tere di intervenire. In tempi di recessione, quando tutti gli sforzi dovrebbero essere concentrati sul presidio dei mercati, sbrogliare quel viluppo di leggi, regolamentazioni, autorizzazioni, che rendono la vita aziendale una dispendiosa corsa ad ostacoli, sarebbe puro buon senso.
È di qualche anno fa - ma non per questo è meno attuale - la polemica di Assoenologi sul fatto che ben il 25% del tempo di lavoro di un tecnico è dedicato a compilare scartoffie (registri, denunce varie, ecc.). D’altra parte, i controllori sono davvero numerosi. Ad iniziare dai Comuni che dovrebbero occuparsi di molteplici aspetti, dalla superficie vitata, all’autorizzazione edilizia per le cantine sino alla certificazione dell’inizio attività e molto altro ancora. Poi le Aziende sanitarie locali (Asl), le Agenzie regionali per la protezione ambientale (Arpa), l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) e ancora i carabinieri sia dei Nuclei antisofisticazione e sanità (Nas) che i Nuclei Antifrode (Nac), il Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza, Polizia Provinciale, Vigili del Fuoco....
Insomma non sono molte le attività produttive che godono di così tante attenzioni. La ciliegina sulla torta è che i controllori non sono collegati tra loro, pertanto le ispezioni possono essere effettuate più volte sullo stesso soggetto e magari per il medesimo argomento. Eppure non sarebbe difficile creare un’anagrafe dei controlli on line, in modo di evitare inutili doppioni. La Federazione italiana dei vignaioli indipendenti (Fivi) recentemente ha presentato un documento intitolato “Per un intervento di riduzione della burocrazia che grava sul vignaiolo” nel quale si affrontano vari problemi. Non a caso si chiede la concentrazione “in un unico organo delle funzioni di controllo, eliminando le duplicazioni oggi esistenti, razionalizzando il personale, diminuendo drasticamente il numero di visite in cantina a vantaggio di ispezioni a largo spettro, da parte di equipe dotate di competenze multidisciplinari adeguate”. Fondamentale però, continua la Fivi, è arrivare ad un “Testo Unico del Vino”, agile e facilmente consultabile che raccolga la legislazione esistente, semplifichi e razionalizzi il complesso normativo sul vino. La questione oltretutto non comporterebbe spese per l’erario. Alle aziende invece costa molto.
Fedagri, uno dei colossi del vino nazionale con 415 cooperative a cui aderiscono 140mila soci viticoltori e una produzione di 20 milioni di ettolitri di vino, ha quantificato il “costo” della burocrazia in 5,14 euro al quintale di uva e di 7,34 euro per ettolitro di vino di qualità. Confagricoltura invece ha fatto il conto di quanto tempo di lavoro occorre in un’azienda dell’Italia centrale con 80 ettari di vigneto per adempiere ad una serie di prescrizioni burocratiche come la registrazione dell’impianto vitivinicolo, i controlli sui vini prodotti, le autorizzazioni sanitarie, le dichiarazioni di giacenze, delle uve, delle superfici vitate e la compilazione dei registri di cantina. Si arriva a un totale di ben 190 giornate lavorative di 8 ore ciascuna.
C’è da dire poi che i controlli non sono mai stati messi in discussione dal settore. Anzi la stragrande maggioranza delle cantine li chiede perché si vuole garantire da chi non vuol saperne di rispettare le regole. I vignaioli però dovrebbero stare nel vigneto, non dietro ad una scrivania o in fila davanti ad uno sportello. Non essere oberati dagli adempimenti, significa competere più “leggeri”. Non serve a nessuno che il nostro vino parta sempre con l’handicap.
a cura di Andrea Gabrielli
19/02/2013
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale "Tre Bicchieri" del 14 febbraio. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.