o (oggi e domani a Cremona) l'aveva preparato bene.
E così, nonostante le battute e le dichiarazioni politiche (come leader del gruppo dei “responsabili” che ha permesso al governo di resistere, dice: “Sono contrario ai governi tecnici perché ho a cuore il nesso che deve esserci tra potere e responsabilità”), cerca di salvare l'importanza dell'evento. “Al di là di chi guiderà il ministero, non c'è dubbio che da questo Forum emergerà il modello italiano di agricoltura. Che è diverso da quello proposto dal commissario europeo Ciolos”.
Romano è consapevole, come tutti gli imprenditori presenti al Forum, che i fondi della prossima Pac saranno inferiori ai precedenti (stessa cifra complessiva da dividere però tra 27 Paesi). Ma quel che non gli va giù è la disattenzione verso l'esigenza di produrre di più in un mondo sempre più affollato e affamato. E ancor di più a Romano non va l'idea che le produzioni agricole servano a produrre energia, prima ancora che cibo per sfamare il pianeta. “È in atto – spiega - un negoziato importantissimo a livello europeo e l'Italia è impegnata in una battaglia politica dalla quale dipende il futuro della nostra agricoltura".
"La proposta di Ciolo? non ha un’anima, non ha un modello: mentre nel mondo si chiede più cibo e più produzione, la sua proposta finisce col penalizzare le agricolture di qualità come la nostra. Per questo tutti gli attori del comparto devono offrire un loro contributo. Investire in agricoltura si può, investire in agricoltura si deve”.
Sulle parole del ministro non risparmiano critiche alla Pac gli uomini del Mipaaf. “La riforma non sembra rivolgersi alle aziende che investono ma appare funzionale alla proprietà fondiaria – dice Mario Catania, capo dipartimento per le politiche europee – inoltre, l'impalcatura nel primo e secondo pilatro è eccessivamente complessa e tradisce le richieste di semplificazione; infine, è lontana dalle aspettative dei consumatori perché non contribuisce a stabilizzare i prezzi e non rende trasparente l'informazione sui prodotti”.
I numeri li presenta Giuseppe Alonzo, neo capo dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità: “L'Italia versa il 13,5% dei fondi del bilancio europeo e riceve oggi solo il 10%; il valore della produzione italiana è il 12,5% dell'Ue, mentre il valore aggiunto è il 17%. E quindi siamo in ampio credito”.
Arturo Semerari, presidente dell'Ismea, parla di “approccio timido” della Pac, che non sembra dare adeguata risposta ai bisogni del settore: “Una riforma che aumenta il grado di complicazione burocratica e che appare in controtendenza con l'evoluzione delle politiche agricole mondiali”.
Nel negoziato, l'Italia, secondo Semerari, ha alcune priorità: chiedere la definizione del greening (la componente ecologica obbligatoria dei pagamenti diretti), così come la definizione di agricoltore attivo, un piano finanziario unico del secondo pilastro, misure nazionali sulla gestione del rischio con relative coperture assicurative e più fiducia in quei giovani che, con Nicola Motolese, presidente di Anga Confagricoltura chiedono oggi “più attenzione per far togliere all'Italia la maglia nera del ricambio generazionale”.
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Maria Presti
11/11/2011