Ecco A.Vi.To. La Toscana cambia passo e ora vuole il suo 'Vinitaly'

11 Mar 2016, 10:30 | a cura di

Sedici consorzi di tutela, 5 mila imprese, un miliardo di euro di fatturato. Una svolta storica per la gestione delle politiche vitivinicole regionali. Intanto spunta l'idea di un VinTuscany, un grande evento che sostituirà Anteprime e Buy wine.

Se non è una rivoluzione, poco ci manca. Perché nell'anno in cui la Toscana si appresta a registrare il record assoluto dell'export di vino (oltre 920 milioni nel 2015), molti tasselli che costituivano l'ossatura del sistema regionale stanno cambiando, in funzione di un'apertura più decisa verso i mercati globali.

 

Benvenuto A.Vi.To

La nascita dell'Associazione vini toscani Dop e Igp, A.Vi.To, è uno di questi. Uno dei più importanti, sicuramente, perché per la prima volta prende il via un percorso comune tra grandi e piccoli consorzi che per anni, anzi per decenni, si sono occupati del proprio territorio, dei propri prodotti, con minore o scarsa attenzione alla collaborazione e alle sinergie. La firma apposta il 9 marzo a Firenze, davanti al notaio Rosanna Montano, da 16 presidenti di rispettivi Consorzi di tutela significa che da ora in avanti la politica regionale, e in parte anche nazionale, la pubblica amministrazione e le organizzazioni di categoria avranno un unico interlocutore per tutto ciò che riguarda il mondo del vino.

 

La struttura

Un organismo unitario che rappresenta 16 consorzi (Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Morellino di Scansano, Nobile di Montepulciano, Bolgheri, San Gimignano, Maremma Toscana, Colli Senesi, Chianti Rufina, Montecucco, Cortona, Colli Fiorentini, Valdichiana Toscana, Orcia, Valdarno di Sopra), 5 mila imprese, 20 mila addetti, una propensione all'export del 70% e un fatturato stimato in un miliardo di euro. A.Vi.To avrà sede a Firenze, presso il Consorzio del Vino Chianti, il più 'politico' tra i consorzi, avrà un presidente a rotazione, il primo è Fabrizio Bindocci (Brunello di Montalcino), che durerà in carica un anno; il vice è Luca Sanjust. “Nessuna gerarchia, perché il cda di Avito è formato dall'intero corpo sociale”, come spiega Giovanni Busi, numero uno del Consorzio vino Chianti a cui va riconosciuto il merito di averci creduto tra i primi, soprattutto quando il vino toscano ha tremato di fronte alle regole del Piano di indirizzo territoriale della Regione. L'idea è maturata in quel momento.

 

Come è nato

Era l'estate 2014, e i Consorzi toscani si ritrovarono a raccogliere firme per far valere interessi comuni, sviluppando così l'idea che sia meglio parlare con una sola voce. Una comunione d'intenti che è stata decisiva per la più recente questione ungulati, che ha portato all'adozione del Consiglio regionale di una specifica legge obiettivo. Tra i primi compiti di A.Vi.To, per l'appunto, ci sarà il monitoraggio dei criteri applicativi di questa legge. “Quando si parla tra imprenditori si parla una sola lingua. Sederci attorno a un tavolo è stato utile” dice Busi “perché siamo consapevoli di poter fare qualcosa di importante tutti assieme”.

 

Gli obiettivi

Tra gli obiettivi dell'associazione non ci sono solo tutela e rappresentanza degli interessi di categoria, ma anche l'elaborazione di nuove strategie di promozione. I motivi li chiarisce bene Fabrizio Bindocci: “Solo muovendoci come sistema riusciremo a tutelare i nostri territori e ampliare e consolidare i mercati in un momento di forte competizione. Siamo una squadra che unisce due fattori unici ed eccezionali: il brand Toscana e le singole denominazioni, che sono marchi riconosciuti a livello internazionale”. Ampliare e consolidare i mercati, quindi, con l'occhio a quelli orientali. Allo stesso tempo, promuovere la Toscana nel mondo. Partendo dagli eventi sul territorio toscano e da un cambiamento nella formula proposta.

 

Il progetto VinTuscany

L'idea di un VinTuscany che sostituisca, e sintetizzi quanto proposto oggi da Anteprime e Buy Wine, è più che mai concreta. “Di un evento unico sul vino con tutti i Consorzi parlammo due anni fa” ricorda Busi “ma poi alcuni non hanno voluto. Quindi, ho rilanciato la palla durante l'ultima anteprima del Chianti”. E qualcosa si è mosso. L'assessore regionale all'Agricoltura, Marco Remaschi, non ha escluso che si possa fare un Vinitaly toscano: “L'idea è buona, è una sfida, che deve essere approfondita e di cui dobbiamo parlare insieme e confrontarci con consorzi, organizzazioni professionali, produttori e giunta regionale”.

Il VinTuscany sarebbe un evento da tenersi preferibilmente a febbraio, a Firenze, nella Fortezza da Basso oppure nei locali della Manifaturra Tabacchi, della durata di tre giorni, che darà la possibilità a importatori, buyer, giornalisti e anche al grande pubblico di conoscere e degustare direttamente tutti i vini regionali. “L'idea è conciliare le varie iniziative sui territori e la formula del Buy wine. Per noi imprenditori” spiega Busi “è decisivo il rapporto con gli importatori. Molti dei fondi Ocm, lo ricordo, sono usati oggi per fare incoming dall'estero. Ma è importante anche il grande pubblico. In quest'ultima Anteprima, per esempio, abbiamo notato che i consumatori hanno risposto molto bene alla possibilità di interagire direttamente con noi produttori”. Saranno poi le singole aziende, se interessate, a organizzare e curare l'ospitalità di chi vorrà eventualmente spostarsi nei territori.

 

Le nuove strategie di promozione

Di fatto, si profila un cambio di passo nelle strategie promozionali. Non si sa ancora se il VinTuscany potrà essere operativo già dal 2017: “Se fosse così occorrerebbe iniziare a organizzarsi già da domattina”, risponde Busi. Intanto, se ne discute.

Questo nuovo corso della filiera regionale del vino, mai così unita prima d'ora, fa il paio con la decisione della giunta guidata dall'anti-renziano Enrico Rossi di togliere la competenza sul vino all'agenzia regionale Toscana Promozione, che ora si occuperà di turismo. Ma anche con la (ri)nascita dell'Enoteca Italiana di Siena, affidata da poche settimane all'ex assessore all'agricoltura della Regione, Gianni Salvadori: “Per quanto riguarda un VinTuscany, ritengo che i tempi siano maturi e che ci siano le condizioni per farlo. La Toscana ha la qualità e gli strumenti per un passo del genere”, dice. Sui rapporti con A.Vi.To, Salvadori auspica collaborazione: “La sua nascita è un passaggio necessario e penso che il modo unitario col quale i consorzi hanno deciso di presentarsi sia strettamente legato alla volontà di dialogare coi grandi mercati internazionali. Spero di collaborare in maniera proficua con loro, perché l'obiettivo comune deve essere la promozione del nostro vino e del territorio”. Lo si saprà tra qualche mese, appena Enoteca di Siena completerà la squadra che supporterà il programma: “Saranno 5-6 persone di grande esperienza, non necessariamente toscane”.

 

Il mercato internazionale

La sfida che attende A.Vi.To è grande, come sono fortissimi i concorrenti che le produzioni toscane devono fronteggiare sui mercati, dal Cile all'Australia, dalla Francia alla Nuova Zelanda. “C'è bisogno di più risorse perché oggi occorre essere contemporaneamente in tutte le parti del mondo. L'unione dei consorzi va in questa direzione, perché potremo presentarci assieme con grandi e piccole denominazioni”, conclude Busi. I fondi europei non mancano e vanno gestiti bene: “In due tranche ci sono circa 200 milioni per la promozione sui mercati terzi. Stando insieme” ha ricordato l'assessore Remaschi “è più facile cogliere queste opportunità”.

 

L'esperienza del Veneto

Attenzione, però, a non disunirsi. Lo sa bene chi, come Arturo Stocchetti, guida da qualche anno il superconsorzio dell'Unione consorzi vini veneti (Uvive), in rappresentanza di 21 consorzi di una regione che vanta il primato produttivo italiano: “Gli amici toscani hanno fatto un passo importante. Ora potranno parlare con una voce unica e condivisa. Servirà, come accaduto per noi di Uvive, ad essere considerati principali interlocutori per il vino. Lo si è visto di recente col caso Pinot Grigio. Ne trarranno vantaggio anche i consorzi più piccoli, soprattutto sul fronte promozione. In generale, associazioni come questa devono sedere ai tavoli che contano, in modo che le decisioni non vengano calate dall'alto dalla politica. L'importante è che tutti facciano la propria parte, altrimenti si cade nell'anonimato”.

 

a cura di Gianluca Atzeni

foto in apertura: ph_farabolafoto

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 10 marzo

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