C’è una battaglia in corso in California. Quella del mondo del vino contro i giornalisti e i titoli negativi sul settore. A denunciarlo è Wine-Searcher, riportando le parole di Liz Thach, presidente del Wine market council: «Siamo preoccupati per questi titoli negativi. Viviamo in un mondo da titoli – avrebbe detto in un recente webinar rivolto proprio ai giornalisti – nelle aziende vitivinicole, i giovani cominciano a deprimersi».
La profezia del New York Times
Il pessimismo dei media nei confronti del vino non è nuovo. L’esempio massimo è l’articolo che nel 1998 Frank Prial pubblicò sul New York Times dal titolo Microbrew generation just won't pop the cork, in cui si diceva, tra le altre cose, che i giovani si stavano allontanando dal vino, mentre a berlo restavano gli over 50. Profezia che poi non si avverò, stando alla crescita dell'industria americana del vino in questi 20 anni: da 13 miliardi di dollari annui a 100 miliardi. La differenza rispetto ad allora è che se a fine anni Novanta i produttori erano troppo occupati a vendere vino per preoccuparsi, adesso leggono i titoli dei giornali perché le cose non vanno benissimo. O, per meglio dire, come riporta il portale Wine-Searcher, il vino si trova nella stessa situazione di molte altre industrie: a destreggiarsi in mezzo a luci e ombre.
Tra le cattive notizie c’è un evidente calo delle vendite, tra quelle buone una maggiore premiumizzazione. Se da una parte si stanno estirpando i vigneti, dall’altra resistono quelli più importanti, mentre i prezzi dell'uva sono diminuiti nelle zone interne della California, ma sono aumentati sulle coste. Come scrive il direttore di Wine-Searcher Usa W. Blake Gray, però, il vino in questo momento non sta seguendo una traiettoria di crescita e, soprattutto, non sta lottando per sopravvivere, come negli anni ’80 fecero le industrie del caffè o del whisky.
La battaglia del Wine market council contro i titoli negativi
In questo quadro, si inserisce la battaglia del Wine Market Council per far sì che i giornali smettano di scrivere titoli come quello apparso sul San Francisco Chronicle lo scorso 8 maggio: California wine is in serious trouble (Il vino della California è in guai seri, ndr). Per cui, di fronte a numeri scoraggianti, come quelli del rapporto di Gomberg Fredrikson secondo cui il consumo di vino negli Stati Uniti è diminuito dell’8,7% nel 2023, la proposta del Wine Market Council è di trasformare le statistiche e guardarle da un’altra prospettiva.
Qualche esempio? Le vendite di vino a valore sono aumentate del 46% dal 2018. Peccato, ricorda Wine-Searcher, che l’inflazione sia aumentata del 25% nello stesso periodo. L’altro suggerimento è quello di enfatizzare certe tipologie di prodotto che vanno meglio di altre, come per esempio il Sauvignon Blanc, in grande spolvero tra i giovani in abbinamento alla cucina del momento, quella messicana. In conclusione, come ha detto Thach nel corso del webinar-vademecum per la stampa: «Alcune aziende sono in difficoltà, altre sono in crescita. Penso che dobbiamo stare attenti a non esagerare con profezie catastrofiste che si autoavverano».
Niente Cassandre, insomma, più ottimismo. E in Italia come siamo messi nel bilanciamento luci e ombre? Se è vero tutte le mode statunitensi finiscono per attraversare l’Oceano, non ci resta che esultare per il bimestre col segno più del vino italiano all’estero, facendo finta di ignorare un trimestre che ci racconta tutta un’altra storia che non vogliamo ascoltare.