Ecco il metodo Dom Pérignon per salvare lo champagne dal cambiamento climatico

5 Ago 2024, 10:01 | a cura di
Lo chef de cave Vincent Chaperon parla di come l'azienda francese sta adeguando la produzione a un cambiamento climatico sempre più percepibile

Alla voce di Ruinart si aggiunge quella di Dom Pérignon. Le grandi maison di Champagne parlano sempre di più di cambiamenti in seno alla produzione per far fronte ad un clima sempre più secco e caldo. Le annate sempre più siccitose e con temperature che si alzano, infatti, richiedono interventi a breve termine per arginare il problema o un nuovo modo di interpretare lo stile della casa.

Un nuovo clima

L'annata 2015 è stata una delle più calde e secche registrate nella Champagne, surclassando annate come la 1976 e del 2003. A questo si è aggiunto un’assenza di pioggia durante il periodo tra maggio e metà agosto. Dati che denunciano l'arrivo di nuove sfide da affrontare per le maison. Lo chef de cave della Dom Pérignon Vincent Chaperon sta portando avanti un importante lavoro all’interno dell’azienda a riguardo del modello di produzione. Per preservare lo stile dei vini sta ponendo sempre di più attenzione nell’individuare la data migliore di raccolta per i singoli appezzamenti nei vigneti grand e premier cru. 

Chaperon ha affermato che a causa delle condizioni di siccità, i vigneti stanno attraversando diverse problematiche a seconda di quanto i terreni riescano a trattenere l'umidità. Parlando del Pinot Nero coltivato nel lieut-dit La Côte grand cru di Aÿ, Chaperon ha riferito a Drinks Business: «C’è stato un clima molto caldo e secco e le viti hanno sofferto molto nell’annata 2015. Le uve non maturavano correttamente, producendo alcune note vegetali e tannini duri. Mentre i nostri appezzamenti rivolti a nord-est e a est a Verzy e Verzenay sul lato nord della Montagne con più erba e vegetazione hanno conservato più umidità e prodotto uve più bilanciate». Per l’azienda è stato possibile arginare il problema solo grazie al patrimonio di vigneti «dove abbiamo accesso a 900 ettari di premier e grand cru, e la possibilità di una minuziosa selezione anche in un anno come il 2015 in cui il carattere vegetale e l'aggressività fenolica possono essere un problema».

Le estati più calde, poi, stanno portando uve a livelli di alcol potenziale sempre più alti nella vigna e Chaperon pone un limite massimo di 11 gradi potenziali «per ottenere l'equilibrio che voglio nell’uva». Si tratta «di ottenere il giusto equilibrio tra la maturazione del frutto - ha continuato - rispetto alla struttura necessaria e ai tannini. A volte perdi molta acidità se raccogli oltre quel limite». In termini di volume prodotto, a causa di questo rigoroso processo di selezione,  la produzione è in calo e per il 2015 risulta circa il 70% di un «anno normale».

Un nuovo modo di degustare

Chaperon ha aggiunto che il team ha iniziato a cambiare l'approccio vitivinicolo a partire dal 2008, vinificando sempre più separatamente per sottozone. Lo Champagne, per lo chef de cave, è prima di tutto come un "vin de assemblage" (vino di assemblaggio), in cui rientra sia il dosaggio che l'intero processo di maturazione. «Oggi nello Champagne devi assaggiare l’uva in vigna. Devi guardare tutti i fattori che influenzano il materiale che userai nella produzione. È molto importante, specialmente negli anni caldi e secchi come il 2015, per aiutarti a selezionare le date precise in cui raccogliere le uve di un particolare appezzamento». Anche il modo con cui vengono degustati i vini fermi per la seconda fermentazione.

«Andiamo direttamente ad assaggiarli con il palato, senza passare per la via olfattiva. La consistenza del vino, il modo in cui il vino tocca il palato è diventato il fattore più importante». Eppure nonostante tutto rimane un futuro in cui sperare. Sembra infatti che ci siano in cantiere nuovi progetti che andranno ad ampliare la alla gamma Dom Pérignon, ma a riguardo non ci sono altri dettagli se non che si tratterà di mettere insieme "spazio e tempo" e che sarà un collegamento alla storia del marchio.

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