Ecco perché i produttori francesi di vino investono in California. Parola di Jancis Robinson

28 Ott 2024, 13:08 | a cura di
La più nota critica enologica al mondo spiega i tanti investimenti francesi nel vino californiano. Le ragioni sono molteplici e tutt'altro che scontate

Sempre più produttori francesi investono sui territori oltreoceano statunitensi. A mettere una bandierina, sopratutto sul territorio californiano, sono le grandi Maison e i grandi player del vino francese. Le motivazioni sono diverse: da una voglia di sperimentare oltre i confini nazionali con vitigni conosciuti in patria al cercare un rapporto più diretto e proficuo con il mercato statunitense. Un processo che ha avuto un aumento vertiginoso a partire dal 2013 evidenziato e raccontato dalla Master of Wine e critica Jancis Robinson.

Il vigneto californiano

Con una superficie vitata di circa 300.000 ettari e una produzione di vino di circa 25 milioni di ettolitri, la California è tra le più importanti regioni vitivinicole degli Stati Uniti. Circa il 90% del vino prodotto negli Stati Uniti è prodotto qui e rappresenta più del 60% per cento di tutto il vino consumato nel paese. Arrivati alla fama mondiale solo negli ultimi decenni, la storia vitivinicola di questa area risale a più di 200 anni fa.

La prima "ondata" di investimenti

Il primo produttore francese a fondare un’azienda in California fu Georges de Latour, creatore della Beaulieu Vineyard nella Napa Valley nel 1903. Tuttavia, «l’ondata moderna avviene nel 1973 quando Moët & Chandon ha scelto la Napa Valley come sede del suo secondo stabilimento di spumante non francese» scrive Jancis Robinson sul sito che porta il suo nome. Tre anni dopo, la California primeggia in un evento di Parigi nel maggio 1976. Durante una degustazione alla cieca, la giuria, in gran parte francese, preferì i vini americani più in alto rispetto alle etichette bordolesi e borgognone presenti.

L’anno dopo «Aubert de Villaine del Domaine de la Romanée-Conti in Borgogna avviò una joint venture con un vignaioli in Napa l'anno successivo» creando la HdV insieme alla famiglia Hyde. Nel 1979 il barone Philippe de Rothschild (Chateau Mouton-Rothschild) entrò in affari con Robert Mondavi della Napa Valley per produrre un vino californiano che prendeva a modello i rossi di Bordeaux, che «sarebbe diventato noto come Opus One». Insieme a questi produttori, si mossero grandi nomi della Champagne come Louis Roederer, Mumm e  stabilirono «aziende di spumanti nel nord della California».

 

Le acquisizioni in tempi recenti

«La principale ondata di investimenti francesi è arrivata negli ultimi 11 anni» scrive la Robinson.  Dopo la fondazione della Eisele Vineyard nell’area di Calistoga da parte dell’ Artémis Domaines, e l’acquisizione di St Supéry (Napa Valley) dai proprietari della casa di moda di lusso Chanel nel 2015 «gli investimenti francesi sono diventati più imponenti e veloci, coinvolgendo anche da giganti dello Champagne». 

La Maison Louis Roederer ha infatti acquisito Merry Edwards (Sonoma) nel 2019 e Diamond Creek Vineyards (Napa Valley) inglobandole nell’avamposto californiano Roederer Estate. «Allo stesso modo, LVMH ha aggiunto una partecipazione di maggioranza nel lussuoso Colgin Cellars della Napa Valley nel 2017» dice Jancis Robinson.

La California francese

Questa corsa a mettere piede nel Golden State è dovuto dalla voglia di affrontare la «sfida di applicare la loro esperienza nel Pinot Nero e nello Chardonnay alla costa occidentale». Étienne de Montille, ha riferito che «avere un altro ettaro di un Premier Cru in Borgogna non ci avrebbe fatto andare avanti. Quindi abbiamo pensato di uscire dalla nostra zona di comfort». Riferendosi alla fondazione nel 2017, insieme a Brian Sieve e Rodolphe Péters, dell’azienda Racines nella area vitivinicola della Santa Rita Hills.

«Ma la sperimentazione e la consapevolezza che la Francia potrebbe non avere il monopolio sulla produzione di vino pregiato sono tutt'altro che gli unici driver del fenomeno attuale»dice la Robinson. A queste si aggiunge anche una ragione “commerciale”. La distanza che hanno i produttori francesi con il pubblico di clienti statunitensi «comporta anche la consegna di parte del loro potenziale reddito agli intermediari».

Possedere un’azienda di vino su suolo americano, infatti «dà loro diritto di vendere i loro vini francesi direttamente ai consumatori». Una possibilità non da poco in quanto «i produttori di vino francesi sono in grado di produrre vino eccellente negli Stati Uniti, e in tal modo possono vendere i loro vini francesi in modo più redditizio a milioni di consumatori statunitensi».

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