In ritardo e con fondi considerati insufficienti. La distillazione di crisi non entusiasma la filiera vitivinicola, che ritiene poco vantaggioso abbracciare la misura, viste le esigue risorse economiche previste dal governo. E non soddisfa neppure l’industria della distillazione nazionale, che avrebbe preferito anch’essa un ristoro, come hanno fatto i grandi competitor italiani, Francia e Spagna, e che, a causa dei ritardi nella sua emanazione, lamenta il rischio di finire sommersa di richieste con la stagione della raccolta ormai alle porte.
Dop e Igp sono fuori dalla distillazione, anche se sono diverse le denominazioni in sofferenza per il crollo dei consumi tra marzo e giugno. Il mondo cooperativo lamenta che i valori degli aiuti sono troppo bassi rispetto a quelli attuali di mercato e che, pertanto, si rischia di rendere poco appetibile un provvedimento che, se non ben gestito, potrebbe rivelarsi un boomerang per l’economia del settore, favorendo le speculazioni ribassiste.
Che cosa dice il decreto sulla distillazione di crisi
Il provvedimento d’emergenza contenuto nel decreto, elaborato dal Mipaaf e approvato in Stato-Regioni, per rimediare agli effetti della congiuntura negativa generata dalla pandemia da Coronavirus, mette a disposizione complessivamente 50 milioni di euro all’interno del Piano nazionale di sostegno (Pns) 2020. L’aiuto a favore dei produttori di vino è fissato a 2,75 euro per percentuale in volume di alcole per ettolitro, che significa circa 30 euro/ettolitro nel caso di vini tra 11 e 12 gradi.
L’intervento è ritenuto necessario dal dicastero di Via XX Settembre per salvaguardare il settore ed evitare pericolose turbative di mercato. Si interviene sulle scorte in giacenza alla data del 31 marzo 2020, rapidamente aumentate con la crisi dei consumi, soprattutto nel comparto Horeca. A essere interessati sono i vini generici, da tavola, con esclusione dei vini Dop e Igp. Con la cifra stanziata, si prevede di eliminare dal mercato circa 1,65 milioni di ettolitri di vino comune.
Tagli alle misure per trovare i 50 milioni di euro e regioni scontente
I 50 milioni messi sul tavolo dal Mipaaf sono il frutto, da un lato, di una rimodulazione della distribuzione dei fondi del Pns (28 milioni) e, dall’altro, dai risparmi previsti (22 mln) in altre misure del Pns 2020 che non saranno completate a causa della crisi economica.
Nel dettaglio, 28 milioni di euro arrivano dalla rimodulazione della dotazione finanziaria del Pns, che assegna meno risorse alle misure della promozione verso i mercati extra Ue (da 101 a 83,9 mln di euro, di cui 60,7 di quota regionale e 23,1 di quota nazionale), della ristrutturazione dei vigneti (da 150 a 136 mln), della vendemmia verde (da 5 a 2,6 mln) e della distillazione dei sottoprodotti (da 20 a 9,8 mln). Altri 22 milioni di euro saranno reperiti dal Mipaaf dalle economie di spesa accertate per tutte le misure del Piano nazionale nel corso di quest’anno. Come si apprende da fonti ministeriali, lo spostamento dei fondi (che ha suscitato non pochi malumori tra governatori e assessori regionali) è stato deciso perché appare chiara ed evidente la possibilità di trovare risorse non spese in diverse misure del Pns. Impossibile, inoltre, spostare la programmazione in avanti, dal momento che l’Unione europea non lo consente. Complessivamente, il decreto destina 10 milioni di euro in meno alle Regioni (a cui spettano 276 mln di euro), che entro il 31 luglio 2020 dovranno riallocare le risorse sulla base delle proprie necessità. I tagli per le big sono compresi tra 1 e 1,5 milioni di euro ciascuna.
Effetto boomerang
Guardando al report Icqrf di Cantina Italia, al 10 giugno, l’Italia detiene in giacenza 9,4 milioni di ettolitri di vino da tavola, pari al 20% del totale nazionale che ammonta a 47,5 mln/hl, comprendendo Dop, Igp e varietali. Emilia-Romagna (2,5 mln/hl), Puglia (1,5), Veneto (1,3) e Piemonte (0,8) sono le Regioni con più giacenze nel segmento dei vini da tavola.
Si tratta di vino invenduto ma non solo, come spiega bene Marco Nannetti, presidente di Terre Cevico, tra le più grandi realtà cooperative della Romagna che, assieme all’altro gigante Caviro, rappresenta circa metà di quei 2,5 mln/hl che risultano in stock: “Quei vini in giacenza non sono tutti invenduti. Anzi, nel nostro caso sappiamo che sono già contrattualizzati, attendono di essere ritirati ed entro dicembre non ci saranno più. Non è un caso” osserva Nannetti “che due grandi detentori di vino generico in Romagna non siano i promotori della distillazione, una misura che ritengo sia un passo indietro dal punto di vista culturale”.
Una situazione analoga si riscontra in Veneto, come osserva il rappresentante regionale di Fedagri-Confcoperative, Claudio Venturin: “Siamo una regione che produce grandi Dop ma che imbottiglia vino da tutta Italia. I quantitativi stoccati non sono tanto quelli delle cantine sociali, che sono riuscite a tenere sui mercati, ma quelli a disposizione nelle cantine degli imbottigliatori. Inoltre, ci sono in stock tanti superi di glera e di altre varietà bianche che andranno a Igt. Pertanto, non penso che gli imprenditori veneti abbiano particolare fiducia nella distillazione. Del resto, gli aiuti previsti sono troppo bassi e sarebbe stato meglio sostenere le Dop in difficoltà. Distillare rischia di fare danni al mercato”.
In Sicilia, una delle più grandi cooperative dell’area occidentale, Colomba Bianca, non ha dubbi: “Premesso che noi non utilizzeremo la misura, osservo che la distillazione potrebbe essere un autogol. Il contributo a 2,75 è insufficiente” dice il presidente Leonardo Taschetta “mentre a 3,50 euro sarebbe stato appetibile. Che rischio si corre? Se l’ammontare degli aiuti è fissato a quote troppo basse, si vanifica l’obiettivo di rialzare il prezzo dei vini base ottenendo l’effetto inverso”.
L’anello debole in affanno per il coronavirus
Ma qual è, allora, l’anello debole della filiera, che è andato in affanno per la pandemia? Non si tratta di quel segmento cooperativo che confeziona il vino e lo vende alla grande distribuzione che, peraltro, ha registrato proprio nel periodo di lockdown una tenuta delle vendite, coi consumatori che si sono orientati su prodotti di fascia più bassa. Piuttosto, si tratta di quel segmento di cantine prevalentemente cooperative che commercializza vino sfuso e lo cede ai grandi imbottigliatori, i quali, a loro volta, riforniscono l’Horeca, soprattutto la ristorazione.
Il presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane, Giorgio Mercuri, su questo è chiaro: “Il tessuto economico italiano è fatto da cantine e privati che riescono ad arrivare direttamente dello scaffale perché confezionano, ma ci sono anche cantine che stoccano vino sfuso e lo mettono a disposizione degli imbottigliatori sia italiani sia europei. E sono queste a trovarsi più in difficoltà di altri”. Imprese, localizzate nel nord della Puglia come in Abruzzo, che hanno la necessità di liberare le proprie cisterne con l’avvicinarsi della raccolta 2020 e che potrebbero essere vittime di manovre speculative da parte di chi ha interesse a ritirare il loro vino a prezzi sottocosto. “È qui che interviene la distillazione” aggiunge Mercuri “ma dovrà essere fatta a prezzi che non facciano crollare il mercato e non mortifichino il segmento dei vini sfusi”.
Se l’offerta statale sarà di poco superiore a 30 euro a ettolitro, basterà fare un’offerta leggermente più alta per avere l’ok dell’imprenditore, con un deprezzamento generale del vino. Una situazione che ha spinto l’associazione cooperativa a chiedere alla ministra Teresa Bellanova, attraverso il suo responsabile nazionale per il vino, Luca Rigotti, uno sforzo ulteriore: “Nella vicina Spagna il prezzo pagato per la distillazione dei vini senza Ig sarà di 0,3 euro al litro, mentre in Francia i vini senza Ig verranno distillati a un prezzo addirittura di 0,58 euro/litro. In ogni caso” osserva “la distillazione non la vediamo come opportunità. Il prodotto del lavoro dei soci va ritirato e non distrutto”.
Il caso Piemonte
Rispetto alla cifra stabilita dal decreto approvato in Stato-Regioni, sarà facoltà delle amministrazioni regionali prevedere un contributo integrativo alla distillazione. Il Piemonte, che ha in pancia 800 mila ettolitri di vini comuni, è più preoccupato per il momento particolare di alcune sue Dop (tra cui quelle a base Dolcetto, Cortese, Barbera, Chardonnay, Brachetto). Visto che il decreto non le comprende, come annuncia Davide Viglino, rappresentante regionale di Fedagri (e neo direttore di Vignaioli Piemontesi), la filiera ha studiato una “valida alternativa” e condiviso con la Regione l’opportunità di finanziare con un bando da 4 milioni di euro la distillazione di 50 mila ettolitri assieme ad altre misure, tra cui lo stoccaggio o l’acquisto di contenitori per la frigoconservazione: “Un pacchetto complessivo frutto di una positiva concertazione con le organizzazioni professionali” sottolinea “che dovrebbe consentirci di portare l’aiuto per la distillazione a 80 euro a ettolitro”. Non solo il Piemonte, ma anche le Marche potrebbero incrementare il contributo per la distillazione volontaria.
Le misure di Distillazione di crisi adottate in Francia e Spagna
Francia e Spagna hanno già avviato la pratica della distillazione. I transalpini hanno scelto di includere nel provvedimento, autorizzato da Bruxelles, non solo i vini generici (58 euro/hl) ma anche Dop e Igp (78 euro/hl). Dal 5 giugno al 4 settembre si procederà a ritirare il prodotto dal mercato e a produrre alcol per usi industriali, farmaceutici ed energetici. Il Governo ha previsto un contributo complessivo di 155 milioni di euro, che andrà a sostenere non solo i produttori (145 mln) ma anche la filiera dei distillatori (10 mln). La Spagna ha fatto altrettanto col Real decreto del 9 giugno scorso, finanziando con 50 milioni di euro la distillazione di 2 milioni di ettolitri (di cui 0,5 mln di Dop a 40 euro/ettolitro), tra metà luglio e il 10 settembre, prevedendo che siano i distillatori a rifondere i viticoltori il prezzo del vino, tolte le spese di produzione.
Italia in ritardo
Rispetto ai competitor, l’Italia partirà in ritardo. Il decreto dovrà essere pubblicato al più presto in Gazzetta ufficiale e il testo fissa al 31 luglio i termini per la consegna del vino in distilleria, con la possibilità di stabilire una proroga con decreto direttoriale del Mipaaf. La vendemmia inizierà tra fine luglio e i primi di agosto e i tempi “appaiono strettissimi per liberare le cisterne”. Lo evidenzia il presidente Antonio Emaldi, che guida Assodistil, l’associazione aderente a Confindustria che rappresenta 50 distillerie industriali che concorrono per il 95% alla produzione nazionale di acquaviti e alcole etilico da materie prime agricole.
Assodistil: "concorrenza distorta"
“La raccolta è alle porte. E se tutto va bene inizieremo ad accettare il vino entro la metà di luglio, ma è già evidente” sottolinea il presidente Emaldi “che non sarà possibile ritirare tutto il vino entro la fine del mese. Sarà necessaria una proroga ad hoc”. L’associazione degli industriali ha scritto pochi giorni fa una lettera alla ministra Bellanova per sottolineare la disparità dell’Italia nei confronti di Francia e Spagna, chiedendo un contributo di 40 euro per ettolitro anidro prodotto, analogo a quello francese. “I distillatori francesi e spagnoli sono messi in condizione di produrre alcol a costi inferiori dell’Italia, col risultato” avverte Emaldi “che la concorrenza sarà falsata e gli effetti discorsivi sulla competitività dell’industria nazionale saranno molto gravi”.
Come chiedere l’aiuto per la Distillazione di crisi
Secondo quanto previsto dal decreto approvato, per richiedere l’aiuto, il produttore presenta ad Agea, con modalità telematica, il contratto di distillazione non trasferibile, entro il 7 luglio 2020. Ogni produttore stipula al massimo due contratti di distillazione per i volumi di vino giacenti in cantina. A garanzia del corretto conferimento del vino da avviare alla distillazione, il produttore dovrà presentare apposita garanzia fidejussoria. Il contratto prevede l’impegno del distillatore di trasformare il vino in alcool, avente almeno la gradazione di 92°, entro il 15 ottobre 2020.
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri dell’11 giugno
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