Come appare dai dati della Wine and Spirit Trade Association relativi al periodo gennaio 2015-gennaio 2016 il Nuovo Mondo del vino sta rapidamente conquistando il mercato britannico. Anche se l'Italia rimane saldamente al secondo posto, le cose sono in fase di cambiamento. Vi avevamo già raccontato qui come funziona il vino della Gdo d'oltremanica, ora vediamo cosa succede con l'export (il nostro e quello degli altri).
I dati dell'off trade
Che si parli di canale off o on trade, l'Europa rischia di perdere posizioni a vantaggio di Paesi quali Nuova Zelanda, Australia, Cile, Argentina e - solo in parte - Sud Africa. Nel canale off trade, l'Australia in 12 mesi ha venduto 1,7 milioni di ettolitri di vino (+5%) per 1,1 milioni di sterline (+3%); il Cile 659 mila ettolitri di vino per 467 milioni di sterline (+3% per entrambe le voci); la Nuova Zelanda, 372 mila ettolitri per 336 milioni di sterline (un tondo +10% per entrambe le voci). Infine l'Argentina, vera sorpresa dell'anno, con 170 mila ettolitri (+29%) per 12 milioni di sterline (+28%): non parliamo di grandi numeri, ma di grandi incrementi, tenendo presente uno storico meno importante rispetto ai concorrenti. Il Nuovo Mondo chiude, quindi, l'anno senza nessun segno meno sullo scaffale, a eccezione del Sud Africa che perde il 7% sia in quantità sia in valore.
Vanno meno bene i vini Usa e quelli Ue. Tra questi l'Italia, mantiene la seconda posizione (dopo l'Australia), ma perdendo punti: nell'ultimo anno, i vini italiani nell'off trade hanno perso il 4% in volume (attestandosi a 1,1 mila ettolitri) e il 5% a valore (per un totale di 767 milioni di euro), ma fanno peggio Francia (-6% in volume; -4% in valore) e Germania (-13% per entrambe le voci). In questo canale il prezzo medio a bottiglia si aggira sulle 5 sterline (per l'Italia 4,95 sterline).
I dati dell'on trade
Passando all'on trade, a parte la prevedibile variazione del prezzo medio (intorno a 15 sterline per bottiglia; Italia 17 sterline), si noti che tutti i Paesi stanno sperimentando un aumento dei prezzi al litro, anche lì dove volume e valore sono in perdita. In questo canale, Francia (504 mila ettolitri e 1,38 milioni di sterline, rispettivamente -5% e +3%) e Italia (449 mila ettolitri e 1,01 milioni di sterline, rispettivamente +5% e +9%) continuano a dominare il mercato.
Ma è la Nuova Zelanda a crescere di più: in volume in un anno ha messo a segno un tondo +20%, portandosi a 55 mila ettolitri, in valore addirittura +36% per un totale di 133 milioni di sterline. Gli altri “nuovi produttori” appaiono, invece, più spaesati, ad eccezione del Sud Africa che, con un +1% , si porta a 106 mila ettolitri, per una crescita a valore più interessante: +7% per un totale di 205 milioni di sterline.
Quali varietà
Un'occhiata, infine, alle varietà: i bianchi guidano le vendite sia nel canale on trade, sia off trade. In particolare rimangono in testa per i bianchi, Sauvignon Blanc, Pinot Grigio e Chardonnay, per i rossi, Merlot e Syrah. Per quanto riguarda l'Italia, tra le prime posizioni a scaffale troviamo il Soave che, con un prezzo medio di 4 sterline, nell'ultimo anno ha guadagnato posizioni in volume (97 mila ettolitri, +7%), perdendo però in valore (54 milioni di sterline, -8%).
L'imposta sul vino nel Regno Unito
Le prospettive di vendita di vino in Gran Bretagna potrebbe essere condizionata anche dal prospettato aumento delle accise. Brutte notizie per i commerci di vino nel Regno Unito. Il cancelliere George Osborne nel suo discorso di ieri al Parlamento ha annunciato che l'imposta sul vino aumenterà con l'inflazione, così come quella sulle sigarette e al contrario di quella sugli altri alcolici che sarà, invece, congelata. L'annuncio ha lasciato sgomento il mondo del vino, preoccupato per la pressione finanziaria sulla filiera, soprattutto in un momento in cui la sterlina sembra essersi indebolita nei confronti dell'euro, il ché - va da sé - non favorisce le importazioni da Paesi come Francia, Spagna e Italia.
Si consideri che la tassa sul vino nel Regno Unito è la seconda più alta d'Europa (dopo l'Irlanda) e solo lo scorso anno ha portato nelle casse del Governo 4 miliardi di sterline. In pratica al momento (senza considerare gli aumenti in corso), l'imposta su una bottiglia dal prezzo medio di 5 sterline è pari al 55%, ovvero 2,75 sterline. Si aggiunga che il vino non ha avuto un taglio alle accise dal 1984. Che arrivasse nel 2016 era alquanto improbabile, ma la filiera sperava in un congelamento, così come era stato lo scorso anno (quando il Governo aveva tagliato la tassa su birra e spirit del 2% e congelato quella del vino) e come sarà quest'anno per gli altri settori.
La previsione degli aumenti e le conseguenze sull'export
'Il congelamento della tassa sul vino” è il commento di Miles Beale, chief executive della Wine and Spirit Trade Association (Wsta)“negli ultimi dieci mesi, aveva portato 118 milioni di sterline in più di entrate al Tesoro britannico. Per cui riteniamo profondamente ingiusto che oggi il settore debba essere l'unico penalizzato”. D'altro canto è una tassa che tappa le ali anche all'emergente industria del vino inglese. Sentiment diffuso anche tra i consumatori inglese: in un recente sondaggio Wsta, il 57% degli intervistati ha detto di considerare troppo alta l'imposta del vino (quella che è stata fino ad oggi). Adesso, per sapere di quanti punti percentuali aumenterà, bisognerà attenersi al Retail Price Index, l'indice dei prezzi al consumo. Gli effetti, invece, si leggeranno a breve nelle tabelle export verso il Regno Unito.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 17 marzo
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