L'Italia recupera posizioni nella classifica mondiale dei Paesi con maggiore competitività nel settore vitivinicolo. I dati sono relativi al 2022 - sono gli ultimi a disposizione - ma danno un interessante spaccato di come si stiano muovendo sia i grandi produttori, soprattutto Francia, Spagna e, ovviamente, Italia, sia quelli con minore peso, tra cui Australia, Usa, Germania, Cile e, infine, quelli con potenzialità importanti come Brasile e Cina. Il nostro Paese, in base alle elaborazioni diffuse da France Agrimer attraverso l'analisi di AgrexConsulting, si è ripreso la seconda piazza nel podio mondiale, davanti alla Spagna e dietro la Francia. Gli analisti, in un contesto di uscita dal periodo pandemico, hanno provato a rispondere a una domanda: come hanno reagito i Paesi vitivinicoli alla crisi inflazionistica che ha stretto in una morsa - da cui nel 2023/24 non si è ancora usciti - tutto il mondo?
L'Europa domina sul Nuovo mondo
Non cambia il podio dei mercati più competitivi, ma c'è semmai un rimescolamento delle posizioni. Francia in testa (613 punti), Italia (606) che sale al secondo posto e Spagna (583), in calo al terzo. Si tratta di un terzetto a marchio europeo che sgomita per trovare la prima posizione ma che, allo stesso tempo, è capace di distanziare abbastanza nettamente il gruppo di quelli extra-Ue. Stati Uniti (529), Australia (516) e Germania (484) li seguono a distanza in una classifica in cui Cile (476), Sud Africa (465) e Nuova Zelanda (451) sono ben lontani. Il documento denominato Fattori di competitività nel mercato mondiale del vino prende in esame 13 mercati attraverso sei elementi, che rappresentano degli indicatori di performance: potenziale produttivo, elementi pedoclimatici ed energetici, capacità delle imprese di conquistare mercati, portafoglio dei mercati ed equilibrio dei flussi commerciali, investimenti e contesto macroeconomico.
Per il futuro si profila una gara a tre
Francia, Italia e Spagna appaiono inarrivabili per gli altri. Il 2022 ha confermato come sui mercati internazionali i grandi Paesi produttori abbiamo dimostrato capacità di tenuta nonostante le difficoltà generate dall'inflazione e dagli effetti della guerra russo-ucraina. Il loro posizionamento si rafforza anche perché, rispetto agli anni precedenti, il rapporto di France Agrimer sulla competitività nel settore vitivinicolo evidenzia come Australia, Cile, Argentina e Sud Africa siano molto meno competitive e meno aggressive nello scenario globale. Insomma, per il futuro si profila una sfida a tre, senza altri rivali.
Italia sul podio ma occhio alla siccità
L'Italia, terzo vigneto mondiale con 680mila ettari, riconquista la seconda piazza persa un anno fa, grazie sia a un incremento dei volumi con l'abbondante vendemmia 2022 (a 50 mln di ettolitri) sia alle performance molto positive della spumantistica. Un'Italia in buona salute («bonne santé», scrivono gli analisti francesi per il 2022), ma non senza preoccupazioni, a partire dal tema della disponibilità d'acqua: «Solo il 30% delle superfici vitate ha un sistema di irrigazione», si legge nel rapporto. Per il resto, l'Italia ha saputo rinnovarsi nei segmenti commerciali di fascia media e dell'alto di gamma, sfruttando una buona reputazione e una offerta di vini variegata e ben riconosciuta ai consumatori. Per quanto riguarda l'export, il 2022 ha rafforzato il posizionamento competitivo italiano sui mercati esteri, mentre sul fronte interno un consumo totale pari a 23 milioni di ettolitri costituisce il 71% del consumo di alcolici in tutto il Paese, a dimostrazione di come il vino sia per l'Italia un consolidato elemento e valore culturale.
La reputazione della Spagna inferiore a quella italiana
Dal più grande vigneto mondiale (905mila ettari) arriva il terzo quantitativo di vino. Ma la Spagna potrebbe fare di più se usasse meglio le risorse idriche. Un po' come l'Italia, circa il 35% delle superfici dispongono di impianti irrigui. La siccità, più che le fitopatie della vite, è il vero vulnus del Paese iberico, anche se negli anni, come sottolinea France Agrimer, si notano progressivi miglioramenti. Sul piano commerciale, la reputazione dei vini spagnoli è «meno forte rispetto a quelli italiani, anche se i prezzi sono molto competitivi». E ciò si deve a costi di produzione moderati alla luce di modeste rese per ettaro. Nonostante questo vantaggio competitivo, i rincari sui costi produttivi delle imprese spagnole hanno impattato ugualmente sulle vendite. In volume, la Spagna nel 2022 è secondo esportatore, con consumi di vino deboli sul fronte interno (29% del totale prodotto). Il mondo cooperativo è particolarmente influente, come accade per Francia e Italia. Infine, c'è un forte dinamismo della ricerca scientifica spagnola, soprattutto in materia di miglioramento e di adattamento dei vitigni alle malattie e alla crisi climatica.
Francia modello per la conquista dei mercati
Globalmente è la nazione più competitiva nel settore vitivinicolo mondiale. Con volumi che da metà degli anni 2010 la tengono costantemente al secondo posto dietro l'Italia (anche se nel 2023 c'è stato il sorpasso in vetta per il crollo italiano), la Francia è passata in 20 anni da una media in ettolitri di 55-60 milioni a 40-45 milioni, con un vigneto di circa 790mila ettari. L'annata 2022, ricorda il rapporto di France Agrimer, è stata influenzata dagli effetti negativi delle gelate (resa media di 59 hl/ha). E le basse rese hanno limitato l'offerta dei vini entry level. A fronte di appena un 5% di vigne irrigate, per le imprese il peso dei costi di produzione è aumentato anche a causa della manodopera e della lotta alle fitopatie. Ma il vigneto francese è anche orientato al biologico, con oltre il 21% delle superfici interessate. Un elemento, questo, che potrebbe pesare sulla competitività: le numerose certificazioni adottate dalle imprese possono rappresentare un freno in periodi di scarso potere d'acquisto dei consumatori. E spesso le numerose certificazioni di sostenibilità che in qualche modo i francesi si impongono, si osserva nel documento, possono essere dei vincoli alla piena valorizzazione dei vini.
Tuttavia, la Francia recupera nella classifica generale grazie alla straordinaria capacità di conquistare mercati: buon valore dei prodotti, notorietà e visibilità dei brand. Sul fronte export, una media dei vini fermi a 7,7 dollari/litro e degli spumanti a 20,6 dollari/litro fa della Francia un fortissimo competitor. E se i vini entry level sono poco diffusi e i marchi commerciali sono pochi, tuttavia ci sono Igp e Dop che sopperiscono a queste mancanze rappresentando di per se stesse dei marchi noti in tutto il mondo.
Il gruppo dei Paesi sfidanti e le loro debolezze
Dietro il terzetto che guida la classifica mondiale della competitività, è costante il posizionamento di cinque produttori: Stati Uniti, Australia, Germania, Cile e Portogallo. Paesi sfidanti che però non riescono a guadagnare posizioni, se non a scambiarsi quelle dell'anno precedente. Le imprese made in Usa, soprattutto californiane, sono competitive sul mercato interno ma lo sono molto meno all'estero, a causa degli alti costi di produzione. L'Australia, superata proprio dagli Usa nella classifica 2023, ha subito i contraccolpi dei super dazi cinesi al vino (rimossi solo nel corso del 2024). La Germania mantiene una reputazione media a fronte di una vasta offerta di vini, i cui prezzi all'export sono definiti competitivi nonostante costi di produzione tra i più alti considerando i 13 Paesi presi in esame da France Agrimer. Il Cile, grazie a una serie consecutive di buone annate (quarto esportatore mondiale a volume e a valore), e a un vigneto irrigato per l'86%, gode dei vantaggi che gli derivano da una serie di accordi di libero scambio con diversi continenti. Tuttavia, le produzioni esportate sono prevalentemente entry level, condizionate dalla presenza di pochi brand ma molto importanti. Infine, il Portogallo, il Paese con le rese più basse in vigna (35 hl/ha) e una delle percentuali più basse (5%) per l'irrigazione, famoso soprattutto all'estero per i vini fortificati, sforna quantità di vino molto limitate ma vanta una vasta differenziazione dei mercati. Brasile e Cina restano agli ultimi posti della classifica. Il Brasile produce 3 milioni di ettolitri di vino l'anno che per l'85% finiscono sul mercato interno, con una bassa reputazione all'estero (prevalentemente verso il Paraguay) dovuta alla prevalenza di vino di basso prezzo; inoltre, il Paese è alle prese con le fitopatie. La Cina ha perso in cinque anni il 46% delle superfici vitate in produzione, anche per una domanda interna in netto arretramento.