Assoenologi si riaffida a Cotarella: “La politica guarda il vino con occhi diversi”

10 Mag 2016, 14:30 | a cura di

Il presidente degli enologi, appena rieletto, ci racconta come sarà il dopo Martelli e come sta cambiando la professione in cantina. Tra i piani dell'associazione, l'apertura a scuole e università per arrivare al 100% della rappresentatività. A giugno il 71esimo congresso a Verona

La riconferma di Riccardo Cotarella alla guida di Assoenologi ha il sapore della continuità nel rinnovamento. Perché il percorso intrapreso dall'Associazione enologi ed enotecnici italiani, che quest'anno festeggia i 125 anni, prosegue con un obiettivo ben preciso che il cda ha messo tra i primi punti strategici per il prossimo triennio: raggiungere sempre più persone, coinvolgendo i giovani a partire da scuole e Università. L'apertura ai neo laureati potrebbe portare in dote l'adesione (teorica) di 450 soci ogni anno, sui circa 680 che escono in media dai rispettivi percorsi formativi. Inoltre, l'adeguamento dello Statuto alla legge 4/2013 consentirà all'Assoenologi di rilasciare agli associati un attestato di qualità attraverso percorsi di formazione continua e di introdurre (tramite Uni, l'ente italiano di normazione) la figura del “professionista certificato”. In questa intervista a il presidente Cotarella, che sarà affiancato nell'attività dell'organizzazione, come nel 2013, dai vice Emilio Renato Defilippi e da Filippi Stephan, illustra i piani per il triennio 2016-2018.

 

Il nuovo consiglio di Assoenologi

Assoenologi in pillole

In Italia operano circa 4500 tecnici, di cui Assoenologi ne rappresenta l’85%. Il 46% è inquadrato con responsabilità decisionali in aziende private e cooperative. Il 16% svolge la libera professione. Il 38% svolge mansioni diverse. Il 74% opera nel Centro-Nord e il 26% nel Centro-Sud. La quota di donne arriva al 6%.

Sarà dedicato alle nuove frontiere del vino (ricerca internazionale, aspetti salutistici, culturali e artistici) il 71mo congresso Assoenologi, in programma dal 2 al 5 giugno a Verona, città Unesco. Ospiti il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, Letizia Moratti e Vittorio Sgarbi. In degustazione, vini veneti e tedeschi. Spazio agli scienziati tra cui Attilio Scienza, Monika Christmann, Fabio Mencarelli; così come ai campioni dello sport, tra cui Marcello Lippi, Sara Simeoni, Alberto Tomba, ma anche ai professionisti di sala, con i maitre di alcuni dei ristoranti più noti.

 

Chi è Riccardo Cotarella

Enologo e agronomo, nato a Monterubiaglio (Terni) nel 1948, si è formato all’Istituto di viticoltura ed enologia di Conegliano. Nel 1979 costituisce, insieme al fratello Renzo, l’Azienda vinicola Falesco e, due anni dopo, fonda l’Azienda Riccardo Cotarella, società di consulenze viticole ed enologiche. All’attività di consulenza presso numerose aziende in Italia e all’estero, dal 2000 affianca quella di docente al corso di laurea in viticoltura ed enologia all’Università della Tuscia di Viterbo. Molte sono le sue attività nel non profit, promuovendo e partecipando a diversi progetti legati al vino. Relatore in seminari nazionali ed internazionali, è autore di oltre 600 note tecniche e di informazione pubblicate in Italia e all’estero.

 

Avete appena rivisto lo statuto del 2009. Quali gli obiettivi?

Abbiamo scelto la linea della continuità con uno sguardo al mondo dei giovani. Il cambiamento dell'associazione, del resto, è cominciato da un paio d'anni e la nostra convinzione è che se non ci si aggiorna, come accade in tutte le professioni, si finisce fuori dal mercato. Oggi, Assoenologi rappresenta l'85% dei 4.500 enologi italiani e questa percentuale è in crescita. Tra i nostri obiettivi c'è quello di avvicinarci il più possibile al 100% di rappresentatività.

 

In che modo?

Recuperando un rapporto molto stretto con le scuole e le Università, per spiegare ai nostri futuri giovani colleghi non solo i vantaggi dell'essere associati, ma essenzialmente dare loro dei consigli fondamentali per il proprio futuro. Per questo, consentiremo l'iscrizione gratuita ad Assoenologi a chi ha appena conseguito il titolo di enologo nelle Università e a chi ha conseguito quello di enotecnico negli Istituti agrari. I soci temporanei non pagheranno per due anni la quota di iscrizione, che sarà ridotta della metà fino all'età di 30 anni. Ovviamente, non c'è solo questo: abbiamo previsto corsi di aggiornamento professionale, viaggi studio e formazione all'estero. Insomma, noi che abbiamo qualche anno in più, vogliamo mettere a loro disposizione la nostra esperienza.

 

Il 46% dei tecnici aderenti ad Assoenologi ha mansioni direttive in coooperative o in cantine private, mentre il 16% è un libero professionista. Cosa sta cambiando?

Partiamo da un dato di fatto: il vino è il prodotto meno in crisi di tutto l'agroalimentare. È chiaro che in una congiuntura difficile come in questi anni c'è chi ride, chi soffre, chi è più serio di altri. E quando c'è crisi la meritocrazia la fa da padrona. I nostri giovani lavorano nelle cantine, nel settore strettamente viticolo, enologico e anche nella comunicazione. E noi riteniamo, e lo voglio sottolineare, che

oggi l'enologo non sia più solo il tecnico di cantina o di vigna, ma sia una figura chiamata anche a dirigere interi stabilimenti produttivi, compresa talvolta la sezione commerciale.

 

Non avete paura di invadere campi non prettamente vostri?

Devo dire che stiamo sentendo forti richiami da parte dei consumatori affinché gli enologi facciano anche i comunicatori del vino. E chi meglio di un enologo può rappresentare e soprattutto raccontare il percorso di un vino? Certamente, ci sono enologi molto bravi dal punto di vista commerciale, ma questo è un settore che esula un po' dagli scopi della nostra associazione. Secondo alcuni, stiamo facendo delle invasioni di campo ma questo nuova figura, capace di assolvere a più mansioni, è ciò che ci chiedono i consumatori e prima di tutto i proprietari delle aziende vitivinicole. Uno degli esempi emblematici è il cambiamento nella figura del cosiddetto cantiniere, prima associata a mansioni di fatica fisica, oggi assunta da enologi ed enotecnici sempre più coinvolti nei processi decisionali aziendali, con compiti di gestione del personale.

 

Veniamo alle tendenze dell'enologia contemporanea e alla maggiore attenzione a elementi come le vinificazioni in anfora o alle produzioni vegane, biodinamiche e biologiche...

Rispettare la natura è l'impegno di tutti in ogni settore, e ogni percorso per produrre vino va rispettato e da auspicare, purché rivolto al rispetto dell'ambiente. Premesso questo dico: ben venga il biologico così come il biodinamico. Sul vegano (lunga pausa; ndr) ...ben venga il vegano. Ma una cosa è importante e va chiarita: questi sistemi di produzione devono essere seguiti scientificamente. La scienza, lo ricordo, serve soprattutto dove lavori con meno protezioni. Non basta mettersi una maschera per dire a tutti che si è biodinamici. Occorre lavorare con una profonda conoscenza del percorso e dei metodi biologici in riferimento alla cura delle piante. Purtroppo, ci sono molti che scimmiottano per motivi esclusivamente commerciali queste diciture, ma fanno solo il male del comparto. Al contrario, ci sono persone che lavorano con questi metodi e sono perfettamente consci di ciò che fanno.

La professione dell'enologo, lo sottolineo, è come un percorso pieno di insidie. E ritengo che solo chi conosce scientificamente i relativi processi possa cimentarsi con queste tipologie di vino. Purtroppo, se continuano a esistere questi improvvisatori sarà sempre più difficile che biologico e biodinamico rimangano in piedi. Personalmente lavoro con aziende che producono vini biodinamici, ma mi rendo conto che devo lavorare con più precisione. Il mio consiglio è dubitare di chi fa questi vini se non c'è un agronomo specializzato in viticoltura oppure un enologo competente che guida i processi di produzione.

 

Cambiamo argomento. Con l'arrivo della direttrice Gabriella Diverio quale valore aggiunto vi attendete rispetto alla direzione Martelli, durata 38 anni?

Nel ricercare questa figura, abbiamo innanzitutto eliminato la pratica italiana della raccomandazione, evitando pressioni di ogni sorta. Ci siamo affidati a una società esterna che ha fatto un concorso. Su oltre 70 candidati ne abbiamo scelti quattro. E alla fine abbiamo voluto una figura femminile. Anche questo ritengo sia un segnale di profondo rinnovamento, in un mondo fatto per oltre 90% da uomini. E abbiamo scelto una donna che non fosse un enologo. È chiaro che la Diverio conosce il settore del vino, ama il vino e poi va anche detto che il direttore uscente Giuseppe Martelli è stato meritatamente l'immagine per 40 anni dell'Assoenologi. E questo cambiamento è avvenuto perché un altro Martelli non potrebbe esistere. Dovevamo trovare un'altra soluzione con un direttore che avesse una diversa veste. Pertanto, la figura del direttore sarà di coordinamento. La Daverio è con noi da tre mesi e con un po' di scaramanzia dico: se il buongiorno si vede dal mattino siamo speranzosi di avere delle buonissime decadi davanti a noi. Mi sembra che si stia andando nella direzione giusta. L'immagine istituzionale dell'Assoenologi, invece, sarà fatta tutti gli associati, e mi riferisco in primis ai consiglieri nazionali e regionali.

 

Un anno fa iniziava l'Expo di Milano. Quali sono stati i vantaggi per il nostro vino? E che fine ha fatto l'idea di esportare il modello del Padiglione vino all'estero?

Innanzitutto sono più rilassato, perché la presidenza del Comitato scientifico non è stata una passeggiata. Per il resto, dico che molti avevano scambiato l'Expo per una mostra mercato. Invece non era niente di tutto questo. Expo è stato un luogo per conoscere il vino italiano. Noi dovevamo comunicarlo al mondo e ci siamo riusciti. E questo lo dobbiamo al 101% al ministro Martina, che ha voluto fortemente la creazione di un palazzo ad hoc per un prodotto dell'agroalimentare italiano, il vino. Lo ha fatto perché è conscio dell'importanza del nostro settore nella bilancia commerciale nazionale. Sull'idea del Padiglione vino all'estero penso che Vinitaly, che ha curato benissimo durante Expo, cercherà di portarla avanti.

 

Che ne pensa della grande richiesta di nuove autorizzazioni soprattutto per Prosecco e Pinot grigio in Veneto e Friuli Venezia Giulia?

C'è voglia di fare affari nel vino, ma dobbiamo stare attenti a mantenere l'equilibrio tra domanda e offerta. E questo è un compito affidato ai Consorzi di tutela, che rappresentano i produttori. Sono loro che sanno bene fino a dove si può arrivare per non provocare dei danni a se stessi. Del resto, di fronte a fenomeni paranormali come il Prosecco (un vino con massima bevibilità a prezzi onesti) non si può fare altrimenti. Dico di più: ritengo che la Prosecco-mania finirebbe nel momento in cui i prezzi dovessero aumentare a causa della mancanza di materia prima. Occorre quindi dare spazio alle richieste di nuove autorizzazioni, ma sempre tenendo presente l'equilibrio del mercato.

 

Veniamo ai consumi. Il dato previsionale di Oiv dice che l'Italia potrebbe rivedere finalmente il segno più. Come leggere questo dato?

Ritengo questo rialzo un'inversione di tendenza, che on può che renderci ottimisti. Ma la cosa più bella che sto notando è vedere una marea di giovani che partecipano agli happy hour con il bicchiere di vino in mano. E con vini che preferiscono scegliere direttamente e consapevolmente. Questo lo considero un grande cambiamento, che dimostra come ci sia un diverso interesse per il vino. Tutto ciò a noi enologi dà la carica.

 

Il 2016 è l'anno in cui arriverà il Testo unico e i registri di cantina saranno digitalizzati, anche se potrebbe esserci un rallentamento per via della banda larga.

Anche queste iniziative sono fortemente volute da Martina, che ha ascoltato le associazioni. Come tutte le novità vanno provate sul campo, soprattutto la dematerializzazione dei registri il cui periodo di sperimentazione verrà prolungato. Il Testo unico riavvicina il vino alle esigenze attuali delle imprese. Ci sono aspetti che devono essere migliorati cammin facendo, ma penso che tutto quello che è successo sia il segnale dell'interesse delle istituzioni verso il nostro settore. Finalmente la politica è conscia che il prodotto vino è uno dei motori dell'agroalimentare e sicuramente il più rappresentativo. Ci guardano con occhi diversi.

 

Prima di concludere, non possiamo non citare Giacomo Tachis, una grande perdita per l'enologia italiana. Qual è il suo ricordo?

È stato un maestro, che ho avuto l'opportunità di conoscere da vicino a Castello della Sala. Da lui ho appreso fondamentali consigli tecnici ed etici. Con lui ho accresciuto la mia cultura del vino. Per tutti noi è una grande perdita. La storia del vino resterà segnata dalla sua figura.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 5 maggio

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