In un’annata particolarmente magra per la produzione di vino, è la Spagna a vincere la partita dello sfuso. In nove mesi, da giugno 2023 a marzo 2024, ha spedito verso l’Italia qualcosa come 900mila ettolitri di vini bianchi e mezzo milione di ettolitri di mosti, rispettivamente +66% e +674% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Prezzi concorrenziali
A dirlo è l’Osservatorio vino Uiv, secondo cui la “colpa” è di una vendemmia – la 2023 – particolarmente scarsa che ha forzato i produttori italiani a rivolgersi ai colleghi spagnoli. Tuttavia, se la produzione italiana non è andata oltre i 38 milioni di ettolitri (-23,2% sul 2022) anche la Spagna non ha fatto molto meglio: 32 milioni di ettolitri, -21% sul 2022 e ai minimi dal 1996. Eppure non così minimi da non riuscire a soddisfare la domanda italiana. «È vero che neppure la vendemmia spagnola è stata abbondante - sottolinea il responsabile dell'Osservatorio Carlo Flamini - ma per loro tradizionalmente il mercato dello sfuso è sempre stata una voce importante, quindi lo vendono al miglior offerente. L'Italia, dal canto suo, si rivolge a questo mercato in annate particolarmente difficili, quando manca il prodotto». Ma dove finisce tutto questo sfuso in un momento non così positivo per i consumi? «Si tratta per lo più di vino da tavola o di vino da lavorazione, usato come base spumante. Chiaramente spumanti non a denominazione, di cui la richiesta resta molto alta, fosse anche per fare lo spritz», rivela Flamini. Se, quindi, l'approvvigionamento italiano riguarda soprattutto i vini bianchi (860 mila ettolitri), anche i rossi spagnoli - nonostante un periodo particolarmente fiacco per la categoria - sono balzati di quasi il 240%, a 160mila ettolitri circa.
A fare la differenza è senz’altro il prezzo concorrenziale: 41 centesimi di euro al litro, +10% rispetto al 2023, ma comunque meno rispetto allo sfuso proveniente dalle regioni italiane (circa 20 centesimi in più), in particolare Abruzzo, Sicilia e Puglia, colpite dalla dalla peronospora.
La Germania abbandona l'Italia per la Spagna
Ma l’Italia non è l’unico Paese ad aver fatto ricorso all’aiuto iberico. Anche gli imbottigliatori tedeschi hanno scelto la stessa via, in sostituzione proprio dello sfuso italiano ai minimi termini. Così se da una parte, nel primo trimestre dell’anno, è salito l’approvvigionamento dalla Spagna (+20% a volume), dall’altro è sceso quello dall’Italia: -15%, sotto i 460.000 ettolitri contro una media di 600.000 degli ultimi tre anni. «Il mercato tedesco resta comunque molto legato al Belpaese, anche semplicemente per una questione di vicinanza e quindi costi di trasporto - osserva Flamini - ma allo stesso tempo è fedele ai prezzi bassi, da qui il ricorso al vino spagnolo. Diversa la posizione della Francia che ha fatto una scelta ben chiara: non produrre vino comune. Si capisce, quindi, come la scelta dello sfuso spagnolo sia quasi obbligata». Con buona pace dei vigneron che lo scorso autunno hanno protestato lungo i confini, rovesciando per strada intere cisterne di vino proveniente dalla penisola iberica.