Il vino italiano alla campagna di Russia

19 Nov 2013, 13:07 | a cura di

Nonostante le penalizzazioni dovute alla “guerra” della vodka e nonostante la crescita della produzione interna, il nostro vino guadagna posizioni: oltre il 25% la quota di mercato. E il 19 novembre passa da Mosca il Tre Bicchieri World Tour del Gambero Rosso.

Se vogliamo essere ottimisti il dato che ci deve far sperare è la significativa riduzione del consumo procapite di vodka, che si è verificata negli ultimi otto anni a tutto vantaggio di alcolici a minor gradazione, segnatamente vino e birra. Sono numeri enormi, dei quali le nostre etichette hanno sicuramente beneficiato. Nel cuore (e nel gusto) dei russi i nostri vini stanno imponendosi salendo sul primo gradino del podio dei paesi fornitori con 154 milioni di euro nel periodo gennaio-settembre 2013 (+40%) e una quota di mercato salita al 25,5% che significa il sorpasso sulla Francia, scesa al 22,3%. Non a caso il 19 novembre il Gambero Rosso porta i migliori vini italiani al Crocus City Mall Mosca per l'ultima tappa 2013 del Tre Bicchieri World Tour.

Ma guai ad abbassare la guardia, bisogna continuare con grinta e perseveranza perché i competitori sono molti, e molto agguerriti. Non dobbiamo sottovalutare il ritorno sul mercato russo dei vini georgiani, che vantano nelle tavole russe una tradizione pluridecennale e una assuefazione di gusto. Né di quelli ucraini, che nonostante le altalenanti relazioni politiche fra i due Paesi, occupano una significativa fetta di mercato. Dall’altro lato le peggiorate relazioni con la Moldavia hanno portato a un parziale blocco delle importazioni da questo Paese che, tradizionalmente, è molto presente con le sue produzioni. Ma questo, forse, ci preoccupa meno, perché i vini moldavi occupano una fascia di mercato diversa dai nostri.

Dobbiamo invece guardare, con molta attenzione, alla rinascita della produzione enologica della Russia: come noto il sud del Paese (soprattutto le regioni di Krasnodar e Rostov) ha sempre prodotto grandi quantità di vini, anche se dolci e semidolci di scarsa qualità, supplendo alla loro elevata acidità e mancanza di sapore con l’aggiunta di zuccheri e alcool etilico. Questo fino a quando, negli anni ‘80, sotto la presidenza di Mikhail Gorbaciov, la maggior parte dei vigneti furono chiusi o riconvertiti ad altri usi. Ciononostante, a partire dal 2000, sono emerse nuove cantine, che partendo praticamente da zero, hanno investito in vitigni (soprattutto francesi) ed in enologi che hanno orientato la produzione su standard europei. Il fenomeno è in costante sviluppo, tant'è che lo scorso anno è stata pubblicata la prima Guida dei vini russi, in cui vengono descritti 55 vini prodotti da 13 cantine russe della regione di Krasnodar, tra cui Fangoria, Lefkadia e Chateau du Talus. I sommelier russi che hanno contribuito alla stesura della guida, confidano che la comparsa sul mercato di “grandi vini russi” non sia troppo lontana. Un’operazione che dobbiamo seguire attentamente e che, in parte, va annoverata fra i fatti positivi, per l’impatto che avrà nell’allargare l’abitudine al consumo del buon vino, oggi purtroppo ristretta alla fascia medio-alta. Dall'altro, certo, è un concorrente in più di cui tener conto nel prossimo futuro.

Ma intanto, nel presente, c'è un altro fronte aperto e insidioso: quello della vodka. Se è vero, come si diceva all'inizio, che i consumi sono scesi a favore di birra e vini, è pur vero che la guerra interna per accaparrarsi questo business finisce per far diventare il vino una vittima inconsapevole. Ma andiamo ai fatti: dalla scorsa estate sono iniziate ispezioni e chiusure dei alcuni fra i maggiori punti vendita di alcoolici, in molte parti della Russia. Anche il colosso tedesco Metro (presente dal 2000 sul territorio russo, con 70 punti vendita dislocati in 45 regioni, circa 20 mila dipendenti ed un fatturato di oltre 4,2 miliardi di euro), ne ha fatto le spese. Ad esempio, il suo magazzino di Samara, grande città sul Volga a mille km a sud-est di Mosca, ha avuto i sigilli al comparto vini e alcolici per diversi mesi e, solo in questi giorni, una sentenza del Tribunale ne ha accolto il ricorso, ordinandone il dissequestro. Un danno economico immenso in termini di fatturato e immagine, che ha pesantemente penalizzato, indirettamente, anche i produttori di vini italiani. Ancora guerra della vodka, dunque. Ma quali sono i numeri reali di questo business? Produzione ufficiale di circa un miliardo di litri alla quale si affianca un mercato nero pari al 30%; incassi da parte dello Stato (ma anche delle Regioni) di accise per almeno 250 mlddi rubli (circa 5,7 mld di euro); consumo procapite pari a 11 lt/anno (nel 2005 era di 15 lt/anno) con un significativo spostamento verso gli alcoolici più leggeri quali vino e birra. In questo scenario, nel gennaio di quest’anno, è entrato in vigore un decreto federale che tendeva al controllo e a una più stretta regolamentazione del settore, dove, fra l’altro, si demandava ai comuni di stabilire i requisiti per il rilascio delle licenze di vendita. Alcuni di essi hanno, ad esempio, imposto una distanza minima del punto in cui si vendono alcoolici, di 70 metri da una serie di servizi pubblici quali scuole, asili, mercati, studi medici ed alcune tipologie di aziende private. In tal modo il 90% dei punti vendita rischia la revoca della licenza. Ma non è tutto: i produttori regionali di vodka, spesso spalleggiati dalle autorità regionali che dalle accise di loro competenza ricavano altissimi introiti, hanno iniziato azioni di boicottaggio nei confronti dei punti vendita che non vendevano almeno l’85% di vodke di produzione locale, in base ad una consuetudine non scritta, ma che più o meno era rispettata. Ovvio che le grandi catene alimentari, quali Metro, non potevano rispettare questi parametri, proponendo nei loro scaffali una gamma molto ampia di vodke, sia nazionali sia d’importazione. La conseguente chiusura dei reparti di vendita, a seguito di ispezioni mirate ad accertare ogni minimo dettaglio formale (se non anche, come pare, attuando anche operazioni dolose) sembra diretta conseguenza di quanto sopra. E il vino si ritrova a gicare la parte dell’incolpevole vittima… vaso di coccio in una lotta fra titani.

a cura di Gianguido Breddo
esperto di vino e console italiano a Samara

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 14 novembre. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.
 

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