Il recente voto dell’Europarlamento ha escluso il riuso delle bottiglie di vetro di vini e spiriti dalla disciplina comunitaria degli imballaggi. In Italia, del resto, le aziende considerano le pratiche di riuso del vetro troppo costose, disfunzionali e inadeguate al fine di ridurre l’impronta carbonica. Funziona decisamente meglio la pratica del riciclo, nella quale il nostro Paese eccelle. E ancora qualcosa si potrebbe fare per alleggerire il peso delle bottiglie di vino.
L’impatto di una bottiglia di vetro sull’ambiente
Tradizionalmente, l'impatto ambientale del packaging è quello con le percentuali più alte: dal 40% al 69% delle emissioni prodotte dalle cantine, con almeno la metà legate al vetro. Diversi studi dimostrano che la carbon footprint di una bottiglia di vetro è praticamente pari al suo peso: per ogni grammo di vetro prodotto si disperde nell’ambiente un peso quasi equivalente di CO2 (senza contare le emissioni legate al trasporto).
Inoltre, a causa del maggiore spessore del vetro, le bottiglie di vino più pesanti richiedono più spazio e cartoni più grandi: in tal caso i pallet di dimensioni standard possono ospitare un numero inferiore di cartoni, aumentando così i costi di spedizione e di trasporto. Del resto, già in partenza trasportare delle bottiglie di vetro vuote, destinate alle aziende che le utilizzeranno, costa molto di più rispetto ad altri imballaggi. Una bottiglia di vetro da un litro ha un peso a vuoto che va dai 300 ai 900 grammi. La differenza con il peso della plastica è schiacciante: una bottiglia in PET da 1,5 litri (il formato più usato nel settore dell’acqua minerale) pesa 9,80 grammi. Una lattina di allumino da 33 cl (il formato classico per le bibite) si aggira sui 16 grammi.
Nessun disciplinare mette un tetto massimo al peso delle bottiglie
A dispetto di tali evidenze, purtroppo, ancora troppe aziende vitivinicole italiane, soprattutto al Sud, si distinguono in negativo per la scelta di contenitori troppo pesanti e ingombranti rispetto alle effettive necessità. Né si registra da parte dei consorzi che rappresentano territori di produzione più o meno importanti un impegno collettivo a inserire l’alleggerimento del peso delle bottiglie in modo esplicito nei disciplinari, quasi sempre sprovvisti di norme al riguardo. Nessuno fino a questo momento lo ha ancora fatto. Qualcuno ha addirittura dentro al disciplinare la clausola contraria. Eppure, qualcosa comincia a cambiare.
Colli Tortonesi prova ad assicurarsi il primato
“Abbiamo l’obiettivo di inserire la sostenibilità nel disciplinare, meglio vendere del vino che del vetro”, spiega con un po’ di ironia Gian Paolo Repetto, titolare di Vigneti Repetto e presidente del Consorzio tutela Vini Colli Tortonesi. Il nuovo disciplinare del consorzio è in attesa del riconoscimento del ministero, pertanto bisogna ancora attendere per l’ufficialità: l’intenzione - condivisa con le istituzioni - è quella di porre un limite massimo al peso delle bottiglie pari a 600 grammi (“una bottiglia più pesante non avrebbe più senso”, assicura Repetto). Sarebbe così tra i primi consorzi impegnati su questo fronte.
“Nel nostro territorio abbiamo svolto una moral suasion da tempo, cercando di tenere dentro tutte le aziende, e potremmo essere i primi a definire un peso massimo per le bottiglie: in tanti dovranno poi adeguarsi”, racconta con orgoglio Repetto. Certo, aggiunge, “chi ha una importante quota di esportazioni verso i Paesi asiatici - in particolare la Cina, dove si associa spesso il peso della bottiglia all’importanza dell’etichetta - farà più fatica. Tuttavia, regolare il peso nel disciplinare aiuterà a superare le resistenze e creerà un modello di riferimento per gli altri consorzi che già ne discutono”.
Repetto è convinto che “per i vini di fascia alta non è così necessario avere bottiglie pesanti: perfino in Francia, i grandi cru di Borgogna non superano i 600 grammi per bottiglia”. Il Consorzio dei Colli Tortonesi non è ancora in grado di fare dei calcoli sul risparmio in termini di inquinamento nella patria del Timorasso, ma il vento sta cambiando. “Molte nostre aziende si sono già attestate sui 400-420 grammi per bottiglia: sempre più la bottiglia pesante sta diventando un problema”, ammette Repetto.
Puglia osservata speciale
Da sempre sotto osservazione, la Puglia resta ancora oggi una delle regioni vitivinicole più sensibili culturalmente all’associazione tra qualità del vino e dimensioni della bottiglia. Un vecchio retaggio sostenuto da mercati come Germania, Cina e Vietnam. In alcune denominazioni come il Primitivo di Manduria si arriva a superare perfino i mille grammi.
“In un contesto europeo che volge sempre di più verso la sostenibilità è necessario rivedere il peso delle bottiglie. Peraltro, il minor peso del vetro diminuirebbe anche l’impatto sulle finanze delle cantine visto l’impatto del peso e del trasporto sul costo delle spedizioni”, dice Novella Pastorelli presidente del Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria. Quindi assicura: “Siamo assolutamente favorevoli alla riduzione del peso della bottiglia, tuttavia ancora oggi alcuni mercati asiatici legano il peso della bottiglia alla qualità del vino. Ma è una questione più psicologica che reale”.
Eugenio Manieri, direttore del Consorzio Salice Salentino, conferma che “nel territorio, ci sono un paio di aziende che fanno bottiglie più pesanti, ma sono sempre più leggere rispetto al passato. In passato, per alcune bottiglie ci si chiedeva: è piena o è vuota?”. Poi ammette: “Come consorzio non abbiamo fatto ragionamenti, ma è un momento di riflessione: il peso incide ma anche il costo. Oltre alla maggiore sensibilità per l’ambiente, considerando anche il trasporto, c’è pure un problema di convenienza economica che rafforza l’idea di tornare a bottiglie più leggere. È anche un modo per rivedere i costi vivi”.
Il dietrofront della Doc Roma
Sul tema packaging è curiosa l’inversione ad U del Consorzio della Doc Roma. Qualche tempo fa sembrò addirittura che il Consorzio fosse intenzionato ad inserire nel disciplinare un peso delle bottiglie maggiorato per i vini di maggior qualità e importanza. Oggi il presidente Tullio Galassini, pur non smentendo l’esistenza di un dibattito, assicura che non succederà. Anzi va oltre.
“Il dibattito è comprensibile perché parliamo sempre di Roma, una città che per la sua storia, richiama concetti di grandezza, magnificenza e opulenza” dice “tuttavia, nel nuovo disciplinare saranno definiti solo i pesi delle bottiglie dalla magnum in su, con esclusione dunque della 0,75l che rappresenta la massima parte della produzione e che vogliamo attestare su quote compatibili con il concetto di sostenibilità: pertanto non porremo limiti negativi in tal senso. La notizia circolata in passato è solo il frutto di incomprensione da parte di soci non presenti all’assemblea ai quali non sono state riportate informazioni corrette”, garantisce Galassini.
Il presidente di Roma Doc annuncia, poi, l’avvio di un progetto con il Masaf per approfondire questo percorso e rendicontare l’impronta ecologica del consorzio su una serie di indicatori: chiusure e confezionamento delle bottiglie, trasporti, utilizzo delle pedane, consumi energetici e smaltimento dei rifiuti. “Vogliamo capire dove aumentare la sostenibilità dei nostri prodotti”, promette Galassini.
L'articolo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 7 dicembre 2023
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