e Kings House con vista sul Tamigi.
Oggi l'Accademia sta cercando di conquistare anche i Paesi non anglofoni e guarda con sempre maggiore interesse all'Italia: quest'anno a Tignanello si è tenuta la prima Masterclass e il prossimo Symposium, che ogni quattro anni raduna i Masters of Wine di tutto il mondo, sarà ospitato a Firenze. Tre Bicchieri ha incontrato Lynne Sherriff presidente dell'Istituto (e Master of Wine dal 1993) a Verona dove sabato ha ricevuto il Premio Masi nella sezione “Civiltà del Vino nel mondo”.
Ci tolga subito una curiosità: quando si pensa al Regno Unito di solito si immagina un Paese dove si mangia il pudding e si beve il the. E se si parla di alcol, al massimo ci si riferisce al whisky. Come mai il più autorevole istituto al mondo per il vino è nato proprio a Londra?
Ironia della sorte. O forse più semplicemente l'Inghilterra è sempre stato un Paese importatore di vino e in un certo senso ciò ha permesso di sviluppare una maggiore apertura verso tutti gli altri Paesi produttori, spingendoci allo stesso tempo a investire in istruzione e cultura vitivinicola.
E di contro la nascita in Inghilterra di un Istituto così prestigioso ha favorito la diffusione nel mondo di una lingua comune per parlare di vini: l'inglese.
È vero, oggi the wine speaks English, così come fino a pochi decenni fa parlava il francese. Non è stata una scelta premeditata, ma è successo: l'importante adesso è non restare fuori da questo linguaggio comune. Ed è quello che noi stiamo cercando di fare portando il nostro corso in giro per il mondo.
Risultati?
Un dato tra tutti: se è vero che ad oggi 2/3 dei Masters of Wine vivono nel Regno Unito (ma ce ne sono anche in Giappone e ad Hong Kong), è pur vero che 2/3 degli aspiranti al titolo provengono da altri paesi del mondo. E tra questi, finalmente, per la prima volta ci sono anche degli italiani, quelli selezionati a Tignanello: erano partiti in 36 e accederanno al corso in cinque.
Vuol dire che in quasi sessant'anni di storia della vostra accademia, non c'è mai stato un Master of Wine italiano?
In realtà uno c'è stato. Vive a Windsor, ma è di origini italiane: si chiama Pier Paolo Petrassi ed è a capo della catena di supermercati di lusso, Waitrose.
Ma c'è un motivo particolare per cui uno dei maggiori Paesi produttori di vino non abbia ancora portato in patria il titolo?
Molto è dipeso dall'assenza del corso in Italia (almeno fino ad oggi; n.d.r), e poi rimane il problema della lingua: il nostro corso è tutto in inglese, sia per le lezioni sia per gli esami. E questo ne accresce le difficoltà per chi non proviene da Paesi anglofoni.
Anche perché notoriamente il titolo di Master of Wine è uno dei più difficili da conquistare. Quante prove bisogna superare?
L'esame è diviso in tre unità e in tre anni: una parte teorica, una pratica (in cui si degustano 12 vini provenienti da ogni parte del mondo) e una tesina finale su un tema originale scelto dall'allievo. È richiesta una cultura globale che spazi dal vino italiano alle problematiche agricole del Sud Africa fino ad arrivare al business in Cina. Come dico sempre io bisogna combinare insieme il talento di un detective e quello di un avvocato.
Ma torniamo in Italia. Dopo l'apertura del primo corso, adesso è stato annunciato che il prossimo Symposium, uno degli appuntamenti più importanti dell'accademia, si terrà a Firenze. C'è dietro un piano strategico di alleanza anglo-italiana?
In Italia abbiamo avuto la fortuna di avere l'appoggio dell'Istituto Grandi Marchi e così insieme a Piero Antinori e Sandro Boscaini è nata una collaborazione che culminerà proprio con l'incontro del 2014 a Firenze (l'ultimo si era tenuto a Bordeaux; n.d.r.). Ma alcune nostre delegazioni sono già state in visita in Sicilia a dimostrazione della grande attenzione che c'è nei confronti del vostro Paese. Ci aspettiamo molto dall'Italia e dai suoi futuri Masters of Wine.
Loredana Sottile
03/10/2012