Un’analisi paese per paese sull’importazione di vino in Brasile nel 2012 fa emergere come per l’Italia ci sia poco da ridere. Contrariamente ai quattro anni precedenti, in cui il mercato del vino importato è cresciuto in media del 13,5% l'anno, nel 2012, il risultato è stato trascurabile, con solo il 1,56% di crescita in termini di valore (USD) e solo 1,11% in volume, superando i $ 297.000.000 di valore i e 77 milioni di litri. Questa crescita poco significativa ha avuto luogo per tre motivi: il movimento per creare gli ostacoli all'importazione ha creato un ambiente di insicurezza e di incertezza; la svalutazione del real del 37.37% contro il dollaro e del 25,15% contro l'eur; una flessione del mercato.
Per questa valutazione utilizziamo i dati consolidati dei tre segmenti più significativi (vini, champagne e spumanti) aggregati in una singola analisi:
Cile. Presenta ancora una volta la leadership assoluta d’importazione, con una sorprendente crescita del 9,86% in valore e del 12,87% in termini di volume, e un aumento della sua quota di mercato del 31,48% in valore e del 39,72% in volume. Questo contraddice le previsioni negative che il Cile avesse già raggiunto il suo picco e che avrebbe subito a breve una leggera flessione. La sua egemonia si rafforza nelle principali catene di supermercati e grandi importatori che credono nel prestigio e nella crescita della categoria dei vini di prezzo fino a 25 reais (8 euro) per il consumatore finale.
Argentina. Come negli anni precedenti, ha mantenuto la seconda posizione nel mercato con una quota di mercato del 20,05% in valore e del 20,38% in volume. Tuttavia, ha mostrato una lieve diminuzione del 5,10% in valore e del 13,61% in volume, accompagnata da un aumento del costo medio del 8,73%. Dobbiamo anche far notare le gravi misure adottate dal Ministero della Pubblica Ecomomia Finanzas e Argentina da Resolución 142/2012, che non consente agli esportatori di finanziare le loro esportazioni al di là di 90 giorni, e costringe gli importatori brasiliani a lavorare con scadenze di pagamenti inferiori. In un mercato che si muove anche attraverso le opportunità, è evidente che c'è stato un trasferimento delle stesse ai vini del Cile, che non hanno subìto nessun l'interventismo statale.
Francia. Inserendo gli Champagne e gli spumanti nell'analisi, la Francia è al terzo posto (Champagne rappresenta il 46,51% delle esportazioni francesi verso il Brasile). La sua performance è cresciuta del 3,33% in valore, considerando che i vini francesi hanno avuto un aumento reale del 5,27%. Ha una fetta di mercato del 14,93% in valore e del 5,63% in volume.
Portogallo. Continuando nella sua tradizione di realizzare sempre un risultato positivo, nel 2012 non è stato diverso, aumentando la sua quota di mercato e raggiungendo il 12,11% in valore ed il 12,18% in volume. È cresciuto solo del 2,26% in termini di valore, ma con una significativa crescita del 11,26% in termini di volume (con una riduzione del 8,46% del costo medio di vino).
Italia. Da alcuni anni l'Italia lotta a stretto giro con il Portogallo per la quinta posizione, ma nel 2012 ha subìto la peggiore performance tra i principali esportatori (in calo del 15,64% in termini di valore). Purtroppo ancora una volta dobbiamo sottolineare come i produttori italiani guardino al Brasile soprattutto come un mercato dove far fuori le proprie scorte di vino a basso prezzo e non come un mercato dove investire, fare brand e pensare a medio-lungo termine. Partecipa in termini di valore con l’11,76% e con il 13,73% in volume.
Spagna. Il paese iberico segue galoppando nel mercato ed è cresciuto del 16,14% (stanno conquistando il mercato degli italiani?). Quel che è certo è che i vini spagnoli, che fino a qualche tempo fa erano difficili da trovare, sono di giorno in giorno più presenti nella vendita al dettaglio. Tra l'altro stanno investendo qui in Brasile per restare e non solo per eliminare gli stock. La sua performance è stata del 5,43% in valore e del 4,36% in volume.
Altri Paesi. In totale sono solo il 4,24% in valore. In questo gruppo sono cresciuti il Sud Africa (+41.72%), l’Uruguay (+6,92%) e gli Stati Uniti (+13,58%); caduta l’Australia (-14,09%), la Nuova Zelanda (-60,42% ) e la Germania (-57,20%).
a cura di Nicola Massa