Non è bastato, né servito, un Expo un po' troppo milanocentrico (per non dire expocentrico) a portare benefici all'enoturismo italiano: il settore cresce, ma senza accelerate improvvise. La spesa per le visite in cantina è di circa 2,5 miliardi di euro e il numero di turisti del vino supera i 10 milioni. Emerge un cauto ottimismo dal XII Rapporto sull'Enoturismo appena presentato alla Bit di Milano dalle Città del Vino.
Dopo tre anni di attesa e il cambio di rotta (l'indagine è stata effettuata dall'Osservatorio Nazionale sul Turismo del Vino di “Città del Vino”, in collaborazione con l'Università di Salerno su un campione di 80 aziende) il risultato presenta poco sensazionalismo e un sottotitolo esplicativo: “Il dovere della collaborazione e dell’integrazione per la competitività internazionale dell’offerta enoturistica italiana”. E infatti alla presentazione c'erano sia le Città del Vino, sia il Movimento Turismo del Vino che hanno firmato un protocollo d’intesa per azioni e strategie condivise e hanno annunciato che quest'anno gestiranno insieme l'edizione 2016 dell'evento Calici di Stelle (dal 6 al 14 agosto in tutta Italia). Quasi 30 anni una, quasi 25 l'altra, le due associazioni rappresentano le due facce della stessa medaglia: la prima è la parte pubblica che raccoglie inseme 450 Comuni a vocazione vitivinicola, la seconda rappresenta oltre mille cantine associate. Il dialogo sul turismo del vino non può che iniziare da qui.
I numeri
Ma torniamo al Rapporto, che riguarda in particolare il 2014 e il primo semestre 2015 con stime fino a dicembre. La cifra dei 2,5 miliardi di euro, frutto dell’enoturismo in Italia merita una precisazione: dentro questa cifra c'è, oltre agli arrivi in cantina, anchel’indotto collegato (che moltiplica fino a 5 la somma complessiva delle spese di viaggio, vitto, alloggio et similia sul territorio a complemento della visita in cantina). Se, infatti, parliamo solo di arrivi in cantina, il fatturato del 2014 ammonta complessivamente a 214,5 milioni di euro. Nel 2015, 242,5 milioni. Una cifra notevolmente inferiore a 2,5 miliardi di euro. Cosa significa? Che quando si parla di valore dell'enoturismo, ci si riferisce a tutte le attività economiche di servizio sul territorio, a cui vanno aggiunte anche le vendite dirette in cantina.
Il ritratto degli enoturisti
Ma chi sono gli enoturisti, quanti sono e soprattutto quanto spendono? Il rapporto stima flussi turistici, in una cifra superiore ai 10 milioni, anche se bisogna distinguere tra turismo e semplici arrivi (c'è chi torna più volte in una stessa cantina per acquistare vino). In particolare nel 2014 gli arrivi in cantina su scala nazionale sono stati 10.382.400. Nel 2015 si ipotizza un notevole incremento che porterebbe la cifra a 13.709.600. Consuntivo positivo, quindi con segni + generalizzati: +32% per la spesa enoturistica; +31,7% per gli arrivi in cantina. Motivi di questo crescente interesse? Il clima economico-finanziario potrebbe essere, paradossalmente, uno di essi, spingendo sempre più italiani a scegliere il Belpaese e ad esplorare nuove forme di turismo, tra cui quello del vino. E se non bastasse, a limitare gli spostamenti internazionali ci ha pensato anche la paura legata agli attentati terroristici. Quale vacanza più sicura di quella tra i filari?
E passiamo alla voce spesa. Mediamente un enoturista spende 193 euro, investiti in attività quali: visite al vigneto, visite in cantina, degustazioni, vendemmia, eventi, pernottamento, acquisti di bottiglie. Quest'ultima sarebbe l’attività più intensamente frequentata: oltre il 70% dell’incidenza sul fatturato enoturistico aziendale nel 2014. Le degustazioni, invece, non sarebbe una voce rilevante ai fini del fatturato, visto che la maggior parte delle aziende (2 su 3) le offre gratuitamente, considerandole una forma di pubblicità per far conoscere la cantina o far acquistare i propri vini. Chi, invece, le somministra a pagamento, per lo più sceglie una cifra tra i 5 e i 10 euro.
Le criticità
Domanda d'obbligo: si può fare di più? Al di là delle risposte scontate, i punti deboli dell'enoturismo italiano sono ancora i servizi, anche e soprattutto in collaborazione con i Comuni (dalle strade, alla segnaletica, agli eventi in sinergia); la formazione degli addetti all'accoglienza e anche la preparazione nella registrazione del fenomeno: molte cantine non sanno quanti visitatori arriveranno, quanti sono arrivati, quanti hanno comprato, non registrano le visite, non registrano i contatti, ecc. “Una situazione che richiede almeno due direzioni di marcia” è il commento del presidente di Città del Vino Floriano Zambon “sul pubblico e il privato. Da una parte, con la giusta autocritica degli enti locali, va sviluppato un maggior dialogo tra Comuni e operatori con indagini di customer satisfaction e altri strumenti di raccolta di richieste, segnalazioni e suggerimenti. Dall’altra serve più cultura d’impresa nella progettazione, organizzazione ed erogazione dell’offerta enoturistica, a cominciare da corsi di formazione per gli imprenditori, i manager e gli addetti. Oltre il 30% del campione ammette di non aver usufruito di un corso di formazione”.
“La formazione è un aspetto strategico” gli fa eco Carlo Pietrasanta, presidente del Movimento Turismo del Vino “e il Rapporto ci dice chiaramente che è una parte ancora carente di cui le cantine hanno bisogno. Un altro fattore che ne ostacola lo sviluppo è la carenza di aggregazione sul territorio. Un limite che potrebbe essere superato rafforzando il dialogo tra cantine e Comuni e lavorando più in sinergia con le diverse associazioni di settore a livello regionale. Penso ad esempio alla collaborazione tra Movimento Turismo Vino, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti e Le Donne del Vino”.
Delusione Expo
La buona notizia è che la diretta conseguenza di tutte queste mancanze è il margine di crescita ancora molto ampio. Riusciranno i nostri eroi a fare il salto di qualità che servirebbe oggi? Chi non ci è riuscito è sicuramente Expo e forse era lecito aspettarsi qualcosina di più nell'anno in cui l'Italia è stata protagonista proprio con un'Esposizione dedicata a 'Nutrire il Pianeta'. Fermo restando che gli effetti sono da considerare a lungo termine – si consideri che il Rapporto registra dati relativi a quando Expo era ancora in corso – si nota un generale pessimismo nelle risposte delle aziende campione: poco più del 15% degli intervistati ha avuto qualche beneficio in termini di arrivi, di visibilità o semplicemente in termini generali dall’Expo. Esiguo il numero di chi ha partecipato attivamente ad attività in loco o all'interno del Padiglione Vino. Insomma, un po' colpa del milanocentrismo dell'esposizione, un po' della scarsa partecipazione delle stesse aziende, non si può negare che l'Expo sia stata la grande occasione mancata.
Le prossime sfide
Ma inutile piangere sugli eventi andati. Guardiamo al futuro dove nuovi ostacoli sembrano stagliarsi nel promettente cielo dell'enoturismo. Tra questi, lo stop alla tassa di soggiorno: Città del Vino lancia l'allarme sui nuovi tagli agli enti locali previsti dallo stop all’imposta di soggiorno, che avrebbe portato nelle casse comunali per il prossimo anno almeno un milione di euro, prevista dalla manovra finanziaria 2016. Il provvedimento decretato dall’articolo 1 comma 26 della Legge di Stabilità sospende, infatti, fino al 31 dicembre 2016, il potere dei Comuni di deliberare aumenti di tributi. Ciò significa che non potranno neppure introdurla con effetto nell'anno in corso. “Appare incoerente” spiega Zambon“aver introdotto per i Comuni la tassa di soggiorno, destinata a finanziare progetti e programmi di sviluppo turistico locale, se poi oggi non tutti i Comuni possono istituirla. Così si crea un'evidente disparità tra i territori. Non siamo certo esponenti del partito delle tasse, ma chiediamo perequazione e pari opportunità”.
Ci sarebbe, poi, bisogno di riprendere in mano la legge sulle Strade del Vino“ferma” come ricorda il presidente delle Città del Vino “al 1999. Bisognerebbe aggiornarla e rifinanziarla”. Sulla stessa legge interviene il Movimento Turismo del Vino che da tempo chiede una revisione per dare la possibilità alle cantine di fatturare le visite in cantina, cosa al momento non possibile, se non in termini di degustazione, unica parte riconosciuta fiscalmente tra le attività enoturistiche.
Il confronto con la Francia e Visitfrenchwine.com
E se l'Italia deve ancora trovare la via migliore per promuovere il suo turismo del vino, la Francia non sta a guardare e lancia il portale unico www.visitfrenchwine.com per raccoglierà tutta l’offerta enoturistica del Paese, mettendo insieme enti pubblici e privati. Appena presentato dal Ministro degli Affari Esteri Laurent Fabius, insieme a Florence Cathiard, presidente del Consiglio Superiore dell’Enoturismo, e in collaborazione con l'agenzia Atout France, il nuovo portale punta ad attirare 4 milioni di enoturisti stranieri entro il 2020. Nel 2010 il turismo del vino, aveva portato nelle cantine francesi 3 milioni di wine lover. Oltre ad essere una vetrina, il portale dà la possibilità di prenotare direttamente la visita e offre un continuo aggiornamento sulle notizie del vino.
E l'Italia? Come si ricorderà, qualche mese fa il Movimento Turismo del Vino si era proposto all'Enit per gestire il portale Italia relativamente alla parte vino. Quella stessa parte che oggi non sembra avere una posizione rilevante all'interno di un sito ancora troppo poco dinamico. “Fino a ora nessuna risposta” dice il presidente MTV Pietrasanta “E così ancora una volta la Francia è arrivata prima di noi e ancora una volta abbiamo solo da imparare. Ho visitato il portale ed è molto ben fatto, ma soprattutto è ammirevole che grandi maison e grandi territori si siano messi alla pari di zone e cantine meno famose per promuovere una nazione. È questo quello che manca a noi italiani”. Basterà questa mossa francese ad accelerare tempi e azioni di rilancio? “Intanto” denuncia Pietrasanta“il portale Italia continua a riportare eventi sul vino del 2008”. Si aspettano aggiornamenti.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri dell'11 febbraio
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