«I lieviti selezionati non alterano il vino ma esaltano alcune caratteristiche delle uve», «Usare lieviti selezionati non vuol dire fare vini standardizzati», «Non c’è niente di male ad essere delle multinazionali». Sono tre delle affermazioni di Riccardo Cotarella - presidente dell'associazione enologi italiani - rilasciate ai giornalisti di Report per un servizio che andrà in onda domenica prossima.
Ma l’intervista si prospetta ben più corposa e interessante. Alla vigilia della messa in onda abbiamo chiesto a Cotarella com’è andata.
L'intervista a Cotarella
Riccardo Cotarella, in queste ore sui social è disponibile un’anteprima della sua intervista a Report. Domenica aspettiamo la seconda puntata dell’inchiesta sul vino.
«Sì, ma si tratta di una veloce anteprima. L’intervista è durata più di un’ora...»
«Com’è andata?»
«Mi hanno chiamato per chiarire una serie di aspetti della puntata precedente. Ho voluto cogliere l’occasione per una serie di puntualizzazioni importanti. Ci sono stati molti aspetti, nella precedente trasmissione, che non hanno reso onore al mondo del vino, e hanno creato un alone di incertezza non positivo sull’enologia italiana e sulla professione dell’enologo. Questa intervista è stata una buona occasione per chiarire una serie di aspetti fondamentali. Ancora non so quali passaggi dell’intervista verranno trasmessi, e se qualcosa verrà tagliato, cucito o incollato, quindi non ha senso fare commenti. Ma vi dico che non vedo l’ora di vederla».
Un’ora di intervista... qual è stato il clima, l’atteggiamento dell’intervistatore?
«Per ora posso dire che mi è piaciuta, per me è stata un’occasione per fare chiarezza e dire al consumatore le cose come stanno. È stata un’intervista movimentata, senza esclusioni di colpi da una parte e dall’altra, senza timori reverenziali…»
I temi principali?
«Sono presidente di Assoenologi, il mio primo obbiettivo era chiarire il contributo degli enologi al mondo del vino. Ho esposto una serie di aspetti fondamentali per illustrare la nostra professione. Credo di aver dato un utile contributo al mondo del vino italiano e strumenti di valutazione al consumatore».
Capisco. Ma di cosa si è parlato?
«Di molti argomenti, naturalmente. Sul banco degli imputati ovviamente c’erano i coadiuvanti della fermentazione, i lieviti, i prodotti enologici in generale. Mi sono limitato a spiegare essenzialmente una cosa: tutti i coadiuvanti sono consentiti dalla legge e sono salubri. Ho spiegato in quali casi si usano e perché».
Ci sono stati momenti di tensione? Domande provocatorie?
«Beh, l’atteggiamento potete immaginarlo… Report fa il suo mestiere, cerca di andare a fondo con domande a volte “borderline”, con un atteggiamento che mira a scoprire aspetti scandalistici anche dove non ci sono. È lo spirito della trasmissione. Hanno battuto molto sul concetto di standardizzazione, ad esempio. E io ho ribadito il no al “fai da te”, e ho illustrato la professionalità dell’enologo, che dopo un corso di studi universitari adeguato sa quali prodotti vanno usati, come e in quali casi. Quindi no all’improvvisazione. Nel complesso è stata una bella intervista: dinamica, aperta, senza edulcorazioni (almeno quella integrale!). Ho colto l’occasione con piacere, serviva per fare chiarezza, dire quello che penso e dare informazioni corrette i consumatori».
Un’esperienza positiva, insomma?
Vedremo! Sta di fatto che io ho 76 anni, e non ho mai avuto timore a dire quello che penso sul vino. D’altronde non devo ancora fare carriera… l’ho già fatta…