Il futuro del vino: Export e sostenibilità
Export e sostenibilità dovranno andare necessariamente sempre più a braccetto nel mercato dei vini del futuro. Perché è anche su questi due elementi, oltre ai canali della distribuzione moderna, dell’Horeca e dell’enoturismo, che si baserà il destino del comparto vitivinicolo italiano. Il primo, l’export, è una valvola di sfogo indispensabile per metà delle produzioni nazionali, che quest’anno – grazie alla rapida ripresa dei mercati – potrebbero raggiungere e superare per la prima volta la quota di 7 miliardi di euro, mentre il secondo rappresenta – e rappresenterà sempre più – il valore aggiunto delle produzioni Made in Italy.
Il Gambero Rosso ha colto l’occasione per porre al centro dell’attenzione questi due temi, declinandoli in parallelo, in occasione del lancio della Guida Vini d’Italia 2022 (giunta alla 35esima edizione), e mettendo a confronto esponenti del mondo della politica, del trade, della stampa internazionale, rappresentanti delle imprese, del credito e del sociale, in due distinti talk show che, a Roma, hanno animato la due giorni di premiazione e degustazione dei Tre Bicchieri 2022.
“Abbiamo analizzato e raccontato l’evoluzione e la crescita dell’enologia italiana per 35 anni al fianco delle cantine italiane” ha detto il presidente Paolo Cuccia, che ha moderato gli incontri. “L’investimento che produttori ed enologi hanno compiuto sulla qualità è sempre più riconosciuto anche in termini di prezzi, che però non sono ancora sufficientemente adeguati rispetto al complesso lavoro di produzione e di promozione che contraddistingue questo settore. Il prossimo step per innalzare ancora di più il prestigio del vino made in Italy è la sostenibilità che oltre ad essere un impegno imprescindibile per la salvaguardia dell’ambiente e dei lavoratori, può costituire una fonte di ulteriore di differenziazione per i produttori eccellenti italiani rispetto a concorrenti e Paesi con minore esperienza e sensibilità, contribuendo quindi anche alla sostenibilità economica.”
Dalla Germania al Giappone si riparte
Con esportazioni che a luglio 2021 hanno sfiorato i 4 miliardi di euro e che viaggiano verso quota 7 miliardi entro dicembre 2021 (fonte Osservatorio Uiv e Ismea), è tornato l’ottimismo tra i produttori vitivinicoli italiani che, con l’incremento delle vaccinazioni e le riaperture di tutti i canali commerciali, guardano fuori confine per agganciare la ripartenza. E segnali positivi arrivano da diversi mercati che, anche nei periodi più difficili del lockdown, non hanno voltato le spalle al made in Italy vitivinicolo.
Lo ha sottolineato Veronika Crecelius, giornalista tedesca di Meininger-Weinwirtschaft, evidenziando, da un lato, che in questo momento “si vendono meglio i vini che costano di più” e, dall’altro lato, che “il vino italiano è stato venduto sia online sia in Gdo, con crescite più alte per i valori rispetto alle quantità”. A fronte di prospettive per il consumo globale di vino che sono stimate in aumento, la Germania “berrà un po’ meno ma meglio, spendendo di più”, ha osservato Crecelius, mettendo in evidenza le potenzialità di questo mercato: “Ancora oggi una percentuale tra 30% e 40% di persone non beve vino. Ed è questo un target da tenere presente e a cui trasmettere i valori del piacere e della cultura del bere responsabile, che potrebbe essere interessato anche alla nuova categoria dei vini dealcolati”.
Per quanto riguarda l’estremo oriente, in Giappone, è Masakatsu Ikeda (giornalista di Saporita) a parlare di ripartenza: “Solo dallo scorso primo ottobre i giapponesi possono andare nuovamente al ristorante. E le crescite migliori sembrano essere proprio quelle registrate dai locali italiani, come sta avvenendo a Tokyo”. Il made in Italy vitivinicolo, in questo mercato, sembra essere uscito bene dagli effetti del lungo periodo di lockdown: “Le vendite di vini italiani” ha sottolineato Ikeda “hanno registrato un +40% circa, dimostrando ancora una volta come gli stili di vita dell’Italia rappresentino un forte attrattore per i giapponesi alla ricerca di prodotti di qualità e lifestyle".
Anche il Gambero torna a portare il vino nel mondo
Anche il Gambero Rosso, con l’allentamento delle misure di contenimento della pandemia, ha ripreso a viaggiare nel mondo coi suoi tour. “Abbiamo, da subito, riscontrato un fortissimo interesse da parte dei consumatori dei Paesi in cui abbiamo fatto tappa” ha spiegato l’Amministratore delegato, Luigi Salerno “ma anche la volontà degli imprenditori italiani di riconquistare quelle piazze. Il vino, del resto, si può comunicare certamente attraverso il canale digitale ma, poi, c’è bisogno del contatto fisico tra buyer e produttore”. Dopo Russia e Regno Unito, le prossime tappe per i tour del Gambero Rosso saranno Scandinavia, nuovamente Ucraina e Stati Uniti: “Anche in quei territori meno battuti ma con grandi potenzialità”, ha concluso Salerno. “I dati delle esportazioni sono molto interessanti e questa ripresa” ha aggiunto Francesco Ferreri, componente della Giunta nazionale della Coldiretti “si deve anche ai produttori italiani che sono andati in giro per il mondo, in tutti questi anni, a raccontare e proporre qualcosa di bello e di buono. È chiaro che occorre consolidare il nostro posizionamento investendo in ricerca, qualità, promozione e informazione, sapendo che la pandemia ha modificato il mercato, ha cambiato la società, i consumatori e le loro sensibilità. Inevitabilmente, cambierà anche il modo di raccontare e di bere il vino. E le oltre 500 denominazioni italiane, in questo senso, rappresentano un valore sicuro su cui investire”.
“Attenzione agli attacchi”: l’allarme di Centinaio
Tuttavia, proprio le denominazioni italiane sono in questo momento sotto attacco, come ha ribadito nel suo intervento via web il Sottosegretario Mipaaf con delega al vitivinicolo, Gian Marco Centinaio: “Sia sul fronte dei tentativi di imitazione, come è il caso del Prosek croato, sia in materia di rapporto tra vino e salute. C’è, infatti, una tendenza, in Europa e a livello mondiale, a far passare il concetto che il consumo di vino e di alcolici provochi il cancro”. L’Italia, dal canto suo, è fortemente impegnata a fermare questa pericolosa deriva “unendo al concetto di bere moderato quello della qualità e bontà del prodotto vino e dei suoi territori”. Nonostante un clima poco favorevole, le prospettive future restano, per Centinaio, ottimistiche e la prova è data dal +7,5% dei consumi di vino in Italia, a fronte del -3% registrato a livello mondiale, nel periodo acuto della pandemia. Un’iniezione di fiducia arriva anche dall’alta qualità della vendemmia 2021, malgrado il calo in volume. “Sono convinto” ha concluso l’ex ministro “che la grande professionalità dei nostri produttori e il generale livello qualitativo del vino made in Italy siano un bel biglietto da visita che ci permetterà di superare tutte le difficoltà e gli ostacoli che qualcun altro vuole imporci”.
Si torna a investire in tecnologia ed enoturismo
Se gli attacchi alle Dop italiane e gli alert dell’Oms sul consumo di alcolici e di vino rappresentano elementi di criticità di cui bisognerà tenere conto per l’immediato futuro, è anche vero che il percorso del vino italiano sui mercati esteri ha ripreso quell’iter virtuoso che lo aveva caratterizzato nel pre-pandemia.
“I dati positivi dell’export della prima metà del 2021 non mi sorprendono più di tanto”, ha dichiarato il presidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti “anzi danno conferma di quanto di buono era stato fatto nel pre-Covid”. Elementi incoraggianti arrivano anche dalle azioni messe in campo per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici: “Il sistema italiano è all’avanguardia, le imprese hanno iniziato a investire in tecnologia da molti anni, a differenza di altri comparti dell’agricoltura che ci stanno arrivando solo adesso. Dovremo lavorare” ha aggiunto Giansanti “anche sulle New breeding techniques per sfruttare le occasioni in materia di sostenibilità”.
Infine, sull’enoturismo, che ancora una volta vede il vino abbastanza pronto per l’esame dei mercati: “Chi oggi riesce a fare incoming di buyer e consumatori ha un notevole vantaggio. Alcuni territori sono all’avanguardia, ma non lo è ancora tutto il territorio italiano. I produttori” ha concluso il presidente di Confagri “dovranno capire che questo modello di valorizzazione del territorio attraverso l’enoturismo diventerà un dirompente driver economico del futuro, assieme al mondo del digitale, in grado di veicolare conoscenze e raggiungere clienti lontani”.
a cura di Gianluca Atzeni
foto di Francesco Vignali
La versione completa di questo articolo, con le riflessioni su tecnologia, enoturismo e sostenibilità è stata pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 21 ottobre 2021
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