i crescita sono notevolissime...
Venerdì scorso s'è conclusa con il prevedibile successo l'ultima tappa del quinto Top Italian Wines Roadshow, quella di Rio de Janeiro. Circa 700 persone hanno gremito il salone degli eventi dello Sheraton Rio Hotel & Resort che affaccia sull'elegante spiaggia di Leblon. Operatori di settore, importatori, ristoratori e sommelier hanno così potuto conoscere i produttori presenti e degustare oltre 200 etichette. Una scena gastronomica assai vivace, quella carioca, dove accanto ai ristoranti più tradizionale e alle churrascarias convivono le migliori cucine del mondo, come la cinese, l'italiana e la francese, e dove s'è fatto strada uno stile innovativo frutto dell'incrocio delle culture orientali e occidentali, giapponese in primis (in Brasile c'è la più forte comunità giapponese fuori del Giappone), in un mix esotico ed affascinante. Insomma, la prima lettera del Bric procede spedita in un processo d'integrazione e di apertura al mondo che la sua veloce crescita economica sta sostenendo con successo.
«Sono ottimista sulla crescita di questo mercato - dichiara Marcelo Copello, prestigiosa firma dell'enogastronomia brasiliana e della celebre rivista Baco – e i recenti rumors sull'aumento delle accise sono sicuro si risolveranno positivamente». Marcelo, che con me ha tenuto i due affollati seminari degustazione sui vini italiani nel corso dell'evento, ha spiegato al Gambero Rosso che si tratta di un ricorso presentato da quattro associazioni di categoria brasiliane al Ministero dello Sviluppo, Industria e Commercio Estero, ma già l'Associazione Brasiliana degli Esportatori e Importatori di Cibi e Bevande (ABBA) e l'Associaçao Brasileira de Bebidas hanno presentato ricorso. Ovviamente la misura, se approvata, sarebbe protezionistica, e favorirebbe la nascente industria vinicola brasiliana e quelle dei paesi del Mercosul, Argentina Cile e Uruguay.
«Consumiamo appena 2,2 litri pro-capite - continua Copello - e soffocare questo mercato non è interesse di nessuno. Agevolare le importazioni farebbe lievitare i consumi, e quindi anche i proventi per i produttori nazionali e lo Stato. E darebbe un'immagine migliore del Brasile vinicolo». Se negli anni Settanta iniziava timidamente, nel paese della birra e della cachaça, un consumo di vini sfusi locali, negli anni Ottanta si affermano le prime aziende nazionali, con marchi che riecheggiavano la Francia e altri paesi stranieri. «L'inizio dei Novanta ha visto la rapida ascesa dei bianchi tedeschi, con l'economico e dolce Liebfraumilch, quello nella bottiglia azzurra, a tirare la volata – ci spiega Marcelo – ma a metà del decennio la tendenza era ormai per i rossi, cileni e argentini su tutti. Ed è ancora così». Ma se il presidente Lula da Silva ha brindato con Romanée Conti '97 alla sua prima elezione nel 2002, l'attuale presidente, Dilma Roussef, eletta nel 2010, ha organizzato un ricevimento con ottimi vini e spumanti brasiliani, che negli ultimi anni hanno ricevuto numerosissimi riconoscimenti internazionali.
Per il vino italiano in questo paese le prospettive sono davvero interessanti. Se oggi sono il Lambrusco ed il Prosecco nelle varie declinazioni a tirare la volata (insieme il 70% dell'export italiano, con l'Italia secondo paese tra quelli importati al di fuori del Mercosul, subito dopo la Francia e prima del Portogallo), c'è molto interesse per bianchi e rossi del Bel Paese. La scena enogastronomica è complessa ed affascinante, come sempre quando si incontrano e si mescolano tante culture. Con l'evoluzione del gusto in atto la barra si sposterà sempre più verso i vini fermi, verso i vini di terroir. E qui l'Italia ha molto da dire, e soprattutto, una straordinaria varietà di vini da offrire. Nel 2011 il nostro export è cresciuto del 21% sull'anno precedente, ed oggi rappresentiamo circa il 14% in valore e poco più del 17% in volume del mercato brasiliano. E le prospettive di sviluppo dell'Italia, in un mercato che cresce di oltre il 16% l'anno, sono notevolissime.
Marco Sabellico
02/05/2012