Cambiamenti climatici, crisi delle vendite del vino legate anche all’inflazione oltre che alle guerre in atto, allarmi che si fanno largo su più fronti: non è proprio uno scenario positivo quello in evidenza nel settore vino a livello mondiale. Eppure, è proprio quando il gioco si fa duro che i duri cominciano a giocare. E così è per una piccola denominazione toscana come la Doc Cortona, determinata a lasciare un segno nella storia della viticoltura italiana e che, al momento, deve fare il salto più grande, aprendosi al mondo e ai mercati internazionali.
Cortona, un angolo di Rodano in Toscana
Il territorio è un’enclave francese, una piccola Valle del Rodano in terra di Toscana, dove domina chiaramente incontrastato il syrah. I terreni della Val di Chiana, di matrice prevalentemente argillosa con presenza di limo, sabbie e scisti, si sono dimostrati ottimi per un vitigno che non ama i suoli ricchi di calcare. Nel giro di pochi decenni, dal momento della costituzione del Consorzio di Tutela all’alba del nuovo millennio, il Syrah è diventato il simbolo di Cortona, con una produzione media di alto livello qualitativo che ha innescato un circolo virtuoso trainando anche produzioni di nicchia basate su varietà diverse, dal sangiovese ai più celebri vitigni internazionali come il merlot e il cabernet sauvignon. Oggi le vigne iscritte alla Doc coprono complessivamente una superficie di 400 ettari per una produzione di circa 450mila bottiglie l’anno. Il vino Syrah rappresenta l’80% dell’imbottigliato.
Il Syrah a Cortona alla fine dell'800
Numerose sono le notizie sull’arrivo di questo vitigno e sulle sue origini. Stando alle testimonianze più accreditate, i suoi progenitori sono francesi: uno studio genomico del suo DNA lo conduce nella valle del fiume Rodano.
La rivendicazione dell’origine da parte di altre località (come ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, la città di Siracusa) deriverebbe invece da trascrizioni errate del nome del vitigno fatte nel corso dei secoli (su questo tema tante informazioni sono contenute in testi specializzati sull’agricoltura custoditi nella biblioteca La Vigna a Vicenza).
Si pensa che uno dei primi a portare il syrah in Toscana fu Giulio Magnani, a quel tempo proprietario della Fattoria Marchi Magnani (poi diventata Cantina Mazzini), intorno al 1870, partì alla volta della Francia per studiare i vitigni e le tecniche di vinificazione d’Oltralpe. Si recò quindi nella zona di Bordeaux e da quei luoghi portò a Montecarlo il Sauvignon, il Semillon, il Merlot, il Cabernet Franc ed il Cabernet Sauvignon. Ancora, riportò dalla zona del Rodano il Roussanne e il Syrah e dalla Borgogna i Pinot bianco e grigio. Quei vini di Fattoria Marchi Magnani (soprattutto i bianchi che, uniti al Trebbiano locale, erano noti come “lo Chablis toscano”, accompagnarono, al Quirinale, le nozze le nozze reali del Principe Umberto di Savoia e Maria Josè, nel 1930. La comparsa di vini a base di Syrah a Cortona, però, è testimoniata solo a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso quando alcune importanti aziende, ritrovandone traccia nei propri vigneti (Tenimenti d’Alessandro, Antinori, Avignonesi), decisero di riprenderne la coltivazione e di sviluppare più approfondite indagini intorno alla sua origine genomica.
Il prof. Attilio Scienza e le analisi sul vitigno
Con l’ausilio del professor Attilio Scienza e dell’Università di Milano vennero eseguite all’inizio degli anni Settanta minuziose ricerche sulle caratteristiche del terreno e del clima nel cortonese. Alla fine del percorso di studio e ricerche, fu quindi impiantato un vigneto definito “sperimentale”, dove furono sistemate diverse varietà e cloni di syrah al fine di identificare quale tra questi meglio si identificasse con il microclima locale. Durante questo studio venne evidenziata anche la similarità del clima cortonese con quella della costa del Rodano.
Il Syrah toscano e i mercati tra Italia ed estero
In generale il 70% della produzione ha un mercato italiano e il restante 30% va all’estero, salvo casi isolati. Negli ultimi tre anni, quello che si capisce dalle testimonianze dei produttori è che c’è stata una operazione di fidelizzazione dei clienti esistenti. Alcune aziende, comunque, hanno anche incrementato le vendite fino a un 10% negli ultimi anni. È stabile, invece, il mercato nei paesi europei come la Germania; qualche segno positivo è stato invece registrato negli Usa e nel Regno Unito. In espansione risulta l’Oriente con Singapore e Hong Kong, mentre per alcune cantine è interessante l’evoluzione delle vendite a Taiwan e in Thailandia.
Quello che ha contato di più, soprattutto dopo il passaggio del Covid, è stato sapersi adattare da parte dei produttori che si sono impegnati nel rendere dinamica la propria realtà, magari perdendo da una parte ma scoprendo nuovi sbocchi commerciali in cui c’è stata abilità nel sapersi posizionare.
Cambio di stile: i vignaioli guidati da Stefano Amerighi
Dati positivi legati anche alla constatazione che il cambiamento più incisivo nello stile di questo vino, tutto sommato giovane, è arrivato negli ultimi 10 anni e che con forza si è affermato solo negli ultimi 5 grazie a un gruppo di produttori visionari guidati da Stefano Amerighi che è riuscito persino a conquistare la copertina della Revu du Vin de France. Il suo Syrah è stato fotografato assieme ai più importanti al mondo come l’Hermitage del Domaine Jean-Louis Chave, e ai Syrah di Domaine Jamet Cote Rotie, di Pierre Gonon, di Alain Graillot e di Cornas Clape, dolo per citare i più noti dal Rodano. Un grande riconoscimento per l’Italia, ma soprattutto per Cortona che proprio Amerighi, lo “spirito bohémien” del vino toscano alla guida della denominazione, ha saputo condurre ai vertici del podio internazionale accanto ai grandi terroir dei “Syrah du monde”.
A Cortona si produce in un areale dalle molte sfaccettature soprattutto umane con produttori che sono comunque decisi a lasciare un segno di presenza e maturità. Studio, ricerca, sperimentazione e tanta passione hanno fatto sì che si abbandonasse un po’ la tendenza a realizzare vini di potenza con maturazioni a tratti esasperate, concentrazione, eccessivo utilizzo del legno nuovo e che i viticoltori abbiano invece scelto di procedere con interpretazioni più personali in cui il frutto trova un ruolo più centrale e in cui si prediligono nitidezza, precisione, vitalità, progressioni vibranti al palato e tannini succosi.
La risposta alla crisi climatica: il Syrah resiste meglio
Certo, il cambiamento climatico ha avuto e ha un impatto molto importante anche su questo territorio, con picchi di calore importanti e piogge sempre meno generose accanto a eventi imprevedibili e calamitosi che negli ultimi due anni hanno iniziato a interessare in maniera preoccupante diverse parti della Toscana. Il syrah però resiste e si dimostra un vitigno più autonomo e quasi “preparato” a reazioni più estemporanee e a rispondere piuttosto bene a stress sempre più inevitabili. La gestione della vigna, come in tutti i casi di buona condotta vitivinicola, ormai fa sempre più la differenza: dove si agisce con preparazione e attenzione il buon risultato esce con forza nei vini.
Il futuro di Cortona: una piccola doc che vuole crescere
«Vorrei che in questa nostra sfida si mettesse da parte lo spirito toscano del volere tutto e subito – spiega Stefano Amerighi che è anche il presidente della Doc Cortona – “Se non si patisce non si può aspirare a fare blues”, diceva un mio caro amico. Ecco, è proprio questa la considerazione che ci deve riguardare e motivare. Serve ancora tanto entusiasmo perché il momento è scoraggiante: oltre ai problemi internazionali, il mondo beve meno, c’è più attenzione alla salute nelle nuove generazione e tante altre sono le variabili di cui tener conto. Però, dalla nostra, abbiamo la fortuna di essere piccoli artigiani e questo può solo aiutarci». Non è un limite la dimensione troppo frazionata? «Fondamentale – risponde Amerighi – è capire quanto il territorio pensa di impegnarsi a crescere ancora. Siamo pochi noi viticoltori e sono pochi gli ettari. La più grande conquista degli ultimi anni è stata però il fatto che tanti conferitori si sono messi a fare vino e che si produce più Docg e meno Igt: un vero e proprio percorso eroico se si pensa che siamo partiti dal Bianco Vergine di Valdichiana. L’intuizione è stata prendere la direzione del monovitigno, accanto ai blend, con un percorso di caratterizzazione territoriale decisa e con livelli di qualità elevati. Stiamo progettando un motore che sta cambiando le marce a disposizione: la prima è stata ingranata, ora vediamo lo sviluppo. Tenimenti D’Alessandro, Antinori, Avignonesi hanno dato un impulso importante. Quando è nata la nostra doc, tante altre se ne sono formate, ma non tutte hanno avuto la nostra forza. Cortona è riuscita ad avere uno scatto di reni e ogni azienda è partita con un percorso personale anche perché non c’era un vero modello da seguire. Questo ha portato, dal 2019, a una maggiore concentrazione sulla produzione di Syrah con nuova forza ed energia. Ora c’è bisogno di guardare al futuro: centrale è l’internazionalizzazione della denominazione. È un progetto a lungo termine, serviranno decenni ma sono positivo: se lavoriamo coesi, chi verrà dopo di noi potrà raccogliere buoni frutti. E quando si penserà alla grande syrah italiana, si penserà automaticamente a Cortona».