no più di mille le norme del settore, contenute in circa quattromila pagine di direttive, regolamenti, leggi, decreti e circolari dei diversi enti di riferimento. “Un carico che rischia di gravare ancora di più sulle imprese – ha detto il presidente Sergio Marini – con la messa a regime del nuovo sistema di certificazione”.
Di questo passo, si indebolisce il legame vino-territorio, si riduce la competitività del made in Italy e si favorisce la delocalizzazione all'estero, incentivata anche dalla annunciata deregulation dei diritti di impianto. La burocrazia, rileva la Coldiretti, ha finora fatto si che molti abbiano rinunciato a produrre vini Doc, al punto che tra il 2007 e il 2011 i terreni destinati a produrli si sono ridotti del 10% (da 316mila a 284mila ettari), con una perdita stimata di oltre 100 milioni di litri.
Ecco perché è necessario un piano vino, basato su tre pilastri: sistema informatico unico di gestione per un miglior coordinamento tra enti (sono 20 quelli attuali); controlli a campione basati su analisi dei rischi e garanzia della tracciabilità delle partite di vino; trasformazione del fascicolo aziendale nello “strumento unico dell’impresa vitivinicola” con cui adempiere agli obblighi e acquisire le autorizzazioni per cui non serve una valutazione discrezionale, sostituendo l’attuale sistema di autorizzazioni con l’invio di semplici comunicazioni.
Gli effetti sarebbero immediati: le pratiche passerebbero da 70 a 40 e si ridurrebbe del 50% il tempo di compilazione. In particolare, nella fase produttiva, le pratiche si potrebbero ridurre dalle 9 attuali a un sola comunicazione. E nella fase di trasformazione dell’uva in vino si cancellerebbero 15 registri di cantina cartacei sostituendoli con un unico telematico. E si semplificherebbero altri 14 adempimenti, eliminando anche altre due pratiche in fase di imbottigliamento.
Gianluca Atzeni
28/03/2012