Barolo e Barbaresco, tra sogno e realtà. Le modifiche al disciplinare dividono critica e produttori

3 Feb 2024, 11:11 | a cura di
C'è chi rabbrividisce al Nebbiolo piantato a nord e chi sogna il ritorno del quarto di brenta. Le modifiche al Barolo e Barbaresco infiammano il dibattito

Sono cinque le proposte suggerite dal Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani per modificare il disciplinare. La limitazione della zona di imbottigliamento, l'interscambiabilità e reciprocità per la vinificazione e imbottigliamento, l'autorizzazione a piantare vigne di Nebbiolo a Barolo e Barbaresco nei versanti collinari esposti al nord, l'aggiunta delle menzioni comunali per la denominazione Barbaresco. Il quinto tema è l'utilizzo di grandi formati superiori ai 6 litri, questione non proprio di vita o di morte, ma che diventa anch'essa elemento di dibattito quando si toccano due totem del vino mondiale. Il tessuto produttivo si sta confrontando, tra chi si rifà alla sacralità delle tradizioni e chi apre al cambiamento, con giudizio.

Il pericolo svizzero

Sull'eliminazione dell'imbottigliamento fuori dalle due zone la convergenza dei produttori è pressoché univoca. "La zona di imbottigliamento è un problema che esiste solo parzialmente, penso a casi isolati di imbottigliatori in paesi che non riconoscono determinati accordi, come la Svizzera. Non vedo proprio perché gli svizzeri possano imbottigliare il Barolo, non c'è una motivazione storica. Dobbiamo dare sicurezza, certezza e garanzia al consumatore", fa notare Gianni Fabrizio, curatore della Guida Vini d'Italia, uno che ha bevuto più Barolo e Barbaresco che acqua nella sua lunga carriera di degustatore.

Sulla possibilità di poter vinificare e imbottigliare Barolo a Barbaresco e viceversa i pareri sono piuttosto concordi. "Barolo e Barbaresco sono ormai interscambiabili come qualità e prestigio. Molti produttori hanno comprato vigne dell’altra parte e storicamente producono sia Barolo che Barbaresco, penso a Giacosa come a Gaja. Piuttosto che acquisire altre cantine o lavorare in realtà estranee è meglio lavorarli in casa e farli bene. Rimane il fatto che se non ti fidi del nome di un'azienda, non comprerai né Barolo fatto in casa che il Barbaresco imbottigliato fuori o viceversa", sottolinea Fabrizio.

"Parliamo di 15/20 chilometri di distanza, non ci vedo nulla di negativo. Pero, sarebbe interessante inserire un vincolo ovvero l'obbligo di possedere o aver affittato il vigneto dall'altra parte, comprare solo le uve non basta. Altrimenti può diventare una scelta parecchio commerciale", punzecchia Giuseppe Negro, titolare dell'azienda agricola Angelo Negro che per produrre Barbaresco ha comprato una tenuta a Neive e per il Barolo a Serralunga d'Alba.

barolo

Tradizione vs cambiamento climatico

Tappeto rosso per le menzioni comunali per la denominazione Barbaresco. "E' un qualcosa in più, un accrescitivo, va a identificare il nome del villaggio e aiuta a creare valore", prosegue Negro. Gli fa eco Gianni Fabrizio: "Mai capito perché non l'abbiano fatto prima, la menzione geografica aiuta sicuramente a vendere".

Sull'autorizzazione dei versanti esposti a nord per la produzione di Barolo e Barbaresco si spacca il tavolo. "Facciamo i gendarmi o pensiamo alla qualità? Le posizioni che erano le migiori 40/50 anni fa, oggi non sempre lo sono. L'esposizone sud piena dà ora difficoltà in alcune annate. Certo, c'è il rischio che qualcuno se ne approfitti solo per allargare la produzione. E a nord ci sono i boschi, e ne sono rimasti pochi in Langa, andrebbero tutelati", prosegue Fabrizio.

"Piantare Nebbiolo a nord? Oh, mamma mia. Per me è un no secco", risponde Negro. "Sono molto tradizionalista e rigido, lo devi essere se ami un territorio. Oggi stiamo godendo un momento magico grazie al lavoro incredibile dei nostri padri e nonni che dobbiamo solo ringraziare. Un'eredità che dobbiamo tutelare per consegnarla ai nostri figli", aggiunge.

Non resta sul tavolo che l'ultimo punto: lutilizzo di mega bottiglioni (formati superiori ai 6 litri) per scopi promozionali. "Lo ammetto, un fatto di cuore.  In Piemonte giravano in passato le bottiglie da 12 litri e mezzo, il famoso quarto di brenta. Era una specie di damigiana, ha fatto la storia. Sì, anche solo per motivi affettivi autorizzerei i formati più grossi", chiosa Fabrizio che ricorda un vecchio quarto di brenta del Monfortino '55 di Giacomo Conterno. Oggi varrebbe come un piccolo appartamento nel centro di Roma. O giù di lì.

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