I fondi dell’Ocm Vino (Organizzazione Comune di Mercato) hanno fatto volare l’export italiano. Infatti dal 2009, l’anno che segna l’inizio dell’utilizzo dei fondi europei per la promozione nei Paesi terzi, la quota dell’export è passata da 3,4 miliardi di euro ad oltre 5 miliardi nel 2013, uno scatto davvero importante per il vino italiano. Nel periodo che va dal 2009 sino al 2014 sono state avviate oltre 800 azioni di promozione internazionale e di marketing, per un valore superiore a 700 milioni di euro di investimenti che hanno interessato circa 1500 aziende vinicole e 25 Consorzi di tutela. Un successo dell’Ocm Vino - introdotta nel 2009 e prorogata sino al 2020 - che è stato il tema conduttore del convegno Promozione del vino e del food italiani nei Paesi terzi, promosso dall’Università Sapienza di Roma in collaborazione con la Fondazione Qualivita, A&Elle Consulting e il patrocinio della Società Italiana di Marketing. Sul tema si sono confrontati il Mipaaf, Academia Barilla, Istituto Grandi Marchi, Banfi, Fondazione Qualivita, Consorzio Prosciutto San Daniele.
“L’Europa non significa solo, costrizioni, limiti, vincoli, burocrazia” ha detto il prof. Alberto Mattiacci del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, introducendo i lavori del convegno “L’Ocm vino è stato uno strumento che ha dimostrato la capacità della Pubblica amministrazione (Mipaaf) di utilizzare i fondi europei e la vitalità delle imprese italiane che hanno ottenuto importanti risultati commerciali e di marketing”. Sullo sfondo il nuovo quadro normativo delle politiche promozionali previste dall’Ue che offre, per la prima volta, la possibilità di sviluppare progetti congiunti, fra brand del vino e dell’alimentare, per la promozione nei mercati internazionali. I fondi Ue complessivamente saranno di oltre 850 milioni. La novità è rappresentata dall'alta percentuale di cofinanziamento europeo accordato ai programmi (fino all'80%) e dal fatto che lo Stato membro non dovrà intervenire con fondi nazionali, ma anche che il vino (Dop e Igp) potrà essere associato, per la promozione, agli altri prodotti Ue.
Un'opportunità da cogliere anche dal punto di vista della difesa attiva delle nostre produzioni dal fiorente mercato delle imitazioni, contraffazioni e italian sounding. Se l’Ocm ha funzionato bene per il vino, però le misure per il settore agroalimentare ancora non hanno dato i risultati desiderati. E proprio il quadro di riferimento del sistema di promozione è stato il tema dell’intervento di Paolo Annavini di A&Elle Consulting, società specializzata nell’assistenza alle aziende: “Il nostro settore agroalimentare (33 miliardi di export nel 2013) ha delle caratteristiche identitarie e sistemiche non paragonabili a nessun altro Paese, che spaziano dai livelli primari fino a quelli industriali”. Ma le misure esistenti per la promozione del vino e per i prodotti (ex reg. CE n. 3/2008 e altri) sono contraddittorie “Infatti” continua“se la prima permette di promuovere prodotti e brand con il coinvolgimento diretto delle imprese, la seconda permette solo di promuovere 'concetti' ma non brand e origine, senza nessun coinvolgimento delle imprese e con procedure macchinose”.
Un problema da affrontare considerando che solo il 14% degli europei riconosce i marchi Dop/Igp. Ora, dopo l’approvazione del Parlamento europeo della campagna di promozione nel mercato interno e nel mondo, di prodotti come pasta, pane, cioccolato, birra, sale, mais, prodotti ittici e dell’acquacoltura, ecc. toccherà alla presidenza italiana, dal prossimo luglio, ratificare definitivamente la decisione.
Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola e vicepresidente dell’Istituto dei vini di qualità Grandi Marchi, intervenendo nei lavori, ha evidenziato che “la possibilità di promuovere insieme il vino e il cibo italiano, offre delle nuove opportunità di mercato al made in Italy alimentare, a fronte della globalizzazione crescente dei consumi”. Boscaini ha poi proseguito mettendo in luce le difficoltà dei produttori italiani e del Vecchio Mondo i quali oltre ai consueti competitor del Nuovo Mondo (Australia, Cile, Argentina, ecc.), ora si devono confrontare anche con i Paesi dell’Est quali Ungheria, Moldavia, Romania, Bulgaria. “Da questo punto vista” dice“la dimensione assai ridotta della gran parte delle nostre aziende e i fatturati contenuti, rappresentano una sfida per il nostro vino”. Fabio Giuseppe Lucchesi, avvocato esperto in diritto alimentare, ha evidenziato come i “nuovi marchi collettivi geografici sono diventati i nuovi strumenti di penetrazione nei mercati esteri”, citando l’esempio di 'France Bon Appetit', il marchio che comprende l’universo agroalimentare d’Oltralpe o di Prodotti di Puglia.
Interessante la case history della Barilla negli Usa, presentata da Gianluigi Zenti, direttore dell’omonima Academia. “Negli anni Novanta proponevamo negli Usa pasta di grano duro quando il mercato richiedeva solo grano tenero, oggi l’offerta di quest’ultimo è marginale. Un risultato ottenuto facendo conoscere la nostra cultura gastronomica e i prodotti italiani, investendo in pubblicità e acquisendo aziende locali”. Anche Banfi è stata una vicenda unica nel panorama italiano: Enrico Viglierchio, direttore generale, parlando dell’impiego dei fondi per la promozione ha spiegato che “i nostri fatturati nei Paesi target sono cresciuti del 48% nel quinquennio. Su un fatturato di 68,5 milioni l’export vale 40,5 milioni e ormai rappresenta il 59% del totale. Senza Ocm Vino non sarebbe stato possibile. Ma cosa succederà alla fine del 2020 quando i fondi per la misura cesseranno?” Una domanda che interessa tutta la filiera italiana ed europea. Secondo Viglierchio “visti i risultati andrebbe sicuramente mantenuta”. Un parere, pensiamo, condiviso da molte imprese.
a cura di Andrea Gabbrielli
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 17 aprile. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.ÂÂ