La Poja prima ancora che essere un vino è un luogo, un’idea visionaria, il punto di incontro tra le colline della Valpolicella, la Valdadige e il basso Garda. Nel 1979 Giovanni Allegrini pianta il cocuzzolo della collina La Grola a 320 metri di altitudine ricavandone un vigneto cinto dai cipressi di 3 ettari scarsi a forma di triangolo, su un abbacinante suolo calcareo. Contrariamente a quanto avviene per le vigne dedicate in zona ai i vini a denominazione, ricorre unicamente alla corvina e rinuncia alla tradizionale pergola realizzando un modernissimo (per l’epoca e le tradizioni) vigneto a guyot. Con la vendemmia 1983 vede la luce il nuovo vino e da allora La Poja rappresenta una delle etichette iconiche della Valpolicella. Abbiamo avuto la fortuna di assaggiarne alla cieca 7 edizioni servite in magnum e queste sono le nostre impressioni.
La degustazione
2018 - 95
Veste rubino intenso ma non coprente, naso di grande e quasi inaspettata freschezza, se la ciliegia selvatica è protagonista le note floreali incalzano e sembrano voler prendere possesso del palcoscenico. In bocca il vino appare insolitamente sottile e perfettamente appoggiato alla spinta acida, quasi un ritorno al passato stilistico, molto sulla verticalità senza per questo assottigliarsi troppo. Alla sala è piaciuto molto ma più di qualcuno ha sottolineato questo profilo fin troppo nervoso che invece abbiamo trovato non solo interessante ma anche fedele a ciò che La Poja era in passato. Calice che promette evoluzione elegante e nervosa
2016 - 94
La quintessenza per chi ama La Poja degli ultimi vent’anni. Intensa fin dalla veste compatta color rubino che anticipa un corredo aromatico che coniuga intensità, maturità e carattere. Il frutto selvatico trova nelle note di spezie e fiori macerati una sferzata di freschezza. In bocca il vino offre un profilo solido, succoso, con acidità e tannini che si combinano alla perfezione e conferiscono al sorso compattezza e dinamismo.
2013 - 92
Un recente assaggio dell’Amarone di casa della medesima annata lasciava immaginare una grande versione de La Poja. Il risultato, forse influenzato dalle alte aspettative, è stato leggermente inferiore alle attese. I profumi appaiono incentrati su un frutto piuttosto maturo e dolce che lascia poco spazio alle note floreali. Più evidente invece la componente speziata tipica della corvina che nel 2013 si manifesta più come chiodo di garofano che pepe nero. All’assaggio il vino rivela energia e pienezza ma tende a mettere in luce un rapporto non ancora risolto fra densità e tensione acida.
2009 - 94
Forse la sorpresa della degustazione, non tanto per il risultato assoluto ma per come il vino abbia risposto alle sollecitazioni di una annata torrida. Avvicinando al naso il calice si avverte immediatamente un bouquet giustamente evoluto, con il frutto rosso maturo che intreccia i fiori secchi e una vena speziata appena accennata. In bocca emerge la componente officinale a riportare freschezza e il vino si distende con grazia e agilità nonostante la potenza grazie alla presenza di acidità e della vitale spinta sapida.
2006 - 88
A fronte di un’annata dai parametri pressoché perfetti, un’evoluzione che invece ha convinto meno. I profumi presentano già qualche sfumatura che senza dichiararsi ossidativa ne ricorda però la prossimità, il frutto è dolce, carnoso e contornato da note vagamente ematiche e di spezie dove al caratteristico sentore di pepe si sostituisce la cannella e la radice di liquirizia. In bocca la pienezza del sorso, sottolineata dal calore alcolico, si infrange su una chiusura un po’ brusca.
2001 - 97
A dir poco magico il momento evolutivo di questo vino. Freschezza e maturità si inseguono e si accavallano in un quadro aromatico articolato. Il frutto appare dolce e carnoso, i fiori secchi lasciano trasparire le note balsamiche, il pepe nero, vero leitmotiv della corvina, porta in dote dinamismo e leggerezza. All’assaggio il sorso non è da meno mettendo in luce solidità, agilità e carattere da incorniciare. Per chi ama i vini non nella loro fase giovanile ma nella piena maturità è praticamente perfetto.
1997 - 95
Un tuffo in un mondo che oggi appare fin troppo lontano. Presentata come un’annata molto calda fa sorridere incrociare i dati di quella lontana vendemmia con quelli delle ultime annate in Valpolicella. 2022, 2017 o 2015 fanno impallidire il “calore” della 1997 che oggi potrebbe essere archiviata quasi come annata fresca. Al naso il vino appare timido, quasi restio a concedere i suoi aromi e solo dopo qualche istante di ossigenazione nel calice ecco il frutto appassito, i fiori e le erbe officinali secche che lasciano gradualmente spazio alle sfumature minerali e di terra umida. In bocca la pienezza del sorso trova spalla più nella presenza acida che in quella tannica e il vino risulta lunghissimo e raffinato.
La sequenza di assaggio ha permesso di attraversare completamente due decenni in cui la Valpolicella ha messo in luce la vocazione a fare vini sempre più ricchi e strutturati ma l’assaggio dei vini più recenti, in particolare modo La Poja 2018, ha rivelato come le aziende più accorte stiano tornando a valorizzare il talento delle uve della tradizione e del proprio territorio. A dispetto di dati analitici molto simili fra una vendemmia e l’altra, si è notato proprio come dalla ’97 in poi i vini abbiano acquisito via via sempre maggior ricchezza e densità ma a partire dalla '16 si sia invertita la tendenza. Il legame fra ’97 e ’18 appare solido e virtuoso e volto alla valorizzazione del profilo aromatico e gustativo della corvina.