Da 2000 anni la via Emilia è un elemento di continuità che collega le diverse anime e i diversi territori della regione omonima che sta vivendo, con Lambrusco e Pignoletto, una stagione esaltante fatta di qualità e tanta identità. Percorrere la via Emilia significa intraprendere un viaggio tra bellissime città, colline, paesaggi segnati da argini e canali, comunità orgogliose di una identità conservata gelosamente tra nebbie invernali e calure estive e, soprattutto, un impianto di valori solidi che hanno dato a questo territorio la sicurezza per aprirsi e portare in giro per il mondo dei sogni straordinari come la Ferrari. Oggi il sogno si chiama Lambrusco, un vino popolare e pieno di energia, un compagno ideale per la tavola, l'anima contadina e irresistibile che finalmente gli emiliani hanno deciso di raccontare al mondo. Questo entusiasmo, contagioso e pieno di vita, si è respirato durante tutta la giornata dell'8 maggio alla Città del gusto di Roma, per Lambrusco, un vino Pop in abbinamento con una cucina Pop l'evento organizzato dal Gambero Rosso in collaborazione con il Consorzio Marchio Storico Lambruschi Modenesi e il Consorzio Vini Reggiani e che verrà replicato a Milano, presso l'Osteria del Treno, il 13 maggio. Tanti i giornalisti e gli operatori che hanno partecipato al pranzo firmato dallo chef Luca Ogliotti e tanti i visitatori dell'appendice serale che ha visto protagonisti i produttori con i banchi di assaggio e un accompagnamento musicale che sottolineava l'anima informale di questi vini. A fare da filo conduttore della giornata l'opportunità di raccontare i territori di Lambrusco e Pignoletto, la parte inedita di una narrazione appena cominciata e già di successo. Un mondo complesso, ricco di sfumature e sorprese che è stato possibile scoprire anche grazie al percorso di abbinamento con i diversi piatti e approfondire con i produttori presenti. L'anima popolare di questa nostra Italia enogastronomica trascina con racconti come questo, vicini alla gente, contemporanei, vitali, pieni di gioia. Pieni di colpi spiazzanti e differenze che si sommano chilometro dopo chilometro. Il Lambrusco è il figlio contadino di questa gente e di questi paesaggi. Il suo successo attinge a piene mani da questo patrimonio che diventa racconto e occasione di legame con la terra, smaltita finalmente la stagione del vino industriale. “34 milioni di bottiglie, un segno più del 5%, una battaglia vinta sulla presa di spuma in zona per l’igt, una doc Modena che funziona sempre di più. Sono i numeri di un successo che noi però continuiamo a leggere nei termini di un’affermazione della nostra identità di vini popolari che hanno successo grazie a valori d’altri tempi, sani e attaccati al territorio”. A parlare è Pierlugi Sciolette, presidente del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi. “Finalmente i prezzi delle uve sono aumentati, la comunità dei produttori può finalmente parlare di ricambio generazionale, di una terra che non li ha traditi e può dare un futuro ai giovani. Questo per noi vale più dei riconoscimenti, sempre più numerosi, che stanno arrivando in un territorio come il nostro” gli fa eco Davide Frascari, presidente del Consorzio per la tutela del vino Lambrusco Reggiano. Ecco allora un piccolo viaggio per parlare, finalmente, di differenze, quelle di un vino che sta stupendo il mondo con il suo carattere originale e i valori contadini dell’Emilia.
Lambrusco di Sorbara
Pochi tannini, grande acidità. Il Lambrusco nervoso ed esile che può trascinare la bocca per chilometri con la forza di una tensione e di un ritmo strepitoso. Il territorio di questo vino è nella pianura modenese a valle della via Emilia, nei terreni sciolti che stanno attorno ai fiumi Seccia e Panaro. Chiamato Sorbarese fino agli anni ’50 è uno dei vini italiani esportati nella prima metà del novecento in giro per il mondo. Dalle uve omonime, considerate difficili dai viticoltori, straordinarie in cantina.
Abbinamento: Tortellini in brodo.
Lambrusco Salamino di Santa Croce
Il Lambrusco Salamino di Santa Croce deve il suo nome all’omonima frazione del Comune di Carpi che sembra sia stata il centro di diffusione di questo vitigno in tutto il territorio della provincia di Modena e in quelle confinanti. I terreni di questo territorio pianeggiante sono dotati di buona fertilità, sono di antica origine e sono caratterizzati dall’accumularsi, nel corso del tempo, dei sedimenti lasciati dalle alluvioni dei vari corsi d’acqua, fiumi e torrenti che attraversano da sud verso nord la pianura modenese: sabbie, limi e argille sono presenti in tutto questo territorio in percentuali all’incirca uguali tra loro. Qui il salamino trova eleganza, freschezza e un fruttato austero e profondo.
Abbinamento: Cotechino di Modena.
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro
Si coltiva nei terreni asciutti dell’alta pianura e delle colline modenesi dove lo sfondo degli Appennini, su cui si staglia il Monte Cimone, fa da cornice ad un dolce paesaggio di rara bellezza. Questo vitigno trova carattere man mano che si viaggia verso i terreni magri dell’alta collina (argille sabbiose o marnose e argille scagliose inglobanti blocchi calcarei di ogni dimensione) ed è in generale il più rustico dei lambruschi, la sua anima contadina. Tannini graffianti, bocca cremosa, colore scuro e un buon fruttato che trova spesso colpi minerali.
Abbinamento: Tigelle e gnocco fritto.
Lambrusco di Modena
L’origine storica della menzione “Modena” o “di Modena” è sicuramente nota nella metà del 1800 grazie alla metodologia produttiva che consisteva in un uvaggio dei vari lambruschi tradizionalmente coltivati in provincia di Modena. Il vino ottenuto veniva denominato “Lambrusco di Modena” in quanto nome della città capoluogo di provincia. Il carattere distintivo di questo territorio ha portato alla creazione di una apposita Dop. Un lambrusco equilibrato, fitto e serrato, con un naso che richiama frutti rossi, viole e petunie.
Abbinamento: Tagliatelle al ragù, parmigiano reggiano.
Reggiano Lambrusco
Il vino “Reggiano” Lambrusco nasce nell’antichità da viti selvatiche di cui narra, nel II secolo a.C., Catone nel suo “De agri cultura”. Si parla di “vitis labrusca” che nasce e cresce spontanea da semi ed i cui lunghi tralci s’intrecciano con le chiome degli olmi, degli aceri e dei pioppi. È al termine del XVI secolo che il nome “Lambrusca” non identifica più la vite selvatica, ma un particolare gruppo di vitigni dalla medesima origine e caratteristiche analoghe, il cui tradizionale taglio dà vita a tale prodotto, dallo spirito tipicamente frizzante. Il Reggiano è un vino ruvido e fruttato, pieno di forza e carattere, pastoso e fitto in bocca.
Abbinamento: Erbazzone, bolliti.
Colli di Scandiano e di Canossa Lambrusco
Sono diversi i tipi di Lambrusco che possono uscire con questa denominazione (in particolare da uve Montericco e Grasparossa che hanno una denominazione dedicata e poi da uve Maestri, Marani, Salamino, Barghi). La denominazione fa riferimento al territorio di origine che produce vini da sempre eleganti e freschi, compagni ideali della cucina di territorio. Sono spesso ottenuti da uve diverse, come nella tradizione più classica.
Abbinamenti: Ravioli di zucca, Zuppa inglese per la versione amabile.
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a cura di Giorgio Melandri
foto di Giacomo Foti