Sarà il 2016 l'anno vitivinicolo delle donne? A giudicare da come è iniziato gli indizi ci sono tutti. Gabriella Diverio da marzo sarà il nuovo direttore generale di Assoenologi; la tedesca Monika Christmann è da qualche mese la nuova presidente dell'Oiv; a novembre Graziella Cescon è diventata presidente della Fisar; Roberta Corrà ha appena festeggiato il primo anniversario alla direzione generale di Giv; a gennaio è nata una nuova associazione del vino: le Donne della Vite, proprio mentre alla presidenza dell'altra ben più longeva associazione di settore – le Donne del Vino – veniva eletta una colonna della storia vitivinicola italiana (in rosa e non), Donatella Cinelli Colombini. E partiamo proprio da queste due ultime realtà. Due associazioni sovrapposte? Complementari? Contrapposte? Lo abbiamo chiesto alle dirette interessate che, in un'intervista doppia, svelano programmi, obiettivi, differenze e anche perplessità delle rispettive associazioni.
Donne del Vino. Donatella Cinelli Colombini
Già fondatrice ed ex presidente del Movimento Turismo Vino, ex assessore al Turismo di Siena, attuale presidente del Consorzio del Vino Orcia, consigliere d'amministrazione del Consorzio del Brunello di Montalcino, e ovviamente titolare di Casato Prime Donne e Fattoria del Colle. E adesso anche presidente delle Donne del Vino. Donatella Cinelli Colombini ha un curriculum che parla da solo, ma quel che più la contraddistingue, al di là dei ruoli sulla carta, è un contagioso entusiasmo. Per questo è stata scelta per ridare smalto a un'associazione che esiste dal 1988 e che, oggi più che mai, ha bisogno di contare, al di là dei numeri (oggi le socie sono oltre 650).
Come fondatrice del Movimento Turismo del Vino ha lasciato la sua impronta con Cantine Aperte. Come assessore al turismo di Siena con trekking urbano. Cosa tirerà fuori dal cilindro questa volta?
Ho in mente un grande appuntamento che, degli altri due citati, ha la stessa struttura di 'evento a rete': la festa delle donne del vino. Quest'anno sarà un'edizione zero che riguarderà la Toscana e una ventina di luoghi, tra cantine, enoteche, sedi istituzionali. La immagino come una giornata simile a Cantine Aperte, una grande festa di incontro in cui le donne avranno massima visibilità, interpretando un tema che cambierà di anno in anno. Stavolta abbiamo scelto 'Il vino a tavola'. Ad ognuno la propria interpretazione: da cene con delitto a sfilate di moda (come quella di Casato Prime donne; ndr), con un denominatore comune: ognuno potrà scegliere uno dei propri vini e proporlo in promozione. Sono stupita io stessa della forte ed entusiastica adesione, sia delle socie, sia delle Regione Toscana. E per il 2017 lavorerò affinché questo diventi fisso e nazionale. Intanto l'appuntamento con questo primo esperimento è il 5 marzo.
Insomma si è subito rimboccata le maniche. Poche settimane fa l'elezione e subito è partito il count down per la festa...
Anche Cantine Aperte è nato in poco più di un mese dalla nascita dell'associazione. Bisogna rischiare e io sono fiduciosa.
...e anche un po' visionaria. Per cos'altro si caratterizzerà questo mandato?
Altra cosa su cui lavorare è la comunicazione. Fino ad ora ci siamo affidati ai classici comunicati stampa, ma ritengo che serva un mezzo più diretto e veloce. Penso ad un blog dell'associazione che dia spunti continui e partecipazione diretta. E poi non può mancare la formazione.
Ci spieghi meglio.
Se il peso delle donne nelle cantine italiane è di circa il 30%, lo stesso non si può dire della presenza nei Cda dei consorzi, eppure le donne possono funzionare molto bene nel marketing e nella comunicazione. Ecco, una giornata di formazione, rivolta a queste mansioni, credo, sia un punto di partenza. Ci stiamo lavorando: io ho proposto il nome di 'Quote rosè', ma decideremo tutti insieme.
Insieme. Che poi è anche il suo motto. Eppure, tre settimane fa, praticamente quasi in contemporanea alla sua elezione, nasceva un'altra associazione di donne, le Donne della Vite. Ce n'era bisogno?
Me lo sono chiesta anch'io. Sia chiaro, sono in buoni rapporti con le soci fondatrici e con alcune di loro mi sento spesso: mi fu proposto anche di arruolarmi nel gruppo. Ma la domanda è lecita. Quello che mi auguro, e che ho detto anche a loro, è che ci sia una comunione di intenti e che si prosegua su strade parallele, ma nell'idea della complementarietà. Al momento non è così, ma è ancora presto per dirlo. Sono sicura che loro per prime - e di conseguenza anche noi - ne trarrebbero solo vantaggio.
Parliamo di donne tutte allora. Oggi come siamo messe col gap in viticoltura? Si fa ancora fatica ad inserirsi?
Leggevo uno studio che è stato fatto e che riguarda l'Australia, secondo cui in un Paese che a noi appare tanto aperto, le donne in viticoltura sono ancora discriminate e addirittura vittime di molestie sul posto di lavoro. Sempre in Australia e California, secondo una ricerca del Wine Echonomic, le winemakers non vanno oltre il 10%. In Italia uno studio del genere manca dal 2006, quando lo fece l'Istat, ma da quello che mi risulta, nel nostro Paese non ci sono discriminazioni così forti come in Australia, sebbene il pregiudizio ci sia ancora: dalla donna che assaggia il vino al ristorante al posto dell'uomo, a chi riesce ad ottenere con fatica ruoli-chiave in cantina. Senza fare discorsi femministi, sono convinta che le donne, soprattutto per settori che oggi farebbero la differenza sui mercati, come marketing e comunicazione, siano il motore di sviluppo che fino ad ora è stato tenuto al minimo. E credo che sia ora di dargli gas.
Donne della Vite. Clementina Palese
Donne con la D maiuscola. Il messaggio che appare sul logo verde della neonata associazione delle Donne della Vite non lascia dubbi: sono donne, determinate e desiderose di dimostralo. Come recita il loro manifesto, si tratta di “agronome, enologhe, ricercatrici, giornaliste, artiste, imprenditrici, creative. Donne le cui vite girano intorno alla vite e al vino”. Lo scorso gennaio, dopo due anni di gestazione, hanno annunciato la nascita e iniziato a raccogliere adesioni. Abbiamo provato a saperne di più sentendo la vicepresidente del gruppo, la giornalista Clementina Palese.
Partiamo da una domanda che in molti si stanno facendo. Come mai un'altra associazione vitivinicola al femminile: non bastavano le Donne del Vino a rappresentare il settore?
È importante mettere le cose in chiaro. La nostra nascita non deve essere interpretata come una frammentazione, ma come un allargamento delle rappresentatività femminile. Il target è, infatti, solo in parte sovrapposto: ci sono agronome, enologhe, ricercatrici, operaie. Tutte quelle categorie che non avevano un'associazione di riferimento. E poi ci sono anche produttrici e già socie delle Donne del Vino. Una cosa non esclude l'altra, anzi...con Donatella siamo sempre in contatto e magari quando i tempi saranno maturi si potrà organizzare qualcosa insieme. Se poi parliamo di obiettivi, loro sono più focalizzate sulla promozione com'è giusto che sia, noi su altri aspetti tecnici, dalla produzione alla ricerca.
E infatti già dalle prime uscite pubbliche gli intenti sembrano chiari...
Esatto. A marzo andremo in Toscana a visitare due realtà del Nobile di Montepulciano impegnate nella sostenibilità: Avignonesi, un'azienda molto al femminile, e Salcheto, la prima cantina off grid. E poi organizzeremo un viaggio studio sul Pinot Nero che inzierà con un approfondimento sul genoma a cura di una ricercatrice della Fondazione Mach di San Michele all'Adige. A giugno, invece, saremo in Puglia, all'azienda Torrevento per Enovitis in campo, la manifestazione sulle innovazioni della viticoltura italiana.
Ma la prima uscita pubblica ufficiale sarà a Vinitaly.
Sì, stiamo definendo proprio in questi giorni la nostra partecipazione a Verona: vorremmo che fosse una cosa in grande, ma ne parleremo presto.
Il vostro motto?
Etica, Estetica e Bellezza. A cui vorrei aggiungere anche un'altra parola-chiave per noi fondamentale: Relazioni.
Parliamo di quote rosa. Come è cambiato il ruolo della donna in un settore considerato troppo a lungo appannaggio maschile? Ci sono ancora dei pregiudizi e luoghi comuni da sfatare?
Purtroppo sì e riguarda un po' tutte, ognuno con la propria esperienza: da chi si occupa di giornalismo e comunicazione del vino a chi fa ricerca, da chi sceglie la via dell'enologia a chi prende in mano le redini di un'azienda. Anche se, per fortuna, le cose sono notevolmente cambiate. Forse, però, i settori in cui si fatica di più ad inserirsi e ad abbattere il pregiudizio, sono l'agronomia e l'agricoltura in senso stretto, magari anche perché è richiesta una prestanza fisica di un certo tipo. Ma a poco a poco...
A meno di un mese dalla vostra costituzione, come stanno andando le adesioni?
Molto bene, siamo a circa un centinaio da tutta Italia. Certo, rispetto alle altre associazioni, noi siamo ancora delle piccole creature, ma siamo molto contente delle adesioni e dell'interesse che abbiamo suscitato. Significa che siamo al passo coi tempi e che la nostra nascita ha intercettato un'esigenza di molte donne del settore. E non solo donne, perché oltre alle loro abbiamo adesioni anche da parte di alcuni uomini.
Uomini in un'associazione dichiaratamente in rosa?
Perché no? In fondo, considerato che la viticoltura è stata per molto tempo un'attività prettamente maschile, sono molti gli interlocutori uomini. Non vogliamo ghettizzarci. Ed aprire agli uomini è un modo per non farlo.
Insomma niente premio uomo dell'anno per la vostra associazione...
Direi di no. Gli uomini ce li teniamo all'interno per dialogarci.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 4 febbraio
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