Decantare o non decantare? È questo il dilemma che tiene banco da anni tra gli esperti di vino e che vede sempre più crescere il partito dei “Don’t Decant Diehard”. L’ultima presa di posizione contro l’ampolla di vetro o di cristallo arriva forte e decisa da Kerin O’Keefe, degustatrice e giornalista statunitense che vive da anni in Italia e che ha lanciato la sua invettiva dalle colonne del giornale inglese Decanter (che sia proprio la rivista che ne porta il nome a criticarne l’uso la dice lunga!).
"Io odio il decanter"
“Ho scoperto che tra gli addetti ai lavori questo contenitore di vetro o è amato o è odiato” ha scritto la degustatrice “Io sto decisamente nel campo dell’odio, soprattutto quando si parla di vini invecchiati”. Una teoria, la sua, che contrasta con quanti per anni hanno sostenuto il contrario, ovvero: no al decanter per i vini giovani, sì per quelli più affinati e importanti. Le ragioni di O’Keefe sono presto spiegate: “I vini invecchiati sono fragili e, dopo anni passati sotto tappo, l'improvvisa esplosione di ossigeno può creare loro il peggior shock possibile. All'impatto il vino perde aromi e sapori che non verranno più recuperati. Decantare” continua la giornalista “è come aprire un romanzo a pagina 50: perdi l'intro e non capisci più la trama”. Ma non è finita. Secondo O’Keefe si può anche fare di peggio, anzi in molti lo fanno: “Si può distruggere definitivamente un vino invecchiato, decantandolo due volte, ovvero versandolo prima in un decanter e poi di nuovo nella sua bottiglia originale, presumibilmente ripulita dai sedimenti. Pratica, per altro, abbastanza comune nei ristoranti”.
"Il modo migliore per rovinare una buona annata"
Ma se decantare soprattutto i vini invecchiati ne appiattisce il gusto e ne spegne la vivacità, perché molti sommelier e amanti del vino lo fanno (sebbene, per dovere di cronaca, bisogna dire come la pratica sia molto meno diffusa negli ultimi anni)? La prima risposta è che serve ad eliminare il sedimento che si trova sul fondo della bottiglia. La seconda è che in molti credono sia il modo migliore per aerare i vini in un lasso di tempo molto breve. Controbatte O’Keefe: “Il rischio di rovinare una grande vecchia annata supera il magro vantaggio di evitare i sedimenti. Meglio non bere le ultime due once rimaste nella bottiglia”. Nello specifico la giornalista fa riferimento ai vini italiani a base di nebbiolo o sangiovese, particolarmente penalizzati dai travasi. Entrambe le uve, infatti, se coltivate nei siti migliori, sono ricche di norisoprenoidi, una classe di composti aromatici che contribuisce al carattere varietale di un vino, consentendo lo sviluppo di aromi intensi nei migliori Barolo, Barbaresco e Brunello che si evolvono nel corso degli anni. Una eccessiva esposizione all’ossigeno potrebbe compromettere questi stessi aromi. Meglio, quindi, stappare la bottiglia con tre o quattro ore di anticipo per ottenere un’aerazione graduale e costante. E se, invece, non ce ne fosse il tempo, come nel caso di una cena fuori casa? Allora si può raggirare il problema, così come consiglia l’esperta: “Quando sono al ristorante” conclude O’Keefe “ordino subito il rosso più vecchio e lo faccio stappare a tavola mentre sorseggio un bianco giovane o delle bollicine con gli antipasti e i primi piatti”. Con i ringraziamenti del ristoratore che in questo modo, non solo evita il decanter, ma per fine serata si assicura un grasso scontrino a scatola chiusa.