Un mercato maturo dove, per i vini italiani, ci sono ampi margini di crescita. È il Giappone, attualmente protagonista di una rinnovata fiducia grazie alla nuova politica del premier Abe, che sta facendo dimenticare in qualche modo la difficile crisi economica. Un Paese che, con i suoi 47 milioni di consumatori abituali, vede affermarsi, interessandosi al vino, una categoria prima lontana da queste abitudini, come la fascia d'età compresa tra 40 e 50 anni. "Il fenomeno è decisamente curioso" fa notare Isao Miyajima, tra i massimi esperti di vino del Sol Levante "perché si tratta di persone che fino ad oggi non bevevano vino e ora lo preferiscono alla birra e al sake. E l'aspetto interessante è che sono nuovi consumatori, non necessariamente giovani; questi ultimi scelgono molto meno le bevande alcoliche in generale".
Proprio sui giovani e su un modo nuovo di bere il vino, più semplice e a basso costo, si sono concentrate nell'ultimo decennio le attenzioni dell'industria di settore attraverso l'introduzione dei tappi a vite, di contenitori in Pet e, non da ultimo, col lancio di mode come il vino on the rocks. "I giapponesi sono molto aperti" sottolinea Miyajima "e amano studiare e imparare cose nuove". Tuttavia, per il vino italiano c'è molto da fare. Intanto la Francia è davanti a noi: con circa 600mila casse, il Beaujolais nouveau è il prodotto preferito in Giappone "mentre tra quelli italiani risultano apprezzati i vini più beverini, freschi ed eleganti, rispetto a quelli troppo tannici. In particolare, crescono Prosecco, soprattutto la Docg, assieme a Chianti, Trento Doc e Franciacorta; bene il Lacryma Christi del Vesuvio, che storicamente va forte, stabili Soave, Valpolicella e Bardolino; qualche difficoltà per i vini piemontesi, anche per i prezzi cresciuti troppo in fretta tra 1998 e 2008".
Se guardiamo il mercato nel suo complesso, l'Italia, come recitano le elaborazioni Ice di Tokyo su dati del ministero delle Finanze locale, si contende con il Cile la seconda piazza dopo la Francia tra i principali fornitori di vino. In valore, i transalpini detengono quasi metà delle quote di mercato, rispetto al 14,3% raggiunto dal nostro Paese nei primi otto mesi del 2013. L'anno scorso è stato determinante per la crescita delle etichette made in Italy che hanno fatto registrare un +23,4% in volume. Il 2013 invece, complice anche l'aumento del tasso di cambio tra Euro e Yen, vede un calo nelle quantità del 2,7% nei primi sei mesi e del 5,3% da gennaio ad agosto. Ad aumentare, invece, è il valore delle esportazioni: dopo il +16,9% del 2012 sul 2011 si registra un +23,2% nei primi otto mesi 2013 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Parallelamente, cresce tutto il comparto alimentare con +27,5% in otto mesi e una quota di mercato che passa dall'1,2% all'1,4%.
Ma quali sono le strade per convincere e avvicinare all'acquisto i giapponesi? Miyajima è molto chiaro: "La prima è entrare nelle case, stimolando il consumo del vino italiano in famiglia. Una strada ben esplorata recentemente e i dati lo dimostrano. In secondo luogo, occorre lavorare ancora molto per entrare nella ristorazione locale. I vini italiani si abbinano bene, soprattutto spumanti e bianchi fermi, con la tradizionale cucina di pesce nipponica, così come alcuni rossi freschi. Credo che produttori e importatori debbano lavorare più convintamente per questo obiettivo". All'Italia, quindi, i vini giusti non mancano, ma è necessario un piano unitario di promozione: "Se infatti la burocrazia giapponese non presenta particolari ostacoli (ndr: l'imposta è del 15%) si sente la mancanza di iniziative collettive di promozione del made in Italy, rispetto a una Francia che lavora molto per rafforzare le denominazioni come Champagne e Bordeaux".
Nel frattempo, eventi come il Roadshow del Gambero Rosso o il Tre Bicchieri World Tour con tappa a Tokyo il 31 ottobre, rappresentano "ottime occasioni per consentire ai giapponesi di approfondire la conoscenza del vino italiano". Ma c'è di più: a maggio 2014 farà il suo esordio sul mercato la Guida vini d'Italia 2014 del Gambero Rosso, interamente in lingua giapponese, che verrà pubblicata e distribuita dal colosso editoriale Kodansha, un affiancamento fondamentale e strategico per la crescita delle esportazioni tricolori.
L'Italia, insomma, dovrà accelerare i tempi se vuole consolidare le proprie quote e, poi, conquistare nuovi spazi. Non si dimentichi che sono in corso in questi mesi i negoziati sul libero scambio nell'ambito del Tpp (Trans pacific partnership) e il Giappone, interessato a rilanciare il sake, bevanda nazionale il cui consumo interno si è quasi dimezzato negli ultimi dieci anni, soprattutto per lo scarso interesse dei più giovani, potrebbe abolire gradualmente i dazi sul vino in ingresso a favore di grandi Paesi produttori come Nuova Zelanda, Australia e Stati Uniti. Un'eventualità che, per i vini europei, sarebbe un colpo molto duro.
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 31 ottobre. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.