A Karlsruhe, sede della Corte Costituzionale tedesca, sta andando in scena una pièce economica di rara originalità. Si discute di politica monetaria e della legittimità, sulla base dei trattati della Eu e della Magna Charta tedesca, del programma OMT, cioè le cosiddette Outright Monetary Transactionsche altro non sono che i potenziali acquisti di titoli di stato di un paese membro per quantitativi illimitati, nel caso di un attacco alla moneta unica da parte della speculazione finanziaria. È il mondo con il quale la Bce di Mario Draghi, che è un prestatore di ultima istanza atipico, si è dotata dell’armamentario necessario per poter “spezzare le reni” alle strategie ribassiste sulla moneta unica finalizzate a farla implodere.
La crisi finanziaria che colpisce al cuore l'eurozona, aggiunge benzina al fuoco già incandescente della crisi economica. La massa monetaria deve crescere in maniera originale, come ha appena dimostrato la Bank of Japan, e prima o poi l'indice dei prezzi inizierà a incorporare, almeno in parte, gli effetti delle politiche monetarie necessitate dalla crisi di Wall Street per evitare il collasso stile 1929 e allora l'inflazione potrebbe anche tornare vicina alla doppia cifra o anche superarla. E comunque la stagione dell'inflazione all'1% diventerà un ricordo.
In questo scenario investire in vino può essere una ottimale strategia di portafoglio per conseguire, contestualmente, due obiettivi: coprire parte degli investimenti dagli effetti penalizzati dell'imposta inflazione ed approfittare del rialzo dei valori di cui potrebbero godere gli asset reali. Significa che il quadro economico che si va formando si sposa perfettamente con la natura core del business del vino che, dai più esperti, è da sempre indicato come un business, apparentemente agricolo, ma sostanzialmente immobiliare. Investire quindi in aziende vinicole con casali e pregiati ettari di terreno in zone certificate e delimitate è una strategia che torna di estrema attualità. Del resto, nell'ultimo biennio i prezzi medi dei vitigni Docg sono scesi sensibilmente. In molte zone la correzione è stata a doppia cifra ed è andata di pari passo con la crisi delle vendite e le ristrettezze del credito. Molte imprese vinicole di dimensioni medio piccole che non dispongono di un brand consolidato hanno visto crollare la propria stabilità economico-finanziaria: è cresciuto l'indebitamento anche a breve e sono diminuiti i margini sulle vendite. Significa che sul mercato, per gli investitori interessati alla componente immobiliare del business vinicolo, ci sono molte buone occasioni. Insomma, questo è un mercato per compratori che dispongono di liquidità e pensano di poter implementare una necessaria strategia di hedging dall'inflazione futura attesa attraverso degli investimenti in beni immobiliari alternativi. Perché, ovviamente, investire nel real estate vinicolo ha delle sue peculiarità. Il rendimento atteso difficilmente può eguagliare quello di immobili a uso commerciale cittadini e i costi di gestione sono sicuramente più importanti. Inoltre, si deve, con l'aiuto di qualche manager esterno, continuare a gestire l'azienda vinicola. Ma è anche vero che la potenziale rivalutazione dell'immobiliare vinicolo è originale, nel senso che è sganciata dall'andamento dei prezzi degli immobili tradizionali.
a cura di Edoardo Narduzzi
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 13 giugno. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.