Ludovisi a Roma e poi ancora in Calabria e in tanti altre aree vinicole.
La Toscana
Il cuore della sua attività però è sempre stata la Toscana e soprattutto il sangiovese, di cui è stato uno dei massimi esperti. Chi scrive l’ha conosciuto sul campo a Montalcino, alla fine degli Ottanta, quando visitavo cantine a raffica per conto di Vini d’Italia. Lui sin dal 1970 era stato incaricato dal Consorzio del Brunello di andare in tutte le cantine delle aziende associate, spesso sprovviste del conforto di un tecnico, per assaggiare il vino e dare consigli, con linguaggio semplice e chiaro, ai brunellisti di “prima generazione”, quasi sempre ex mezzadri, sicuramente più bravi a coltivare l’uva che non a vinificarla. Un compito che ha svolto anche per il Consorzio del Chianti Classico e per il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano.
Innumerevoli le collaborazioni con le aziende private, da quella ultrasessantennale con la Tenuta di Bibbiano, a Rencine, Villarosa, Rodano e poi un lungo sodalizio con Sergio Manetti a Montevertine, con Gianfranco Soldera a Case Basse, con Piero Palmucci di Poggio di Sotto e ancora Fonterutoli, Ormanni, Cacchiano, un elenco lunghissimo che potrebbe continuare.
Tutte aziende e vini che hanno lasciato il segno nella storia del vino toscano anche grazie al naso e allo stile di Gambelli che Macchi definisce “l’ultima farfalla del Sangiovese”.
I riconoscimenti
Nel corso della sua vita ha ricevuto riconoscimenti e qualche dispiacere, dal premio alla carriera (1996) da parte delle sue aziende, il Leccio d’Oro nel 2004 dal Consorzio del Brunello, il premio alla carriera del Comune di Poggibonsi (2005) il Premio Luigi Veronelli (2006) e poi anche una denuncia (1986) “per esercizio abusivo della professione” da parte di Assoenologi, prontamente ritirata per le tante proteste ma che gli causò un grande dispiacere. Aveva un carattere schivo, lontano dai meccanismi della pubblicità e dell’autopromozione, e preferiva i lunghi silenzi alle tante chiacchiere inconcludenti. La sua proverbiale imperturbabilità veniva rotta solo quando imbracciava un fucile da caccia, la sua grande passione oltre al sangiovese.
l libro di Carlo Macchi, poggibonsese come lui e suo grande amico, racconta con affettuosa leggerezza la lunga storia di Giulio Gambelli, che ci ha lasciato il 3 gennaio 2012. Da leggere tutta d’un fiato.
Giulio Gambelli – L’uomo che sapeva ascoltare il vino | Carlo Macchi | Slow Food Ed. | Pagine: 112 | € 14,50
a cura di Andrea Gabbrielli