La viticoltura in Argentina sta attraversando il peggior momento degli ultimi 20 anni. Calo della domanda interna e mercato mondiale in arretramento sono globalmente le due principali criticità, in un quadro caratterizzato da fattori decisivi come l'alta inflazione, la forte competitività che si incontra sui mercati, il cambio di abitudini alimentari dei consumatori e un lungo periodo di assenza di investimenti del settore vitivinicolo nazionale. Il risultato è nei numeri resi noti dal Centro studi economici di Bodegas de Argentina, sigla che riunisce le principali grandi aziende vinicole ma anche le piccole e medie imprese (70% dei soci) per un peso pari all'85% del vino imbottigliato e il 95% delle esportazioni.
Fatturato del vino argentino quasi dimezzato dal 2010
Un dato parla per tutti. Il giro d'affari delle cantine argentine è passato da 1,68 miliardi di dollari americani del 2010 a 983 milioni di dollari rilevati a maggio 2024, con un crollo percentuale di quasi il 42 per cento. Non è andata meglio ai volumi: nello stesso periodo il calo è di oltre 20%, con una piccola ripresa nel biennio Covid (a 142 milioni di casse vendute nel 2021), per quantitativi scesi ai minimi storici: appena 114 milioni di casse di vino. Il prezzo medio, a dicembre 2023, ha perso il 26,9% dal 2010 al 2024, che con 8,6 dollari medi per cassa rappresenta il livello più basso raggiunto dal 2006, dopo aver toccato un massimo di 11,8 dollari per cassa nel 2011.
Export mai così basso
Le esportazioni dei vini argentini sono state da sempre il motore trainante della produzione vinicola nazionale. Negli ultimi due anni, come sottolineano gli analisti di Bodegas de Argentina, la situazione è peggiorata, con un notevole calo del valore delle vendite. In particolare, il mese di maggio 2024, segna il livello annuale più basso dal 2006, a quota 393 milioni di dollari, peggiore anche dei 402 mln del 2018, anno della svalutazione della moneta argentina che aveva consentito, tre anni dopo, nel 2021, di toccare i 611 milioni di dollari. E con un andamento inverso, proprio l'andamento della moneta spiega il crollo degli indici del 2023 e del 2024, che sono costati diversi punti di redditività alle imprese vitivinicole. Nel contesto internazionale, l'Argentina non è stata la sola a soffrire alla voce export di vino imbottigliato a volume: Stati Uniti, Cile, Australia hanno perso oltre il 20% delle vendite, ma il -25,7% del paese sudamericano è secondo solo al -34% del Sudafrica. I suoi principali acquirenti sono Stati Uniti, Regno Unito (soprattutto di vino sfuso), Canada, Messico e Brasile (dove l'Argentina è concorrente diretto dell'Italia). Assieme, i cinque mercati valgono il 70% dei volumi totali.
Il peso dei dazi doganali
Uno dei limiti più importanti per la vendita estera di vino argentino è la spesa collegata ai dazi doganali, più alta della media di tutti i Paesi competitor. Questi, secondo Bodegas de Argentina, nel 2023 hanno pesato per il 5,2% sul fatturato annuo delle imprese vitivinicole. E questa percentuale è nettamente più alta della media (Italia e Francia 2,8%, Spagna 3,2%, Nuova Zelanda 3,8%, Portogallo 5,8%, Cile appena lo 0,1%) e dipende dall'esistenza o meno di specifici accordi bilaterali in essere tra i vari mercati globali. Il risultato è che i Paesi clienti spesso sostituiscono i prodotti argentini con quelli di altra provenienza. Nel complesso, la performance negativa dell'export, secondo Bodegas de Argentina, è dovuta per il 53% alla flessione della domanda internazionale mentre per il 47% è dovuta al calo della capacità di offerta argentina, tra effetto del tasso di cambio, diminuzione degli investimenti, della promozione e una pesante pressione fiscale.
Mercato interno in difficoltà
L'inflazione è stata la causa scatenante di un deciso calo dei consumi sul mercato interno (586 mln di dollari), con gli argentini che hanno acquistato meno vino e hanno spostato i propri interessi verso altri tipi di bevande. Va ricordato il fenomeno di costante e storica diminuzione dei consumi nelle fasce più basse di prezzo che, in dieci anni, ha dimezzato i ricavi sul mercato locale: appena 89 milioni di casse da 9 litri a maggio 2024. Come accaduto in altri Paesi europei, anche in Argentina il consumo pro capite è sceso ma a questo si è associata una minore domanda a causa di un indebolimento dei redditi dei cittadini.
Le strategie per superare la crisi
La filiera nazionale argentina si sta interrogando da tempo su come recuperare competitività in questo contesto di crisi generale. I vini argentini tra 2004 e 2014 sono stati particolarmente competitivi, mentre nel decennio successivo gli analisti segnalano una perdita di appeal. Oggi, per l'industria vitivinicola le opportunità di espansione vanno cercate solamente nelle fasce di prezzo più alte e verso quei mercati che applicano le tariffe doganali in base ai volumi. Anche per questo, Bodegas de Argentina sta lavorando su alcuni asset considerati strategici per il futuro del settore: differenziazione dell'offerta, sostenibilità, e-commerce, adattamento ai gusti locali e rafforzamento dei marchi. Nei prossimi anni, la strada da battere sarà innanzitutto quella dei vini di alta qualità che riflettano al meglio il terroir argentino. Mentre un altro asset sarà la stipula di alleanze strategiche nei mercati target, con importatori, rivenditori e distributori per facilitare l'accesso dei prodotti. Le idee e la consapevolezza della necessità di svoltare, insomma, ci sono ma, come osserva la stessa associazione delle imprese vinicole, occorrerà risolvere l'ostacolo della carenza di fondi per gli investimenti e la necessità di una maggiore professionalizzazione delle imprese del vino nazionali.