Ne raccontiamo quattro, sono la punta dell’iceberg che sta cambiando il mondo e l’identità del vino simbolo dell’Emilia: sono i Lambrusco Boy, ragazzi che hanno deciso di lavorare nelle aziende condotte o fondate dai loro genitori, dai loro nonni. Parole d’ordine: custodire le radici, progettare il futuro.
Tommaso Chiarli: ricambio necessario
Il più “anziano” è Tommaso Chiarli: classe 1993, fa l’export manager nella cantina che porta il suo nome e siede nel consiglio di amministrazione aziendale. «Vivo il ricambio generazionale – ci dice – con un mix di sentimenti. Per me è una sfida personale, ma la vivo anche mettendo un estremo impegno nel conservare il più possibile gli insegnamenti ricevuti da chi mi ha preceduto. Il ricambio è necessario: di sicuro ci sono argomenti e nuove idee che solo le nuove leve potranno portare avanti con successo e serietà».
Alessandro Medici: contaminare è fondamentale
Alessandro Medici è nato un anno dopo Tommaso. È brand ambassador della Medici Ermete e lavora in azienda dal 2017. «Ho grande rispetto per il passato, ma cerco di vivere guardando al futuro – sorride – Mi piace “contaminare” l’azienda per cui lavoro e il nostro territorio con ciò che viene fatto in altre zone, prendendo ispirazione da altre realtà soprattutto a livello internazionale. Allo stesso tempo, è importante guardare anche ad altri settori oltre il vino e capire come affrontano e gestiscono l’innovazione produttiva, la comunicazione e la distribuzione. Solo così si cresce, ci si evolve».
Carlo Cavicchioli: il direttore artistico
Classe 1995, Carlo Cavicchioli è in azienda (la Bellei) dal 2020 e fa un «po’ di tutto», ma – in sintesi – ama definirsi direttore artistico. Figlio d’arte (suo padre Sandro è uno dei grandi esperti di Lambrusco e di Metodo Classico) ha le idee piuttosto chiare sulla staffetta tra generazioni: «Io vivo bene questa sfida, nonostante le ovvie diversità culturali tra noi e i padri. La difficoltà più grande sta nel stimolare e avviare un cambiamento importante nel “sistema Lambrusco”. Noi giovani guardiamo a un futuro lontano, ma dobbiamo fare i conti con la situazione attuale (principalmente agricola) che ci limita. Il cambiamento non possiamo farlo da soli: dobbiamo riuscire a spiegare le nostre visioni e convincere della necessità di cambiamento anche chi è più avanti con gli anni e di cambiamenti ne ha già visti tanti (e forse perciò si è anche stancato di cambiare). Insomma, dobbiamo portare a investire sul futuro persone che probabilmente questo futuro non lo vedranno mai».
Giovanni Paltrinieri: laurea in Champagne
Giovanni Paltrinieri è il più giovane. Nato 24 anni fa, non ha nessuno ruolo nell’azienda di famiglia (almeno per ora). E non ci ha mai nemmeno lavorato: si è laureato a Milano in Viticoltura ed Enologia per poi andare in Francia, a Reims in Champagne, dove si trova ancora adesso, per i due anni finali che servono a conseguire la magistrale. Contemporaneamente sta svolgendo uno stage da Bérêche, bella maison artigianale di Ludes: a giugno si laureerà e tornerà nella sua Emilia, ma soprattutto nella sua azienda. Nel suo caso il cambio generazionale è nel segno della continuità: «I miei sono carichi, contenti e non vedono l’ora di vedermi in azienda, mi hanno sempre spronato a fare esperienze anche fuori e io proseguirò il lavoro secondo i loro insegnamenti». Eppure, il pensiero sembra andare già oltre: «ll Sorbara (tipologia su cui la sua azienda ha scommesso da tempi non sospetti, ndr) è un vitigno che regala vini molto interessanti su cui si può lavorare tanto. In Champagne trovo molte similitudini, nonostante il terroir diverso, per esempio, qui e lì si raccolgono uve mature, ma che abbiano un’elevatissima acidità: è una delle principali caratteristiche per fare bollicine di altissimo livello. Il futuro può solo andare in un verso positivo».
"Versatile e gastronomico, un vino contemporaneo"
Su questo anche Tommaso, Alessandro e Carlo non hanno dubbi pur avendo ben presenti le sfide che devono affrontare per evolvere: «Vedo un futuro di successo a patto che vi sia un grande lavoro di ordine nella proposta produttiva e commerciale della denominazione. Se verranno definiti gli obbiettivi ed i valori morali di tutti gli attori della filiera, ci potremo togliere grandi soddisfazioni», è il pensiero di Chiarli. Entusiasta Alessandro Medidi: «È il vino più contemporaneo del mondo: versatile e gastronomico, molto legato al territorio ma internazionale come gusto». E ha le idee chiare anche Cavicchioli: «Il Lambrusco è ora libero di esprimere quella personalità che prima veniva nascosta e che solo chi è della zona riusciva a vivere. Solo se saprà togliersi quella maschera – e lo sta già facendo – il Lambrusco potrà sorprendere il mondo».
"Avanti sui Rifermentati e sugli Charmat"
Al netto dell’ottimismo, però, ci sono anche spunti critici nell’analisi di questi Lambrusco Boy. Per Tommaso Chiarli, per esempio, è partito troppo tardi un lavoro di conoscenza e di divulgazione sui singoli varietali del Lambrusco (Grasparossa, Salamino, Sorbara e gli altri). Sul fronte della filosofia di vigna e di cantina, è interessante la convinzione di Carlo Cavicchioli: «Non farei mai vini che non sono disposto a bere, vini fatti solo per il mercato». E sprona i suoi colleghi a studiare di più: «Il Lambrusco – afferma – insegna ogni volta che c’è sempre un po’ di strada ancora da fare». Per Paltrinieri, è importante sviluppare l’accoglienza nel mondo del vino e raccontare la propria storia, cosa che in passato forse era un po’ nascosta appunto sotto quella maschera di cui parlava Cavicchioli: «Svilupperei di più sia l’accoglienza che il racconto di chi siamo noi. E andrei avanti in maniera importante con la ricerca: bisogna continuare a sperimentare, fare prove su prove, andare avanti sui rifermentati, come anche sugli charmat; sperimentare fermentazioni lente e controllate e usando vini base di alta qualità. E sicuramente spingerei di più sul metodo classico, vista anche la mia esperienza in Francia di questi mesi. Tutto, però, senza snaturare l’azienda di famiglia e rispettando la lunga tradizione del Lambrusco, cercando di farla evolvere con intelligenza».