Avere vent'anni. Il Paleo Rosso

27 Set 2012, 16:50 | a cura di

Vent'anni nel mondo del vino non sono tanti, ma se hai cambiato le regole di quel mondo, allora diventano impegnativi. E' quello che è accaduto a Cinzia Merli, la vignaiola bolgherese de Le Macchiole che, due decenni fa, insieme al marito Eugenio Campol

mi, tirò fuori un vino che sarebbe diventato un classico del panorama enologico italiano, il Paleo Rosso. Uno che fa il produttore di vino mica lo sa che una sua etichetta può trasformarsi in un best seller. O meglio, alcuni ci provano, facendosi "costruire" vini da importanti winemaker. Cinzia ed Eugenio, invece no. Anzi, a loro bastava fare il vino in un territorio che cominciava a dare risultati interessanti e stare al passo con i buoni Bolgheri.

                    

 

Il Paleo Rosso nasce con l'enologo Vittorio Fiore nel 1989. Prende il nome da un'erba spontanea che cresce nei vigneti, molto diffusa in questa parte della Toscana. Il vitigno di riferimento fu il cabernet sauvignon, mentre l'aggiunta di sangiovese nacque dall'esigenza di dare acidità al vino. Eugenio però scalpitava, voleva un vino diverso, gli era venuta voglia di prendere le distanze dai vini della zona.

 

 

Gli anni '90 iniziano sotto il segno di Luca D'Attoma (nella foto) e di un nuovo progetto: piantare il cabernet franc a Le Macchiole.

 

Gli impianti arrivano a una densità di 10mila piante per ettaro. Si aspetta che le piante crescano e con molta pudicizia si aggiunge un primo due per cento all'annata 1995. Non è una decisione semplice: il Paleo va forte e modificarlo potrebbe rivelarsi un boomerang.

 

 

Intanto la "rivoluzione" continua. A Bolgheri nessuno ancora usa il cabernet franc, ma la squadra de Le Macchiole ci crede sempre un po' di più. Se poi succede che ti fa visita lo staff tecnico di Chateau Cheval Blanc perché ha saputo di te, forse tanto male non stai facendo no? - viene da chiedersi.

 

Il 2001 segna il passo: il Paleo Rosso perde la denominazione Doc e prende quella Igt, perché è fatto di cabernet franc al cento per cento. Il cambiamento paga. E sarebbe tutto splendido se non fosse che Eugenio scompare tragicamente. Cinzia, fino ad allora silenziosa presenza, prende le redini dell'azienda. Il decennio che segue è fatto di tanta gente: fratelli, parenti, amici che si stringono attorno a Cinzia e all'azienda. Le Macchiole parla sempre più al plurale. E per i vent'anni del Paleo Rosso, l'azienda si è regalata > una carrellata di fotografie che racconta questa storia corale.

 

Degustazione di 17 annate di Paleo Rosso

 

Paleo Rosso 1992: rubino granato intenso e vivo. Il naso ha note vegetali, di sottobosco e tabacco. Il dolce del legno ben risolto bilancia una beva che spicca per acidità. La bocca non è di gran corpo, ma è di sicuro piacevole. Un'annata piuttosto "sangiovesista" con la finezza e la freschezza che segnano il calice.
Paleo Rosso 1993: qui il colore è meno fitto del precedente e il rubino un po' si spegne.  Al naso viene subito su un sentore di incenso, quasi pungente. Non è una beva particolarmente sfaccettata e potremmo dire piuttosto cupa. Qui c'è più materia, ma il tutto risulta meno bilanciato. Finale di cenere.
Paleo Rosso 1994: il colore non ha retto agli anni, virando verso il granato deciso. La nota erbacea è piuttosto presente e in generale appare meno squillante dei precedenti. L'acidità c'è, ma poi non si apre ad altri sentori, rimanendo piuttosto monocorde. Persistente invece sul finale.
Paleo Rosso 1995: il granato riprende spinta e torna a brillare nel bicchiere. Intenso e cupo il naso che rilascia tabacco, china e sottobosco e che anticipa la materia che ritroveremo in bocca. Qui si gioca sull'acidità e su tannini che danno nerbo. Il finale è lungo e sapido. Nel 1995 inoltre compare il primo 2 per cento di cabernet franc.
Paleo Rosso 1996: una nota evoluta arriva al naso e alla bocca. Da intenso si fa anche complesso con note di frutta ed erbe officinali. Legno presente ma sotto le vesti del finale fumè. La bocca è piuttosto stretta e non c'è un perfetto equilibrio tra polpa e alcol. Così che il finale risulta alquanto caldo.
Paleo Rosso 1997: prevale il rubino sul granato, quindi la giovinezza del vino. Il naso è balsamico e speziato con una leggera nota mentolata. Il calore della beva ha la meglio su finezza ed eleganza, tuttavia questa risulta sapida, addirittura salata, rendendo il vino assai persistente.
Paleo Rosso 1999: il decennio finisce con un'annata davvero bella. Il rubino è intenso e fitto, quasi senza sfumature di granato. Il naso è fine e classico e riporta ai bordolesi di stile. Fine, dicevamo ma non magro, anzi di grande carattere. La bocca è profonda e carnosa con tannini eleganti. C'è acidità  e lunghezza. Questa si conclude senza asperità. Qui il cabernet franc comincia a essere importante: siamo al 15 per cento.
Paleo Rosso 2000: cabernet franc al 30 per cento. Rubino intenso senza alcun cedimento. Il naso è intenso e caldo con confettura di bacche nere, pepe ed erbe officinali. Non manca la nota vegetale. In bocca è pieno, quasi masticabile. Offre un'idea di volume senza essere pesante. Ci sono l'incenso, il cedro, il cuoio. Ben si sposa l'alcol con i tannini
Paleo 2001: ovvero la "rivoluzione". Da Doc si passa a Igt e soprattutto la percentuale di cabernet franc
raggiunge il cento per cento. Le note vegetali qui diventano "adulte", sono sentori di bosco bagnato. Il
colore è vivido, ancora quasi porpora. Vengono su al naso note di salamoia, quasi di iodio, c'è la frutta fresca del lampone, il balsamico del pino marittimo. Sul finale chiude il tabacco e il legno ben svolto.  La bocca è meno complessa ma molto fitta. Soprattutto colpisce il finale, assai salino.
Paleo Rosso 2002: colore e naso più scarichi del 2001. Note fruttate e di legno - qui più presente. Molto gradevole ma non spicca per complessità. Simile al 2001 ma meno raffinato e bilanciato. I tannini sono dolci e aiutano la beva, penalizzata da una volatile un po' alta.
Paleo Rosso 2003: un'annata esuberante, dove spinge sia l'intensità che il legno. Anche tanta confettura e sapore di carne alla griglia. La bocca è rinfrescata dalle erbe officinali. Alcol e tannini ancora in fase di assestamento.
Paleo Rosso 2004: una versione più "rustica" ma molto materica con naso speziato e fruttato. C'è poi la china e il cacao e non manca una volatile un po' alta. La bocca invece è ancora stretta ma lascia spazio anche  a un finale lungo. Un vino che presumibilmente si farà.
Paleo Rosso 2005: annata ingentilita da presenze floreali  - quasi una rarità fino ad adesso - come petali di geranei e di rosa appassita. Non molto complesso ma delicato con una frutta che si percepisce sul fondo insieme alla note vegetali. Anche la bocca non si rivela poderosa ma gioca sull'eleganza. Il finale lungo c'è così come un carattere piuttosto spiccato.
Paleo Rosso 2006: di un rubino brillante e impenetrabile. Intenso e già molto complesso, con spezie a acidità. Perfetta veste bordolese dove il cabernet franc si esprime al meglio in finezza e classicità. La bocca ha una grande profondità anche se non immediata. Belli i tannini così fitti, lungo e persistente.
Paleo Rosso 2007: Un vino in linea con molti bolgheresi e che, per questo motivo, non spicca per personalità.  Il fruttato è piuttosto semplice, ci sono note vegetali  e sentori di legno secco.  In bocca i tannini sono un po' asciutti, da annata calda.  Finale lungo ma alcolico.
Paleo Rosso 2008:  il legno c'è, ma si fa sentire soprattutto in una speziatura dolce. Frutta rossa e vegetale. C'è finezza e armonia. Pecca ancora - di ovvia - gioventù. In bocca ha molta polpa e bei tannini vellutati. Chiude con acidità e finale lungo. Anche qui ricompaiono le note floreali.
Paleo Rosso 2009: il più "piccolo" di tutti scalpita per diventare grande e annuncia una bella polpa piena di frutta e di leggero floreale. C'è tuttavia anche tanto legno e l'insieme risulta caldo e dal tannino un po' asciutto. E' molto lungo e lascia ben presagire, grazie soprattutto alla componente materica.

Foto: copyright @ Le Macchiole, foto di Maurizio Gjivovich

testo di Francesca Ciancio

 

28/09/2012

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