Quattro anni. Sono passati da quando Ferrari Trento è entrata nel mondo della Formula 1 come partner ufficiale, un’intesa che ha entusiasmato tanto il pubblico quanto i piloti, portando le famose bollicine di Trento doc sulle vette più alte del motorsport. Ma, nonostante il brindisi finale sul podio del Gran Premio di Abu Dhabi, celebrato con l’esplosione di bollicine Ferrari, la partnership con la Formula 1 e l’azienda della famiglia Lunelli si chiude. A raccontare al Gambero Rosso la fine di questa avventura è il presidente di Ferrari Trento e amministratore delegato del gruppo Lunelli, Matteo Lunelli, mentre è sull’aereo di ritorno per l’Italia ripercorre con orgoglio i trionfi e le emozioni di una collaborazione che ha coinvolto l’azienda vinicola e lo sport automobilistico.
Finisce la collaborazione tra F1 e famiglia Lunelli
I legami tra la Formula 1 e le bollicine risalgono al 1950, quando Juan Manuel Fangio vinse il Gran Premio di Francia sul circuito di Reims-Gueux e gli fu regalata una bottiglia del vicino produttore Moët&Chandon. Dopo la 24 Ore di Le Mans del 1966, il tappo della bottiglia di champagne del vincitore si aprì spontaneamente, apparentemente a causa del fatto che era stato lasciato al sole. L'anno successivo Dan Gurney ripeté lo spettacolo, e presto i piloti di Formula Uno si unirono all'azione e si misero a spruzzare di abbandono. Moët divenne sponsor ufficiale nel 1966 e, a parte le gare nei paesi in cui l'alcol è vietato, lo champagne fu un appuntamento fisso nei Gran Premi per i successivi 50 anni. Quattro anni fa, tuttavia, la famiglia Lunelli ha spodestato lo champagne come brindisi ufficiale di questo sport. Desiderosi di essere meglio conosciuti a livello internazionale, si sono assicurato un accordo di sponsorizzazione fino al 2025, incoraggiando anche i visitatori nei suoi vigneti – e nel ristorante stellato Michelin in loco – ai piedi scoscesi delle Dolomiti.
Il Ferrari che puoi bere ma non guidare
La storia della partnership Ferrari Trento e Formula 1 è, come sottolinea Lunelli, una storia di grande visibilità internazionale e di successi che hanno segnato un’importante svolta per il brand. Dal 2021, quando Ferrari Trento è diventata brindisi ufficiale della F1, le sue bollicine sono state stappate sui podi dei circuiti di tutto il mondo, da Imola a Montecarlo, da Miami a Las Vegas, fino al Gran Premio di Abu Dhabi dello scorso weekend, che ha sancito la conclusione di una stagione da record. «È stato un percorso straordinario che ha dato enorme visibilità a Ferrari Trento», afferma Lunelli al Gambero Rosso. «Non solo i piloti hanno celebrato con le bollicine made in Italy, ma anche nelle strutture hospitality di tutto il mondo siamo riusciti a far conoscere il Ferrari Trento». Con circa 250mila bottiglie stappate e una presenza costante negli eventi dedicati allo sport automobilistico, la partnership ha ampliato la portata di Ferrari Trento in modo esponenziale, aumentando in modo significativo le esportazioni e il riconoscimento del marchio all’estero, che, a quanto dice il presidente di cantine Ferrari, «sono raddoppiate», ma ci tiene a sottolineare: «Tutto questo è stato possibile grazie a tutto il mio team».
Il successo di questa collaborazione si deve anche a una strategia di marketing particolarmente mirata e a una presenza costante nei Gran Premi, e nei principali luoghi di ospitalità delle città in cui erano presenti gli eventi. La Ferrari lounge al Four Seasons hotel di Las Vegas durante il Gran Premio, dove le bottiglie di Ferrari Trento erano servite in ogni camera, è solo uno degli esempi di come il marchio trentino sia riuscito a integrarsi nei contesti di lusso e a valorizzare la sua identità. Lunelli non nasconde la soddisfazione; la presenza nei circuiti è stata un’occasione per raccontare la storia del brand, con particolare attenzione a valorizzare il territorio di Trento, tanto che Ferrari Trento ha sempre enfatizzato, con orgoglio, la parola “Trento” dopo Ferrari, per evitare qualsiasi confusione con il mondo della scuderia automobilistica.
Ferrari Trento ha inoltre raccolto oltre 180mila euro grazie alla vendita all’asta delle bottiglie autografate dai piloti sul podio, destinando i fondi a realtà quali Make a Wish, Race Against Dementia, Keep Fighting, Senna Foundation, Keep Memory Alive, Croce Rossa Internazionale e alla Protezione Civile dell’Emilia-Romagna. Un impegno che ha mostrato come Ferrari Trento non fosse solo uno sponsor ufficiale, ma una realtà che ha saputo restituire valore al mondo che l’ha accolta. La fine della partnership con la Formula 1 non segna una battuta d’arresto per Ferrari Trento, anzi, apre la strada a nuove opportunità. «Non c’è amarezza per la fine di questa avventura, ma grande soddisfazione per quello che abbiamo costruito insieme», afferma con un sorriso Lunelli. «Abbiamo visto crescere la Formula 1 a livello globale e anche noi siamo cresciuti con lei», continua il Ceo di Ferrari Trento. Ma ora, come afferma Lunelli, Ferrari Trento è pronta per concentrarsi su nuovi progetti. «Stiamo puntando a grandi hotel, ristoranti e resort per far crescere ulteriormente la distribuzione del nostro prodotto nel mondo».
E il ricordo che conserverà con gran gioia di questi anni la cantina Ferrari? Lunelli risponde: «Sicuramente la vittoria di Charles Leclerc e la bottiglia tricolore Ferrari, il Ferrari F1 Gran Premio d’Italia Jeroboam, ideato proprio per il Gran premio d’Italia tenutosi a Monza lo scorso settembre, davanti ad un pubblico pieno di gioia per l’attesa vittoria del Cavallino». Non solo per le vittorie, però, la famiglia Lunelli conserverà un emozionante ricordo, ma anche per le amicizie e per un mondo che si è rivelato più grande di quanto avessero immaginato. «Se penso che abbiamo iniziato la collaborazione con la Formula 1 in piena pandemia, quando non sapevamo se tutto sarebbe tornato come prima, oggi posso dire che è stata una scommessa vincente», conclude Lunelli. Finisce un capitolo, ma il Ceo di Ferrari afferma convinto: «Non ci annoieremo. Continueremo a riservare grandi emozioni nel mondo dello sport e dello spettacolo, continueremo ad accompagnare i campioni, è parte del nostro dna».