«Vinnatur conta 300 associati italiani, per un totale di 2.500 ettari e 7 milioni di bottiglie. In più, ci sono i soci che aderiscono dagli altri paesi. È una macchina che nessuno può fermare. Viceversa personaggi come Oscar Farinetti e Riccardo Cotarella continuano ad aggredire questo mondo. Noi ci siamo autofinanziati ricerche e sperimentazioni per capire meglio il nostro mestiere. È un atto di onestà». A parlare senza troppi giri di parole è Angiolino Maule, vigneron e da anni uno dei leader del movimento dei vini naturali. La Biancara, la piccola azienda familiare fondata con la moglie Rosamaria dopo 12 anni di vita da pizzaioli, nasce nel 1988 nella zona collinare di Sorio di Gambellara. Oggi conta 18 ettari, per la gran parte dedicati alla garganega, tipica uva locale e la porta avanti con i suoi figli.
Raccogliamo l’opinione di Maule dopo la recente uscita di Oscar Farinetti che ha colto l’occasione del convegno inaugurale della diciottesima edizione di Mare e Vitovska al Castello di Duino Aurisina per parlare del mondo dei vini naturali. Per Farinetti chi fa il vino naturale è affetto da «figaggine» e la stessa espressione "naturale" sarebbe intrinsecamente «fascista».
Le reazioni a Farinetti
Apriti cielo. I naturalisti hanno subito reagito: il primo, sul Gambero Rosso, è stato Luigi Tecce, vignaiolo campano controcorrente, «stufo di alimentare polemiche e diatribe senza senso». Adesso è la volta di Maule, che non si sforza di nascondere la sua indignazione. «Resto male vedendo questa aggressione che proviene da personaggi illustri che stimo ma che sono ignoranti quando si parla del nostro settore. Ignoranti ma continuano a spaccare i maroni», attacca il fondatore e presidente di Vinnatur, l’associazione che ha lo scopo di unire e rafforzare i vignaioli che vogliono preservare l’identità e l’individualità del vino dall’omologazione che chimica, tecnologia e industrializzazione hanno portato nelle attività vitivinicole. «Noi abbiamo studiato tantissimo e abbiamo bisogno di conoscere ancora di più. Noi lavoriamo sulla prevenzione. C’è tanta invidia. Forse perché stiamo rubando sette milioni di bottiglie al mercato tradizionale e perché siamo arrivati nelle migliori piazze del mondo», assicura Maule. Poi insiste: «È un problema di ignoranza. Lasciatemi fare questo esempio: purtroppo non parlo l’inglese, sono del tutto ignorante in merito, ma non per questo odio gli inglesi o li definirei fascisti o fighetti. Le aggressioni che riceviamo sono solo distruttive. Ti prego di scriverlo: dovrebbero vergognarsi».
Nel vino c'è spazio per tutti
Maule è un fiume in piena. Segno che le parole di Farinetti sono la classica goccia che fa traboccare il vaso. «Negli anni Novanta siamo stati ignorati, offesi e umiliati. Pensano ancora che il naturalista sia quello con la maglia a uncinetto e la barba lunga. Invece noi abbiamo studiato e approfondito. Sono indignato verso questi ignoranti. Si dovrebbero vergognare. Non sanno e danno la colpa agli altri», insiste. Ma come si spiega quest’accusa di ‘figaggine’? «Io parlo per me. Noi lavoriamo sodo in vigna da mattina a sera, senza andare a colpevolizzare i nostri vicini o fare gli altezzosi. A Gambellara ci confrontiamo tutti, non vedo questa figaggine. Sappiamo che nell’annata qualcosa potrebbe andare storto. Ecco perché pratichiamo l’umiltà e ci facciamo in quattro per spiegare il nostro approccio: non è affatto vero che ce la tiriamo. In più, ritengo che nel vino c’è spazio per tutti».
Parola d'ordine: prevenzione
Ma i critici del vino naturale sostengono ancora che i produttori naturalisti fanno il vino in modo approssimativo. Conclusione: non dovrebbe esserci spazio per chi lavora male. Maule contesta radicalmente questi pregiudizi: «In vigna non usiamo pesticidi ma lavoriamo con induttori di resistenza per fare in modo che le piante si difendano da sé». E in cantina? «Serve molta più cura: dobbiamo anche qui lavorare in prevenzione sui probabili problemi a cui andiamo in contro (riduzione, ossidazione, arresti fermentativi, aumenti di volatile ecc.). Ci vuole molto monitoraggio giornaliero, pulizia di cantina e piccole tecniche per migliorare la fermentazione e la conservazione dei vini», precisa.
Poi aggiunge: «Quando c’è l’arresto della fermentazione, i produttori convenzionali mettono alte dosi di solfiti e poi lieviti selezionati che portano a termine il processo. Si tratta di una pratica legale certamente, non lo discuto, ma noi abbiamo scelto un’altra strada: dobbiamo prestare tante attenzioni in più, facciamo i monitoraggi dieci volte di più dei nostri colleghi convenzionali che invece con i lieviti selezionati sono abituati a dormire sonni tranquilli. Insomma, altro che approssimazione, il nostro lavoro è molto più certosino», assicura Maule.
Il vino naturale si chiama così in tutto il mondo
Del resto, continua, «siamo tenuti in considerazione nei grandi ristoranti e nei paesi che hanno maggiore preparazione culturale». Resta il fatto che l'ambigua definizione ‘vino naturale’ disturba molti, non solo Farinetti. Ma se il problema è terminologico, si potrebbe trovare un’alternativa? «Non sono affezionato a questa espressione, chiamiamolo come vogliamo: non mi disturba, ma non tocca a me fare una battaglia sul nome. Però dobbiamo anche tenere presente che in qualsiasi parte del mondo si usa proprio l’espressione ‘vino naturale’», ricorda il fondatore di Vinnatur. Ok, d’accordo, il termine quello è. C’è poco da discettare. Ma come possiamo definirlo questo vino naturale perché tutti capiscano? Maule lo spiega così: «È molto semplice: vino naturale significa no chimica in campagna, no chimica in cantina e poi lavorare tantissimo sulle difese della pianta. Su questo abbiamo fatto tanto studio con l’aiuto delle università. È un modello culturale basato sull’accumulo di tante conoscenze e su tanta sperimentazione».
Studio e sperimentazione alla base
Sperimentazione: sembra la parola chiave. «Pensiamo alla gestione della fermentazione alcolica e malolattica. A volte - racconta - salta fuori che alcuni ragazzi hanno avuto problemi con l’acidità volatile dovuta al fatto che la fermentazione malolattica partiva ancora con la presenza di zuccheri nel vino. Creando una fermentazione alcolica spontanea forte e veloce, si evitano questi problemi, senza ricorrere all'anidride solforosa. Chi mi conosce lo sa: sono malato di voglia di imparare». Quindi aggiunge: «Creiamo il lievito forte raccogliendo uva dieci giorni prima della maturazione, realizziamo una specie di starter (lievito madre) in una situazione di pulizia assoluta. Come ha spiegato bene Louis Pasteur, il paradosso del vino è questo: per fare il vino ci vuole l’aria, anche se l’aria è il principale nemico del vino. Quindi usiamo l'aria per favorire la moltiplicazione cellulare dei lieviti. Noi non vogliamo aprire il sacchetto e mettere nutrimento lieviti o altri prodotti, come fanno tanti convenzionali».
Alla lunga, questa voglia di sperimentare e di imparare qualche riconoscimento lo ottiene. «Un giorno ero in Giappone - racconta Maule - e succede che una bella signora mi vuol regalare una tazza per il tè. Le chiedo: perché questa gentilezza? Perché a me? La sua risposta è stata: perché quando bevo i tuoi vini ho delle emozioni. Ecco: dobbiamo fare un prodotto per creare emozioni, ma non basta la vita per arrivarci». Forse le emozioni sono anche il segreto per raggiungere il gusto di tanti giovani che sempre più riempiono gli eventi dedicati ai vini naturali. «È una faccenda culturale: chi è nato negli anni '50 e ’60 si è rilassato e non vuole più imparare nulla, i più giovani invece vogliono conoscere», risponde Maule.
Niente ghetti per i vini naturali
Nonostante il grande successo tra i giovani, però, c’è chi accusa il mondo del vino naturale di tirarsela un po’. Nascono tanti winebar esclusivamente dedicati a questo prodotto e a qualcuno sembra un messaggio di esclusione. «L’autoghettizazione non mi piace, sono contrario a creare dei circoli chiusi. Ma questo non dipende da me che faccio solo il produttore. Consideriamo pure che stiamo parlando di un 3-4% dei consumatori mondiali. Ancora abbiamo tanta strada da fare. Ma nella mia esperienza il dialogo è molto presente insieme con una buona maturazione delle nostre conoscenze in cantina. Ormai possiamo dire che i vini naturali, benché realizzati senza solfiti, sono capaci di esprimere una buona longevità. Ecco perché non capisco più gli attacchi gratuiti: non possiamo più accettare di essere definiti fascisti», rincara la dose.
Le ragioni di Report
Ma c’è ancora una sassolino nella scarpa. Anzi un sasso, bello grosso. «Farinetti ha preso in giro Report - ricorda il fondatore di Vinnatur - ma io sono per la verità sempre. Se faccio un vino che non mi è riuscito lo devo dire, anche se metto la solforosa. Illustri professori per criticare Report si sono aggrappati a un errore sulla bentonite. Sono piccolezze. La notizia di Report è che ci sono in giro vini prodotti da uve marce e da territori non vocati che alcuni produttori mettono nelle mani degli enologi per tirar fuori un vino buono per i consumatori che non hanno soldi, non hanno conoscenza e accettano di bere un prodotto patinato. Forse è il caso di informarli piuttosto che lasciarli nell’ignoranza, no?».
I veri nemici? I finti naturalisti
A questo punto della conversazione, il punto di vista di Maule è chiarissimo. Ma lanciamo ancora un’ultima provocazione. Qualche appassionato militante cerca ancora i difetti: dice che se non ci sono non è un vino naturale. «I nemici del nostro movimento - Maule va di nuovo controcorrente - sono proprio quelli che apprezzano i difetti. Nei workshop che organizziamo mettiamo in degustazione i vini di tanti produttori. Quelli difettosi saranno 10 su 240. Quando li trovo, prendo il produttore da parte e glielo dico senza giri di parole: se fai così il vino, sputtani tutto il nostro movimento. Il nostro vero nemico non è più il convenzionale ma il finto naturalista: quello che si dice tale ma ha usato comunque la chimica oppure quello che vuole spacciare per pregio ciò che è un difetto. Ma noi dobbiamo andare avanti: nel nostro movimento non c’è un punto di arrivo». Parola di Angiolino Maule, vignaiolo naturalista.