Un’altra campagna elettorale, un altro annuncio roboante. Questa volta, l’ex presidente Donald Trump, in corsa per le nuove elezioni, promette di dare vita alla «più grande deportazione della storia americana», un piano che, se attuato, rischia di travolgere settori chiave dell’economia, in particolare l’agricoltura e il vino (a dispetto delle intenzioni dello stesso Trump di difendere i prodotti locali dalle importazioni). Ma cosa succederebbe davvero? Il San Francisco Chronicle ha intervistato esperti, legislatori e viticoltori, tratteggiando un quadro inquietante per le regioni vitivinicole californiane, che da sempre si affidano a una manodopera formata da immigrati, molti dei quali irregolari. Inoltre, la rielezione di Trump non tocca solo la vita di chi lavora nei vigneti californiani: potrebbe anche riaprire il capitolo dei dazi sui vini europei, minacciando l’export enologico italiano e francese verso gli USA.
Una promessa catastrofica per l'industria vinicola
Anabel Garcia, contadina nella contea di Sonoma, ha vissuto in prima persona le difficoltà di chi lavora nei vigneti californiani. Dopo essersi trasferita dalla regione messicana di Michoacan nel 2002, ha passato anni nelle vigne insieme al marito, anche lui bracciante e malato di cancro, ma costretto a continuare a lavorare durante la pandemia per mantenere la famiglia. Ora Garcia teme che, se Trump dovesse essere rieletto, potrebbe perdere il suo lavoro e rischiare la deportazione. «Gli immigrati stanno già subendo molte discriminazioni», ha dichiarato Garcia al quotidiano californiano, «E tutti quei lavoratori essenziali durante la pandemia? Ora Trump vuole espellerli».
In occasione di un comizio a inizio mese ad Atlanta, Trump ha ribadito l’intenzione di attuare una deportazione di massa contro gli oltre 11 milioni di immigrati irregolari presenti negli Stati Uniti, minacciando la loro espulsione “immediatamente dopo aver prestato giuramento”. La promessa non è nuova: già nel 2016, l’ex presidente aveva ipotizzato di deportare milioni di immigrati, senza però riuscire a concretizzare il piano. Stavolta, tuttavia, Trump appare intenzionato a farne un punto centrale della sua campagna, con l’appoggio di figure influenti come il senatore J.D. Vance, che vede negli immigrati una delle cause della crisi abitativa e delle difficoltà economiche.
Il timore dei lavoratori agricoli
Ma cosa comporterebbe una deportazione di massa per l’economia californiana? Secondo il San Francisco Chronicle, gli esperti del settore sono concordi: sarebbe una catastrofe. In California, il 75 per cento della manodopera agricola è composta da immigrati irregolari, con punte ancora più alte nelle regioni vinicole della Napa Valley e di Sonoma. «Non c'è modo che la Napa Valley possa sopravvivere a quel tipo di deportazione» afferma Doug Boeschen, proprietario di Boeschen Vineyards. Per Boeschen e molti altri, i braccianti qualificati sono insostituibili: abituati a lavorare negli stessi vigneti per anni, conoscono le vigne e garantiscono quella cura manuale che è alla base della qualità dei tanto famosi vini californiani.
Le alternative: meccanizzazione e visti H-2A
La meccanizzazione, indicata da alcuni come possibile soluzione, sembra però poco praticabile nelle regioni più prestigiose, dove i produttori delle grandi maison vinicole evitano le macchine per mantenere elevati standard di qualità. Anche l’utilizzo dei visti h-2a (un visto stagionale molto comune trai lavoratori agricoli) è visto con scetticismo: sebbene siano ampiamente impiegati nelle aree di produzione industriale della Central Valley, il loro costo elevato e la burocrazia scoraggiano molti viticoltori più piccoli. «Un lavoratore h-2a non qualificato non farà un buon lavoro come uno che ha fatto quel tipo di lavoro per cinque o dieci anni» ha spiegato Ed Kissam, esperto di politiche agricole, sottolineando come l’esperienza sia fondamentale per mantenere gli standard di qualità.
Curiosamente, tra i sostenitori di Trump ci sono anche molti agricoltori californiani, che apprezzano le sue posizioni conservatrici ma temono di dover rinunciare alla propria forza lavoro. Steve McIntyre, agricoltore e sostenitore di Trump, ha ricordato il clima di paura che il primo mandato dell’ex presidente aveva suscitato nella comunità dei braccianti agricoli, con lavoratori che evitavano anche solo di uscire di casa. «Le stazioni in lingua spagnola trasmettevano istruzioni come: “Non aprite la porta senza un mandato”», racconta McIntyre. Oggi, molti agricoltori si trovano a dover scegliere tra il sostegno alle politiche conservatrici e la sopravvivenza delle proprie aziende. Nonostante le paure, c’è chi ritiene che la minaccia di Trump non sia così seria come sembra. Alcuni esperti, tra cui lo stesso McIntyre, vedono le promesse di deportazione come "solo spacconata e bluff".
Minaccia reale o retorica elettorale?
La logistica di una deportazione di massa è quasi impossibile, con una stima di 10 milioni di persone da identificare, radunare e rimpatriare. «Come si fa a radunare 10 milioni di persone? Forse li farà volare con la Trump Airlines», ironizza il deputato democratico Mike Thompson. Anabel Garcia, come molti altri braccianti, è divisa tra paura e speranza. La sua vita è in California, dove lavora e paga le tasse, e i suoi figli frequentano l’università. Ma l’ombra di una nuova amministrazione Trump getta un velo di incertezza sulla sua famiglia e il suo futuro. «La mia vita è qui. Lavoro qui, pago le tasse qui e faccio fatica a portare il cibo in tavola ogni giorno» dice con indignazione Garcia. «Avere un presidente che prende in giro i latinos e gli immigrati è un'ulteriore difficoltà».
Non è ancora chiaro se Trump riuscirà a realizzare il suo piano. Molto dipenderà dalla composizione del Congresso, che potrebbe ostacolare l'implementazione di politiche drastiche. Ma, come sottolinea la deputata Zoe Lofgren, «ho imparato nel corso degli anni a prendere Trump in parola. Quando dice che ha bisogno di fare qualcosa, generalmente intende farlo». Il futuro della viticoltura californiana sembra quindi appeso a un filo: una promessa elettorale o una minaccia concreta? Qualunque sia la risposta, per i viticoltori e i braccianti californiani il futuro appare più incerto che mai.