Quando il vino finanzia l'arte
Cos'hanno in comune la Primavera di Botticelli, il Giudizio Universale della Cappella Sistina di Michelangelo, la Medusa di Caravaggio, la Cappella del Barolo di David Tremlett e Sol LeWitt, Ousser di Koo Jeong A.? Sono tutti, con i dovuti distinguo, esempi di mecenatismo. Antico e contemporaneo. Se in passato, infatti, mecenati erano politici, grandi casati o uomini di chiesa che accoglievano all’interno della loro corte artisti del tempo, proteggendoli e finanziando le loro opere, oggi sono sempre di più i casi di grandi nomi, anche della viticoltura, che si confrontano e interfacciano con il mondo dell'arte. Ed è attorno alle cantine che – come un tempo avveniva intorno ai Palazzi – sorgono le nuove corti artistiche.
La lista è lunga, dal Castello di Ama con le opere di Daniel Buren o Giulio Paolini, all'Antinori Art Projects che conta nomi come Giorgio Andreotta Calò o Tomás Saraceno, fino a Ca’ del Bosco e il suo museo a cielo aperto, senza contare le cantine d'arte: una su tutti, il Carapace Lunelli progettato da Arnaldo Pomodoro. E non è un caso se, solo negli ultimi mesi, tre grandi realtà vitivinicole abbiano presentato le loro ultime “committenze”: da una parte, la famiglia Frescobaldi che vanta un rapporto con il mondo dell’arte lungo 700 anni; dall’altra, l’esperienza dei Ceretto, che quasi per caso si sono riscoperti appassionati e promotori d'arte; infine, il caso dell'azienda agricola La Raia che ha visto il connubio artistico e matrimoniale tra un produttore di vino e una gallerista. Tutti e tre sono casi legati dal fil rouge dell’arte contemporanea.
E intanto, a Torino nell'ambito di Artissima e degli appuntamenti collaterali si sperimenta una proposta gastronomica dentro e fuori gli spazi della Fiera, tra stand e spazi espositivi diffusi in tutto il capoluogo piemontese.
La nuova Galleria Frescobaldi di CastelGiocondo
Per la famiglia Frescobaldi, il mecenatismo è un questione di continuità storica. Nella sua biografia, infatti, può annoverare committenze e collaborazioni artistiche con maestri illustri quali Brunelleschi, Donatello o Artemisia Gentileschi. Oggi, è Tiziana Frescobaldi a continuare questa tradizione, con il Premio Artisti per Frescobaldi, il progetto a cadenza biennale che prevede il coinvolgimento di artisti di ultima generazione per la creazione di opere che raccontino a livello evocativo la Tenuta CastelGiocondo di Montalcino. E proprio a CastelGiocondo è appena stata inaugurata la Galleria d'Arte Frescobaldi, dove si trovano le nove opere delle edizioni precedenti del premio, e dove presto andranno a confluire anche le altre tre di questa edizione. “La scelta della tenuta di Montalcino” spiega Tiziana “è anche un modo per valorizzare tutto il territorio del Brunello, dove si producono vini eccellenti, ma dove la dimensione dell’arte contemporanea non era ancora stata esplorata. È un po’ il richiamo culturale che mancava”. Da dicembre, infatti, la Galleria sarà visitabile da tutti tramite prenotazione sul sito www.artistiperfrescobaldi.it
Il progetto Artisti per Frescobaldi
“L’idea alla base del nostro progetto” spiega Tiziana “è lavorare con artisti giovani – di solito dai 30 ai 45 anni – non con quelli già affermati, per dare loro la possibilità di accrescere la loro fama. È questo il senso del nostro neo-mecenatismo: un tempo gli artisti lavoravano soprattutto per committenza presso i grandi casati, oggi si passa di più attraverso musei e gallerie, ma si tratta di un meccanismo, a mio avviso, insufficiente. Per questo motivo, iniziative come le nostre servono un po’ a compensare queste carenze. In particolare, gli artisti italiani scontano un deficit generale di orientamento del nostro Paese che, di certo, non ha una grande attenzione nei confronti dell’arte contemporanea. Per questo, abbiamo deciso di rafforzare il nostro impegno in questa direzione”. Impegno che, a livello economico, si traduce in 20 mila euro destinati al vincitore del concorso, scelto da una giuria selezionata tra i direttori dei maggiori musei e gallerie italiane, e in 10 mila euro come base per i tre artisti coinvolti. Non solo: ai tre selezionati viene chiesto anche di disegnare le etichette di CastelGiocondo Brunello di Montalcino Riserva 2013 Vendemmia Dedicata – 999 in tutto – e il ricavato delle vendite viene destinato e reinvestito in altri progetti. “Abbiamo, ad esempio, sostenuto l’associazione fiorentina Base progetti per l’arte di Firenze, poi abbiamo dato la possibilità a un artista italiano di fare un anno di residenza a Berlino”.
Uno dei momenti principali del concorso Giovani artisti per Frescobaldi è la fase di scouting, che coinvolge soprattutto il curatore Ludovico Pratesi e le gallerie d’arte, per poi arrivare, ogni anno, alla scelta di tre giovani artisti: uno italiano e gli altri due del Paese selezionato (per il 2018 la Svizzera). Quest'anno, i finalisti sono Claudia Comte, Francesco Arena e Sonia Kacem. Le loro opere saranno esposte per la prima volta alla GAM (Galleria d'Arte Moderna) di Milano, nel mese di maggio per un mese, e lì verrà decretato il vincitore. Poi, andranno a confluire nella collezione permanente della Galleria Frescobaldi a CastelGiocondo.
Dalla Cappella del Barolo a Marina Abramović. La collezione Ceretto
C'è tempo fino al 12 novembre, invece, per vedere ad Alba, nel Coro della Maddalena, la videoinstallazione Holding the milkdell'artista serbo-statunitense Marina Abramović, che lo scorso 28 settembre ha presentato di persona la sua opera davanti a due mila spettatori in estasi.
A ospitare la manifestazione – e anche l'artista – è la famiglia Ceretto, che dagli anni '90 ha intrapreso un cammino artistico che ha portato, tra le altre cose, alle etichette artistiche di Silvio Coppola, alla Cappella del Barolo di David Tremlett e Sol LeWitt, al cancello-scultura Ovunqueproteggimidi Valerio Berruti, alla Casa dell’Artista con il letto a baldacchino studiato da Anselm Kiefer. Ed è proprio questa la residenza pensata per artisti da tutto il mondo in cerca di ispirazione nelle Langhe: sono passati da qui, tra gli altri, Kiki Smith, James Brown, Francesco Clemente e Gary Hume.
“Fino agli anni ’90 eravamo solo produttori di vino” ci racconta Roberta Ceretto “poi ci proposero di sponsorizzare una mostra d’arte nel Castello di Barolo: dovevamo garantire una fornitura di vino e ospitare l’artista, che in quel caso era proprio Tremlett. Fu un incontro fondamentale e fu lui a catapultarci in questa realtà. Così come sua fu l’idea della Cappella del Barolo, che era ai tempi un vecchio garage per i trattori. L’impatto fu enorme, come portare il circo in un territorio fin troppo serioso: molti produttori, quelli storici, storsero il naso. Ma col tempo le cose sono cambiate: ormai la Cappella fa parte del territorio e guai se si sbiadisce un po’: son tutti lì, anche quegli stessi produttori, a farci notare che bisogna intervenire”.
Ma negli anni ’90, si sa, le Langhe non erano ancora quel che sono poi diventate: dalla notorietà del Barolo all'affermazione di associazioni come Slow Food, passando per la Fiera del Tartufo e l’alta ristorazione (i Ceretto sono anche stati dei mecenati in questo senso, con l’apertura del ristorante Piazza Duomo affidato al fuoriclasse Enrico Crippa). “Diciamo che a noi è sempre piaciuto metterci in gioco e rischiare. Ma siamo degli imprenditori, quindi parliamo sempre di rischi calcolati e prima di lanciarci in nuovi progetti facciamo i conti con il nostro budget. Ad esempio, tre anni fa furono necessari interventi al tetto della cantina per 300 mila euro, per cui, per quell’anno, fu necessario ridurre gli investimenti in altri campi. Siamo consapevoli del fatto che l’arte si paga col vino”. In alcuni casi, anche letteralmente. “La cappella del Barolo è stata, ed è tuttora pagata a Barolo” ci rivela Roberta “ogni domenica Tremlett e LeWitt ricevono una bottiglia di Barolo. L’affresco di Clemente è, invece, frutto di un baratto: lui voleva un gozzo per la sua casa di Amalfi”. Ma, ovviamente, non è sempre così. La Famiglia Ceretto, che ama definirsi “collezionista di esperienze” più che di opere d'arte, ha anche fatto delle donazioni importanti, come 150 mila euro per la Fondazione in memoria dell'artista Steven Shailer, nata proprio per ripagare la famiglia delle costosissime spese mediche sostenute per le cure del figlio.
I nuovi progetti per Langhe e Roero
Da sette anni, poi, è nata l’esigenza di uscire dalla cantina per trovare un posto dove ospitare mostre aperte a tutti: da lì l’accordo decennale con il Comune di Alba per la gestione del Coro della Maddalena, dove adesso è di scena l’Abramović. Parliamo di un afflusso di oltre 20 mila persone in due mesi, con ingresso gratuito. “Da sette anni, ogni anno, abbiamo deciso di regalare una mostra alla nostra città. In questo caso, si tratta di prestiti di gallerie d’arte o degli stessi artisti, dove i costi maggiori sono rappresentati da voci quali assicurazione, trasporti, security. Ma per il futuro abbiamo dei progetti diversi: basta mostre temporanee, circoscritte a un periodo preciso, adesso ci piacerebbe investire in opere che rimanessero sul territorio e per il territorio. Ventimila persone in due mesi sono numeri pazzeschi per Alba, ma qual è il valore aggiunto che diamo in periodi morti come il mese di gennaio? Stiamo, quindi, pensando a mostre su committenza e permanenti tra le vigne, magari, stavolta dando opportunità anche alla zona di Roero”.
C’è già una lista di artisti con cui aprire questo nuovo capitolo, tra cui Miguel Barcelò. Ma, passione a parte, qual è il ritorno che deriva da operazioni come queste? “Prima di tutto ci sono le visite sul territorio” spiega Roberta“si pensi che solo l’Acino, l’unica opera davvero visitabile, totalizza 15 mila visite l’anno da parte di appassionati ma anche architetti. E poi, c’è un ritorno di immagine non indifferente; gli artisti che vengono fin qui a conoscere le nostre vigne, poi, scelgono i nostri vini per le loro inaugurazioni, ne parlano anche all’estero, diffondono la cultura del Barolo. Magari non sempre del nostro, ma di sicuro diventano dei veri ambasciatori di tutto il territorio”.
La Raia. Da Gavi alla Biennale di Venezia
L'ambiente al centro di tutto è un po' il leit motiv della cantina biodinamica La Raia (nata nel 2002) e dell'omonima Fondazione, creata nel 2013 e finanziata esclusivamente dall’azienda (si parla di investimenti che vanno dai 50 ai 100 mila euro l'anno), per dare uno sviluppo, anche artistico, coerente con l’impostazione che la famiglia Rossi Cairo ha dato all’attività agricola negli ultimi dieci anni. Fondata da Giorgio e dalla moglie Irene Crocco (gallerista e promotrice di progetti d’arte contemporanea), proprio quest'anno la Fondazione ha arruolato alla direzione artistica la curatrice e critica d'arte Ilaria Bonacossa.
A gettare il loro sguardo sulle colline di Gavi sono stati chiamati artisti come Remo Salvadori e Koo Jeong A. E, da ultimo, è arrivata anche la quinta opera, Bales 2014/2017 dell'artista tedesco Michael Beutler: due rotoballe dai vivaci colori flou, già pensate per il parco del Kunstareal di Monaco di Baviera, e reinstallate tra le vigne per mettere a fuoco il complesso rapporto tra naturale e artificiale, tra lavoro industriale e attenzione personale e manuale verso la natura. “Tutti gli artisti coinvolti” spiega il fondatore Giorgio Rossi Cairo “vengono invitati a soggiornare a La Raia e a vivere, esplorare, sperimentare, imparare a conoscere questo territorio. È fondamentale che passino del tempo qui da noi per proporci un’opera site-responsive che non voglia solo celebrare se stessa ma aprire un dialogo sui temi della bio sostenibilità e delle trasformazioni del paesaggio”.
Ad arrivare sul territorio, però, non solo sono gli artisti ma anche gli appassionati di arte e vino. Anche per questo l’azienda si è dotata da ultimo di una guesthouse, Locanda La Raia, per l’accoglienza: “In questi anni, l’incremento delle visite è stato esponenziale: solo dall’inizio del 2017 a oggi contiamo oltre 800 presenze”. Ma, incassato Bales, la famiglia Rossi Cairo guarda già avanti: “Stiamo lavorando ancora con Michael Beutler – di cui abbiamo sostenuto la grande installazione alla Biennale di Venezia 2017 – per un intervento che, prendendo il via dalle botti in cui il vino viene fatto invecchiare, costruirà un’architettura abitabile nel bosco della tenuta; nel 2018, verrà inoltre installato un nuovo progetto del giovane artista francese Adrien Missika, che dopo aver studiato la vita delle api nomadi ha deciso di lavorare la pietra di Luserna per creare una scultura piramidale che funga da alveare. Noi, da anni, abbiamo una grossa popolazione di api, produciamo tre tipi di miele: la dedicheremo a loro”.
Antinori e il restauro della lunetta di Giovanni della Robbia
Non di rado succede che le cantine, così come i consorzi, oltre a finanziare delle opere tout court, si dedichino anche al restauro delle stesse. È, ad esempio, il caso della Marchesi Antinori: dal 9 novembre all’8 aprile, a Firenze andrà in scena la mostra Da Brooklyn al Bargelloche riporterà in città la lunetta con Risurrezione di Giovanni della Robbia, commissionata intorno al 1520 da Niccolò Tommaso Antinori e che nel XIX secolo volò Oltreoceano. La Lunetta, che raffigura, oltre al Cristo risorto e ai soldati, il committente Antinori in ginocchio, nel 2016 è stata restaurata grazie al finanziamento della cantina, in continuità con la committenza degli avi. Il suo ritorno a Firenze sarà riaccompagnato anche da una nuova opera dell’artista Stefano Arienti – ScenaFissa– che è una rilettura della Lunetta robbiana in un dialogo tra arte rinascimentale e arte contemporanea, visitabile sempre al Museo Bargello. Il progetto rientra nell’iniziativa Antinori Art Project.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 2 novembre
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