Anche quest'anno la quarta regione per produzione di vino porta a casa un buon risultato: le cantine valutate aumentano (oramai sono un centinaio), così come la qualità diffusa, tanto per le grandi cantine quanto per le cooperative e le piccole aziende. I vini assaggiati sono sempre più buoni e precisi, dai solidi Montepulciano d’Abruzzo, ai poetici Trebbiano, sino agli irruenti autoctoni bianchi. E testimoniano una riscoperta delle radici e di tecniche tradizionali, in cui fermentazioni spontanee, biologico, biodinamico, sono un gesto agricolo naturale. I quindici vini premiati raccontano questa varietà, che ci porta dalle coste dell’Adriatico sino a lambire i ghiacciai appenninici. È una squadra di vini eterogenea per provenienza, ma simile per qualità.
Va tutto bene allora? No, ci sono delle zone d'ombra. L'Abruzzo non è ancora percepito dal mercato come un importante distretto enologico per via di quel profilo da grandi numeri e poca ambizione e la corsa al massimo ribasso: un esempio? Il Montepulciano è tra i vini più venduti in Italia, con aumenti costanti delle percentuali, e altrettanto costanti diminuzioni del prezzo medio per bottiglia. Manca uno sforzo comune per rientrare di diritto nei grandi terroir di vino, mentre ancora l’ottanta per cento del prodotto abruzzese continua a essere imbottigliato fuori regione. Qualcosa può cambiare ancora, anche perché non basta più fare vini buoni, bisogna saperli raccontare, visto che i mercati sono sempre più in cerca di riconoscibilità e paesaggio.
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