Nella celebre smorfia napoletana, il numero 52 rappresenta la madre. E quando si pensa al vino Vinitaly è un po' la madre, reale e non certo onirica, di tutte le fiere. L'esposizione internazionale del vino e dei distillati stacca nel 2018 il cinquantaduesimo tagliando con diverse novità in programma dal 15 al 18 aprile prossimi, in attesa dell'eventuale nuovo ministro delle Politiche agricole. Su tutte, l'occhio sui mercati strategici d'esportazione, con l'obiettivo di dare un contributo importante alle imprese ponendosi sempre più come strumento di business.
La Fiera e la Città
Non è più, da qualche tempo, il Vinitaly che gareggiava con se stesso per battere i record di presenze annue. Perché è cambiata l'idea di fiera. Il grande pubblico (i cosiddetti wine lover) sarà accolto nel centro storico della città Patrimonio Unesco, e nei territori limitrofi da Soave a Bardolino fino a Valeggio sul Mincio, mentre gli addetti ai lavori si concentreranno tra i padiglioni dell'area espositiva. Va letto in questo contesto il dato sulle (sole) 128 mila presenze del 2017 rispetto alle 150 mila del 2015. Il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, lo spiega così: "Abbiamo iniziato un percorso di potenziamento del profilo professionale del visitatore e siamo stati l'unico organizzatore fieristico ad aver dichiarato di voler decrescere nel numero delle presenze generiche, aumentando al contempo quelle professionali. E ci siamo riusciti. Il lavoro non è ancor terminato, ma siamo sulla buona strada".
I numeri del Vinitaly 2018 e nuovi strumenti digitali
I numeri del Vinitaly 2018 dicono che saranno 4.310 gli espositori provenienti da 33 Paesi oltre l'Italia, su una superficie netta di centomila metri quadrati, sold out da dicembre 2017. "Dedicheremo grande importanza a due macro aree come il Nord America e Russia/Cina. Abbiamo investito risorse per attirare i buyer di un mercato più esteso", ha spiegato il dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani. Lo scorso anno le presenze straniere sono state 48 mila con 30 mila top buyer stranieri accreditati (+8% sul 2016).
Tra gli strumenti nuovi per favorire l'incontro domanda/offerta c'è sicuramente la "Vinitaly directory", la piattaforma digitale in italiano, cinese e inglese e che sostituisce il tradizionale catalogo, utile agli operatori per selezionare in anticipo le imprese che interessano di più: circa 13 mila i vini inseriti e 4.319 gli espositori registrati. La directory funzionerà anche tutto l'anno, in modo da consentire all'espositore di inserire e promuovere eventi e degustazioni. Sono mille quelli direttamente invitati da Veronafiere, che sono interessati anche all'olio e al cibo di Sol&Agrifood. Vinitaly non è solo vetrina per gli italiani ma anche per gli stranieri, in aumento del 25%: da questa edizione, il salone a loro dedicato si chiama International wine hall. Previsti, come da diversi anni, il Vinitaly Bio e il salone dei vini artigianali Vivit e la collettiva della Fivi (federazione italiana vignaioli indipendenti).
Degustazioni speciali e food
Sarà un Vinitaly un po' meno congressuale e più da gustare. Oltre 90 le degustazioni, le mastrerclass e i walkaround tasting. Gambero Rosso schiera, domenica 15 aprile alle 11.30, i vini premiati nella guida Vini d'Italia con Marco Sabellico e Gianni Fabrizio. Tra le altre, i vini dolci dell'Austria, le donne del vino nel mondo, i vini seguiti dall'enologo Riccardo Cotarella, i seminari di Vinitaly academy sui vini santi italiani o sui bianchi invecchiati. La serata di gala sarà dedicata allo scomparso maestro Gualtiero Marchesi. Confermata la presenza dell'ambasciatore americano in Italia, Lewis M. Eisenberg (molto vicino a Donald Trump) durante l'evento Opera Wine, il grand tasting che apre il Vinitaly. Sarà inevitabile il discorso sulle tasse. Dopo la firma di Trump per quelle sull'industria pesante, gli occhi sono puntati su vino e agroalimentare. Su questo punto, il numero uno di Ice, Michele Scannavini, è guardingo ma ottimista: "Quando si parla di guerra commerciale e, considerando che la guerra fa solo vittime, penso anche che a questo non si arrivi mai. Il tema dazi Usa va certamente seguito con molta attenzione. Ma faccio anche notare" dice a Tre Bicchieri "che l'Italia nutre grandi aspettative sui trattati di libero scambio che ha appena firmato col Giappone, col Canada e col Vietnam. Si sta andando in una direzione, secondo me, favorevole per l'industria italiana e mi auguro che non si torni indietro".
Focus su mercati strategici
Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone e Germania: cinque grandi clienti del made in Italy sui cui, a partire dal continente americano, Vinitaly, in collaborazione con Wine Monitor, ha deciso di dedicare dei focus specifici d'approfondimento. L'outlook Il futuro dei mercati, i mercati del futuro, illustrato in anteprima a Roma durante la conferenza di presentazione del Vinitaly, dice che cambierà la geografia dei consumi, concentrandosi via via al di fuori dei confini europei, con una redistribuzione del peso dei Paesi acquirenti. Entro il 2022, questo il dato macro da tenere ben presente per l'Italia, saranno nell'ordine Cina (+38,5%), Russia (+27,5%), Stati Uniti (+22,5%) e Giappone (+10%) i motori della crescita dei consumi, grazie a tre fattori congiunturali definiti decisivi: l'aumento delle classi benestanti (la upper class in Russia rappresenterà anche il 25% della popolazione); lo spostamento degli abitanti verso le grandi città, con tassi di urbanizzazione che nella sola Cina arriveranno al 63%; la crescita del Pil pro capite che, ad esempio, negli Stati Uniti passerà dai quasi 60 mila dollari annui a 70 mila dollari e in Cina è previsto in incremento del 10,6%.
Il futuro del vino italiano
Nel dettaglio, entro il 2022, la Germania importerà vino dall'Italia con un tasso annuo a valore tra -0,2% e +0,8% a fronte di consumi tra -0,4% e +2%; qui l'Italia detiene il 36% del mercato, con prezzi medi tra 2,2 euro per i fermi e 2,9 euro per gli spumanti. Pressoché stazionario anche un altro mercato decisivo per la nostra bilancia commerciale come il Regno Unito (Italia ha il 21% delle quote), con incrementi annui nei consumi tra 0,7% e 1,5% e import da Italia tra 0,5 e 1,5%. Dal Giappone, dove l'Italia ha il 12% delle quote di mercato, considerando un trend crescente dei consumi tra 2012 e 2017, entro il 2022, c'è da aspettarsi una crescita annua degli acquisti dall'Italia tra 1% e 3% a fronte di un +0,5/2% nei consumi, con fattori chiave come ready to drink e vini fermi, ma anche un incremento del Cava spagnolo. In Russia, la domanda di vino in ripresa, così come il Pil pro capite, porteranno il Paese a consumi nei prossimi cinque anni tra +2,5% e +6%, con un import dall'Italia (oggi al 29% delle quote) tra 4% e 7%, sia sui fermi sia sugli spumanti. La Cina, dove l'Italia vale il 6% del mercato, vanta un tasso stimato di crescita tra 6% e 9% nei consumi a valore e tra 7% e 8,5% sul valore dell'import dall'Italia; qui gli 800 milioni di utenti dell'e-commerce e i vini fermi rossi faranno la differenza. Infine, gli Stati Uniti, dove l'Italia detiene il 31% delle quote a valore, si prevede un consumo crescente tra 2% e 4%, con un import dall'Italia tra 3,5% e 5,5% a valore; la partita si gioca sulla Prosecco-mania, su rosati e sui vini locali.
La posizione dell'Italia
Come collocare l'Italia in questo scenario? Bene e male, allo stesso tempo. Bene, perché negli ultimi dieci anni è stata una sorta di locomotiva, con una crescita in valore doppia (+69%) rispetto a quella francese, con 16 Paesi in cui il vino italiano è market leader (ma con una Francia che ne detiene ben 29). Male, perché "c'è una lontananza siderale dai mercati del futuro", come ha fatto notare il responsabile di Wine Monitor, Denis Pantini. In altre parole, l'Italia che viaggia bene nell'emisfero boreale, non sfonda nel sud del mondo e in Cina, con quote di mercato che, tranne poche eccezioni, mai raggiungono la doppia cifra. Ecco perché non c'è troppo da esultare per il nuovo record delle esportazioni nel 2017, quasi a 6 miliardi di euro. Maurizio Danese, presidente di Veronafiere, parla di motivi strutturali, geopolitici, di marketing e di una Italia troppo poco organizzata e decisiva nel posizionamento di un prodotto "il cui vero discriminante sarà sempre più quello del prezzo e non del volume". Per uscire da un certo "nanismo" delle imprese italiane e affrontare i mercati serve "un brand ombrello", ha osservato Danese. "Siamo una superpotenza enologica ma dai numeri emergono segnali contraddittori. In futuro" ha evidenziato Giovanni Mantovani, dg di Veronafiere "dobbiamo essere in grado di cavalcare alcune tendenze che ci favoriscono, come quella degli sparkling, che per l'Italia è stata l'arma vincente degli ultimi anni, con una crescita tra 2007 e 2017 del 240% a fronte di una media del segmento del +50%". Motivo per cui Vinitaly punta a lavorare "sempre di più fuori dai confini nazionali, anche in stretta collaborazione con l'Agenzia Ice".
La campagna dell'Ice
Proprio la conferenza di presentazione romana è stata la sede in cui Agenzia Ice ha scelto, dopo la serata di New York del 26 marzo, di presentare il video, della prima Campagna di comunicazione globale per la promozione del vino italiano. Italian wine – Taste the passion è il claim col quale si punta ad affermare un posizionamento esclusivo per i vini italiani associandolo a contenuti simbolici che puntano su cultura, territorio, lifestyle tipicamente italiani. Tra maggio e luglio e tra settembre e dicembre, l'iniziativa partirà negli Stati Uniti, a cui seguirà la Cina. La campagna è frutto del lavoro collettivo del Tavolo vino convocato un anno fa da Mise, Mipaaf e Ice, in collaborazione con Uiv, Federvini e Federdoc. Con un investimento nei primi 12-18 mesi di otto milioni di euro negli Stati Uniti (che saranno 20 in tre anni) e di tre milioni di euro in Cina, il progetto vino dell'Agenzia Ice prevede l'organizzazione di piani di formazione, missioni in Italia per trade e giornalisti, eventi specifici negli Usa (negli stati di New York, Florida, California, Illinois e Texas), collaborazioni con catene di distribuzione e ristorazione, e l'apertura del desk vino presso l'Ice di New York, con funzioni di assistenza per le aziende italiane. "La sfida" per il presidente Ice, Michele Scannavini "è elevare il posizionamento italiano nel mercato statunitense e riconquistare la leadership assoluta in valore".
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 29 marzo
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