I migliori vini dell'Abruzzo 2022
L’Abruzzo ha due anime: il mare e la montagna. In regione il termine pianura è sconosciuto, copre solo l’1% del territorio, a farla da padrone sono le zone collinari e soprattutto le catene montuose, il Gran Sasso e la Majella, con le vette che guardano le acque dell’Adriatico. Il 37% della superficie è ricoperto da parchi nazionali, una natura in gran parte incontaminata, selvaggia, che ospita oltre il 70% delle specie animali presenti in Europa, incluse alcune specie rare in via di estinzione. In questo contesto s’inserisce una produzione vinicola fondata su una dicotomia: grandi cooperative sociali, anche di secondo o terzo livello, e piccoli vignaioli. Una divisione in parte rimodulata da alcuni virtuosi gruppi cooperativi che stanno puntando su progetti di valore a dimensione artigianale. Le carte del mazzo sono le stesse: montepulciano, trebbiano d’Abruzzo e pecorino. Una trilogia che ritroviamo nella stragrande maggioranza delle cantine che vi raccontiamo. Dei 29530 ettari regionali, ben 22940 sono concentrati nella provincia di Chieti, con una resa media ancora molto alta, parliamo di circa 150 quintali per ettaro. Eppure, c’è un Abruzzo che viaggia a un’altra velocità, con vini sempre più definiti e rigorosi, straordinariamente vitali e gastronomici. Quest’anno sono 15 i Tre Bicchieri, così suddivisi: 5 Montepulciano d’Abruzzo, 5 vini da uve pecorino, 4 Trebbiano d’Abruzzo e un Cerasuolo d’Abruzzo. La 2020 si conferma un’ottima annata per il “Riesling dell’Adriatico”, il Pecorino, con vini che spiccano per freschezza, acidità e quota sapida. In chiaroscuro l’annata 2020 per il Cerasuolo, un filo sotto l’ottimo millesimo 2019. Da notare che tra i Trebbiano premiati non c’è un solo vino d’annata: viaggiamo tra il 2017 e il 2019, a conferma d’un vino che cambia marcia e ritmo gustativo se atteso nel tempo. Emerge poi un altro tema: l’Abruzzo offre straordinarie occasioni d’acquisto, con molti ottimi vini spesso offerti a prezzi irrisori. Un bene per chi acquista, un po’ meno per chi produce. L’ultimo spunto è offerto dalla new entry nel team dei Tre Bicchieri. Per la prima volta il nostro riconoscimento va alla cantina Inalto Vini d’Altura, il progetto enologico di Adolfo De Cecco. Per giocare d’anticipo sugli effetti del cambiamento climatico, produce tra i 400 e gli 800 metri di quota, nel territorio di Ofena, alle pendici del Gran Sasso. Il futuro è in quota.
8 ½ Pecorino 2020
Abruzzo Pecorino Sup. Tegèo 2019
Cerasuolo d'Abruzzo Sup. Spelt 2020
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Zanna Ris. 2017
Montepulciano d'Abruzzo Capo Le Vigne 2017
Montepulciano d'Abruzzo Mo Ris. 2017
Montepulciano d'Abruzzo Vign. Sant’Eusanio 2019
Pecorino 2020
Supergiulia Pecorino 2018
Trebbiano d'Abruzzo 2017
Trebbiano d'Abruzzo Sup. 2019
Trebbiano d'Abruzzo Sup. Mario's 47 2019
Tullum Pecorino Biologico 2020
I migliori vini del Molise 2022
Numeri alla mano, il Molise ha complessivamente gli abitanti di un singolo quartiere di Roma. Sono infatti 305mila le persone che vivono in questa piccola regione a statuto ordinario, ricca di zone di montagna e collinari, impreziosita da un piccolo tratto di costa bagnato dal Mar Adriatico. Parliamo di un territorio vario e affascinante, per molti versi ancora intatto sul piano naturalistico, storicamente vocato alla vite. La maggior parte dei vigneti si trova fra Campobasso e il mare, dove quella sorta di grande altopiano digradante verso la costa trova soluzione in fasce collinari dal clima meno estremo, anche se nell’ultimo decennio diversi produttori si sono spinti verso l’alto, coltivando a ridosso delle verdi catene montuose. Tra i vitigni più coltivati annoveriamo l’aglianico, in una veste più immediata e fragrante di quello cui siamo abituati, e il montepulciano, che in questo territorio acquista una tipicità del tutto particolare; tra le uve bianche il trebbiano e la falangina, per vini immediati e fragranti. Non mancano però filari di sangiovese, di greco, e diversi ettari coltivati con varietà internazionali, soprattutto merlot e cabernet sauvignon. Oggi, però, la parola d’ordine del vino molisano è… tintilia, il principale vitigno autoctono. Il nome della varietà a bacca rossa deriva da tinta, per via della sua intensa veste rubino e la ricchezza di antociani. Dà luogo a vini dai tipici richiami mediterranei tanto nel profilo minerale quanto nel registro di essenze della macchia costiera. Pensiamo all’ottimo Tintilia Macchiarossa ’17 della cantina i Cipressi o alla vivida fragranza di frutti neri e ginepro del Tintilia 200 Metri ’20 di Tenimeti Grieco, passando per la Tintilia ’19 di Tenute Martarosa, che gioca anche con il frutto e una sensazione pepata e di paprika ritrovata di sovente nei nostri assaggi. Parliamo di un tris che è approdato agevolmente alle nostre finali, certificando una crescente definizione stilistica del vitigno. Discorso che prende forza analizzando i risultati molto interessanti della tintilia nella sua declinazione in rosa, con diverse etichette di carattere. L’unico Tre Bicchieri premia una vecchia conoscenza della nostra Guida, l’Aglianico Contado Riserva ’17 della cantina Di Majo Norante: un rosso eccellente proposto, come molti vini in regione, a un prezzo davvero onesto.