Vittorio Moretti, classe 1941, è un imprenditore a tutto campo. Inizia nell’edilizia, poi si specializza nella costruzione di prefabbricati e quindi nelle strutture di legno lamellare, ideali per la costruzione delle cantine. Oltre all’attività immobiliare e alla nautica di alta gamma, nel 1974 acquista i primi ettari di vigneto in Franciacorta che diventeranno, con delle nuove acquisizioni di terreni, l’azienda Bellavista di Erbusco. Nel 1990 Moretti è tra i 29 fondatori del Consorzio volontario per la tutela dei vini Franciacorta. Poi nel 1991 crea un’altra azienda, la Contadi Castaldi di Adro. L’impegno nel settore vitivinicolo successivamente prosegue anche in Toscana. Nasce la Holding Terra Moretti che comprende, oltre alle due cantine franciacortine, le aziende Petra di Suvereto e la Tenuta La Badiola di Castiglion della Pescaia. Moretti ha tre figlie, tutte impegnate nelle attività di famiglia.
Patron di Bellavista e di Contadi Castaldi, Moretti ha raccolto il testimone lasciato da Maurizio Zanella che, negli ultimi sette anni, ha guidato il Consorzio volontario per la tutela dei vini Franciacorta. Tra le priorità del nuovo presidente, l’internazionalizzazione della denominazione, l’attenzione per le piccole aziende, il sostegno attivo alla Strada del vino, la salvaguardia e l’incremento della bellezza in Franciacorta.
Noi all’estero siamo conosciuti per i nostri grandi vini, rossi e bianchi, ma siamo sconosciuti come produttori di spumante metodo classico di alta gamma. Lei, anche in passato, ha sostenuto l’importanza per il Franciacorta di affrontare i mercati esteri. Come sarà portato avanti il tema dell’internazionalizzazione sotto la sua presidenza?
La presenza all’estero è sempre più importante, perché in questi anni la Franciacorta è cresciuta molto e ora siamo arrivati a 16 milioni di bottiglie, ma quasi tutte vendute in Italia. L’export rappresenta meno del 10% e abbiamo necessità di nuovi spazi di mercato. Basti pensare al Prosecco che ora fa 500 milioni di bottiglie, di cui 200 vengono consumate in Italia. Visto che la cultura dello spumante sta crescendo è probabile che una parte dei consumatori decida di avvicinarsi anche al Franciacorta. Se in Italia vogliamo lasciare spazio alle piccole aziende, bisogna sempre più sfruttare l’estero che, per le cantine più grandi, diventa una sicurezza. Per fare un esempio, la mia non è una cantina molto grande - produciamo circa 2,5 mln di bottiglie - ma abbiamo la necessità di vendere all’estero: non possiamo pensare di produrre solo per il mercato italiano.
Quale strategia è in grado di metterci in grado di competere in un mercato dove Champagne e Cava, la fanno da padrone?
È chiaro che all’estero lo Champagne è il prodotto di riferimento, però l’abitudine di consumare bollicine è in aumento. In questo scenario proporre un prodotto alternativo con delle caratteristiche di eccellenza, come il nostro Franciacorta, apre delle possibilità. È vero che lo Champagne ha 300 milioni di bottiglie: ma quante di queste sono all’altezza? In linea generale, se facciamo una media, la Franciacorta ha una qualità molto più alta dello Champagne. Naturalmente noi facciamo 16 milioni di bottiglie, ma il nostro obiettivo è arrivare a 20, anche perché i nostri impianti potrebbero fare molto di più. Poi bisogna considerare che ci sono dei mercati dove lo Champagne non c’è o è poco presente: ed è lì che dobbiamo andare. Sono i mercati emergenti, soprattutto nel Sud Est asiatico.
Dal 2008 il settore vinicolo ha a disposizione dei fondi europei (Ocm vino) per la promozione del vino nei Paesi terzi. La Franciacorta come li sta utilizzando?
Sono molto importanti, ma è lo Stato italiano che si deve muovere. Abbiamo bisogno che questo, insieme alle Regioni, ci sia vicino perché nonostante le aziende associate al Consorzio si tassino per promuovere il prodotto, i nostri bilanci sono quelli che sono. Insomma serve molto di più. E non bastano neppure le cinque agenzie che abbiamo nel mondo (in Usa, UK, Giappone, Germania e Inghilterra) che ci costano parecchio: se vogliamo che facciano qualcosa di buono, bisogna investire di più.
A proposito del mercato domestico, lei sosteneva che c’è ancora spazio per crescere. A quali aree pensa in modo particolare? Dopotutto il Franciacorta si consuma per lo più al Nord…
Abbiamo una clientela sparsa in tutto il Nord, ma noi stiamo spingendo anche altre zone, come ad esempio Roma, dove complessivamente i nostri volumi possono tranquillamente raddoppiare. Basti pensare a come si sono evolute in senso qualitativo le trattorie negli ultimi anni.
In che modo è cambiato il mondo della Franciacorta con l’ingresso nel Consorzio di una grande azienda come Berlucchi?
Non è cambiato poi molto: Berlucchi è in linea con le altre aziende per quanto riguarda la produzione di qualità. L’unica problematica è la presenza nei supermercati. Queste ultime sono strutture che puntano sempre al massimo ribasso e qualche problemino lo provocano. Ma ben vengano aziende di quel calibro, a patto che siano convinte di affrontare il mercato con lo spirito giusto.
Negli ultimi anni in Franciacorta sono aumentate le aziende imbottigliatrici. Secondo lei sarà una tendenza che continuerà anche in futuro?
Non credo che negli anni a venire gli imbottigliatori cresceranno molto, bensì aumenterà il numero complessivo delle bottiglie. Dobbiamo creare le condizioni che permettono alle aziende di crescere e di crearsi un mercato.
Rispetto ad altri consorzi sembrerebbe che la conflittualità tra grandi e piccole aziende sia molto attenuata e anzi, il rapporto sembra più improntato alla collaborazione. Ci conferma questa impressione?
È senz’altro così. Chiaramente qualche piccola polemica c’è anche da noi, ma per certi versi è fisiologica. Io mi sono dato, come programma, la visita di tutte le piccole aziende associate al Consorzio in modo di raccogliere direttamente da ognuno di loro i problemi più urgenti da mettere a fuoco, anche nei rapporti con le grandi. Oggi queste piccole aziende stanno andando veramente bene e quelle più abili riescono a mantenere dei prezzi adeguati, senza perdere guadagno. Insomma stanno creando le condizioni per ingrandirsi.
Uno dei temi in cui il settore vinicolo si sta impegnando sempre di più è la sostenibilità. Qual è il contributo della Franciacorta al tema?
La Franciacorta è molto lanciata sulla sostenibilità, tanto che ormai la gran parte delle aziende di questo territorio è impegnata nel biologico. In una parte della mia azienda è da 30 anni che abbiamo fatto questa scelta e da quest’anno saremo certificati. Comunque la sostenibilità è un discorso pienamente condiviso da tutte le aziende associate al Consorzio e d’altra parte in una regione come la nostra, è obbligatorio essere impegnati su questo fronte che oltretutto ha uno stretto legame con la qualità.
Da qualche anno è in funzione l’Osservatorio economico Franciacorta, che ha il compito di rilevare i dati e di analizzarli con l’obiettivo di sviluppare delle strategie per lo sviluppo della denominazione. A che punto è questa esperienza che sinora in buona parte è riservata ai soli associati? Non sarà arrivato il momento di una maggiore apertura?
Per certi dati probabilmente sì, per altri più sensibili, no. Per cui è giusto che rimangano riservati, anche perché nemmeno le aziende hanno la possibilità di consultarli. D’altra parte abbiamo bisogno dei dati generali per capire come stiamo andando.
Attualmente chi è il principale competitor del Franciacorta ?
Sul mercato potrebbe essere il Trentodoc, ma non più di tanto perché i numeri sono ridotti. Certo, c’è Ferrari ma mi sembra di capire che essenzialmente faccia la sua strada.
In questi giorni ha più volte dichiarato che la sua sarà una presidenza di continuità….
Continuo a dirlo anche oggi, con l’avvertenza che i programmi e le priorità li deciderò io. Il programma generale è quello, ma soprattutto dobbiamo crescere bene e nella trasparenza.
Quali saranno le prime cose che affronterà?
Innanzi tutto inizierò con visitare tutti i soci, e soprattutto i piccoli produttori, in modo che nel Consorzio ci sia la massima condivisione delle decisioni. Tra le priorità ci sono lo sviluppo del mercato estero e lo sviluppo del turismo enologico in Franciacorta, a partire dalla nostra Strada del Vino, che deve essere sostenuta. Uno dei miei punti-chiave sarà la salvaguardia e l’incremento della bellezza della Franciacorta, in modo che sia meta di un turismo importante e qualificato, ma anche che la zona sia sempre più conosciuta perché ancora, non è del tutto avvertita come territorio vinicolo. Insomma, niente di diverso da quello che si avverte in tutte le grandi zone vinicole del mondo. C’è molto su cui lavorare.
a cura di Andrea Gabbrielli
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 7 gennaio
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