Mapman colpisce ancora. Alessandro Masnaghetti ha presentato la nuova mappa della Franciacorta fortemente voluta dal Consorzio, che identifica con precisione 134 zone all’interno della denominazione lombarda. Alla base dello studio c’è un patrimonio d’informazioni inedito e digitalizzato di recente: il catasto napoleonico. «Per me la mappa è l’ultimo passaggio. L’importante è costruire un racconto coerente con le caratteristiche della zona. La mappa deve essere uno strumento utile per comprendere dove siamo, un supporto ai produttori per la creazione di un linguaggio comune», racconta Masnaghetti, che tra le tante mappature geo-viticole ha curato anche quella del Chianti Classico e del Barolo, lavori capaci d’influenzare nettamente lo sviluppo dei due territori.
Franciacorta palmo a palmo
Ci sono voluti circa 4 anni di lavori per definire la zona, si è partiti in pieno Covid con l’intento di valorizzare le tradizioni e la toponomastica locale. La Franciacorta è una zona di confine climatico, tra le pre Alpi bresciane e la pianura, con l'influenza determinante del Lago d'Iseo. Il meridiano è lo stesso di Bordeaux, il 45esimo. La prima suddivisione che emerge è quella tra la Franciacorta occidentale, dove si concentra maggiormente la produzione e quella orientale, caratterizzata da appezzamenti più piccoli, spesso terrazzati e dalle pendenze accentuate. La linea di riferimento per la spartizione è la strada provinciale. Nel complesso la superficie vitata è di 3634 ettari, il parco ampelografico vede dominare lo chardonnay (79%), seguito da pinot nero (salito al 18%), pinot bianco (2.7%) e l’autoctono erbamat (0,3%).
Il comune con la più alta superficie vitata? A sorpresa, è Cazzago San Martino, mentre in coda troviamo Paratico. Masnaghetti come punto di riferimento evidenzia il Monte Orfano, porta d’accesso a sud della Franciacorta, l’unico di origine marina, e Punta dell’Orto a nord, il limite più alto della denominazione, circa mille metri di quota. L’80% della produzione si sviluppa tra i 150 e i 350 metri: «non credo che nei prossimi 30 anni assisteremo a spostamenti in quota, anche perché le zone più alte disponibili, sui 600 metri, sono impervie e molto difficili da coltivare», evidenzia Masnaghetti. A differenza dell’immaginario collettivo, la Franciacorta ha tanto spazio dedicato all’agricoltura, non solo alla vite, la mancanza di netti dislivelli è in questo senso ingannevole, fa notare.
Lo stesso catasto usato in Borgogna
«Ho lavorato in maniera diversa rispetto a miei altri lavori, ho cambiato metodo perché qui ho valorizzato tanto il catasto napoleonico che in Franciacorta è ancora incredibilmente intatto. Ogni particella ha il nome del proprietario, il tipo di viticoltura in atto e il toponimo. Per dire, è lo stesso catasto alla base dei cru di Borgogna».
La sintesi degli studi sono le 134 unità geografiche, che si apprestano a essere la base per un aggiornamento del disciplinare. «Al momento non si possono ancora mettere sulle bottiglie, ma è fondamentale aver fatto il primo passo, prima di decidere come utilizzarle dovevamo delimitarle. È l’inizio di un percorso lungo e complesso. Ora ci metteremo subito al lavoro in consorzio, in un paio di mesi troveremo una quadra, poi ci sarà solo da aspettare i tempi di Roma per le modifiche, che ahinoi sono parecchio più lunghi» commenta Silvano Brescianini, presidente del Consorzio della Franciacorta. Tempo stimato: circa due anni
Le denominazioni sono gli uomini
Se il lavoro verrà sfruttato bene, assisteremo a una rapida crescita di cuvée parcellari e una sempre più forte connotazione territoriale. Nel Metodo Classico italiano si parla ancora troppo di tecnica, mesi sui lieviti e vitigni, ci vuole un cambio di mentalità. «Le denominazioni, lo ripeto spesso, non sono solo i luoghi e i vitigni ma sono soprattutto le persone. È l’uomo che deve maturare, crederci, portare avanti un’idea. Alcuni mie mappe sono rimaste nel cassetto a prendere polvere, in altri casi come nel Chianti Classico hanno cambiato la percezione. Dobbiamo smettere di focalizzarci sul 10% di merlot nel sangiovese o della botte grande o piccola, c’è questa mania zommare sempre sul dettaglio. È il contesto che conta, basta raccontare solo dove si trova la mia vigna, senza magari sapere di chi è quella del vicino. È il contesto che conta, dobbiamo cambiare approccio, invertire il processo. Così si sviluppa un pensiero e un'identità di zona» conclude Masnaghetti.