Ansonica, orgoglio dell’Elba
La più grande tra le isole dell’arcipelago Toscano, l’Elba, di tesori ne custodisce un’infinità. Ciò che più colpisce andandoci e tornandoci è proprio la varietà di gioielli appartati, che ogni volta si rivelano a chi ama cercare e scoprire. Si tratti di ammalianti calette nascoste o reperti archeologici, scorci di montagna o cartoline di tramonti. Allo stesso modo vigneti superbi paiono affiorare come sommità di verdi iceberg, stoici e imperturbabili, a raccontare la storia di un’isola che accolse la vite mille anni prima di Cristo e fu vitata per un quinto dei suoi 22mila ettari di superficie, quel saliscendi di coste e di colli da cui svettano gli oltre mille metri del Monte Capanne.
In molte di queste vigne superstiti - o meglio resuscitate - tutt’oggi è protagonista l’Ansonica, l’uva che più di tutte, forse anche più del celebre Aleatico (cui abbiamo dedicato un ampio servizio lo scorso ottobre 2019), è specchio del terroir isolano.
Caratteristiche dell’uva autoctona dell’Elba
All’Elba da tempo immemore, e quindi autoctona per definizione, in realtà con altri nomi (Inzolia, Ansolla, Ansonaca, Zolla bianca, Uva del Giglio) l’Ansonica si ritrova in diverse terre baciate dal mare e dal sole, soprattutto in Sicilia, dove forse sbarcò viaggiando dalla Grecia, forse dalla Francia. Stavolta, però, abbiamo scelto di descrivere quella toscana, riprendendo il discorso sui migliori produttori vinicoli dell’Isola d’Elba.
A bacca bianca, il grappolo è piuttosto anomalo per un’uva da vino, spargolo e grosso, e l’acino pure, giallo dorato, talvolta ambrato, con buccia spessa e croccante, polposo. Cresce sano, tenace e poco incline a muffe e malattie; il succo ha sapore neutro, dicono alcuni, ma sul tema già si confrontano i diversi interpreti che lo trasformano in vino, offrendo risposte e interpretazioni diverse. Dandoci un ottimo pretesto per un tuffo nell’attualità enogastronomica dell’Elba, ancor prima che nelle sue acque cristalline (a proposito, qui vi abbiamo parlato di un viticoltore elbano che immerge gli acini in mare prima della macerazione).
L’Ansonica e la zampicata di Montefabbrello
Nelle prime retrovie di Portoferraio, Dimitri Galletti è un alfiere dell’Ansonica. Ne produce ben tre versioni, e una la fa tuttora “zampicata nel palmento”, alla maniera degli Etruschi: l’ultimo lunedì di settembre un manipolo di collaboratori, amici, appassionati, si raduna per pestare l’uva in una vasca di pietra, ricostruita sull’antico modello. “Ho voluto ricreare un vino sui ricordi di quand’ero bambino, i palmenti non esistevano più ma c’era una gabbia di legno in cui si “zampicava”, mentre il succo colava nel tino”. Un vino che sa di storia, di festa, di convivialità, caldo e salino, con solo lieviti indigeni e pochissimi solfiti aggiunti, echi di macchia mediterranea oltre il frutto giallo. Ma non manca all’appello un’Ansonica moderna, Sasso di Leva, più delicata eppure rispettosa della tradizione, oltre a una versione passita, suadente, che ben accompagna dolci e formaggi isolani. “Tutte e tre sono vinificate in purezza, a dimostrazione di quanti profumi e sapori può esprimere se ben lavorata”.
Il vino di Dimitri Galletti e la storia dell’azienda
È stato Dimitri, che all’ombra di questo monte è cresciuto, a dare nome Montefabbrello all’azienda agricola che la sua famiglia gestiva da generazioni. Affiancato da Nelly Famà, dal 2001 ha ripristinato vecchi vigneti e ne ha impiantati di nuovi, per 9 ettari totali, così come ha perseverato nella produzione di olio, frutta, verdura, adesso proposti anche in un eccellente Ristoro Agricolo. E ha investito sulla coltivazione di grani di qualità, soprattutto Senatore Cappelli, per una pasta al 100% elbana che realizza in loco, autonomamente: “Un prodotto sano, nutriente e gustoso: il mio orgoglio”. Tra gli altri vini segnaliamo un Elba Rosso Sangiovese Riserva, di struttura ed eleganza, maturato due anni in tonneaux e altrettanti in bottiglia; si chiama Bonfiglio ed è “dedicato a mio nonno, cui devo tutto: è lui che mi ha lasciato questa terra, nonché la passione per coltivarla”.
Il vino di Stefano Farkas nell’Isola d’Elba
La prima vendemmia di Stefano Farkas fu invece a Panzano in Chianti, nel 1974, in quella Villa Cafaggio fondata dal padre (di origini ungheresi, il cognome significa Lupo) che lui avrebbe portato all’eccellenza e alla soglia delle 500mila bottiglie, “attraversando periodi difficili, perché ai tempi l’attenzione per il vino non era quella attuale”. Nel 2005, all’apice del successo, un grosso marchio rilevò le quote del suo socio e Stefano decise di cambiare aria. Scelse il buen retiro dell’isola d’Elba, la verde Valle di Lazzaro in quel di Portoferraio: “Avrei potuto vivere tranquillamente in pensione, ma volli accettare la sfida”, e guardandolo in faccia si capisce che non poteva andare diversamente.
Una colonica dell’Ottocento da ristrutturare e vecchi terrazzamenti dove “imperversava il paleo, come si direbbe nel Chianti: erba su erba su erba, una foresta impenetrabile”. Cinque anni per recuperarli appieno, otto mesi con l’escavatore fuori dalla finestra, muretti da ricostruire e vigne da reimpiantare; nel 2010 la vendemmia della nuova era. Oggi Valle di Lazzaro conta una decina di ettari vitati tra proprietà e affitto, circa 38mila bottiglie prodotte annualmente.
L’Ansonica Lazarus di Valle di Lazzaro
L’Ansonica Lazarus offre sentori agrumati oltre l’essenza del mare, sorso fresco di pesca, di mango e un’inaspettata acidità; è vinificata in purezza con macerazione a basse temperature, “indispensabile per mantenere la pulizia degli aromi”, così come la fase di flottazione, la lunga fermentazione. “È un’uva strana, sembra più da tavola che da vino, richiede maturazione spinta e massima attenzione nel preservarne l’acidità. Fare vino non è difficile, ma bisogna essere meticolosi, in vigna come in cantina”. La produzione di Farkas è fedele a questo assioma, vini precisi ma sempre vibranti, si prenda il Lazarus Elba Rosso Doc da solo Sangiovese, “vendemmiato tre settimane prima che a Panzano ma lavorato col solito metodo chiantigiano”: un sorprendente vino di costa, che porta avanti la narrazione del sangiovese nonché la preziosa esperienza di Stefano, di stimolo per tutta la scena vitivinicola elbana.
Azienda Vitivinicola Montefabbrello - Loc. Schiopparello, 3057037, Portoferraio (LI) - Isola d'Elba - 0565 940020 – www.montefabbrello.it
Azienda Agricola Valle di Lazzaro - Località Valle di Lazzaro 103, 57037, Portoferraio (LI) - Isola d’Elba - 347 8100273 – www.valledilazzaro.com
a cura di Emiliano Gucci
QUESTO è NULLA...
Nel mensile di ottobre del Gambero Rosso il viaggio fra le migliori cantine dell’Elba continua. Sulla rivista cartacea raccontiamo la storia e i vini della Tenuta La Chiusa, dell’Azienda Agricola Cecilia, della Chiesina di Lagona e tante altre. Trovate anche un approfondimento sulla Fontanuccia dell’Isola del Giglio e sulle origini del nome Ansonica, insieme alla mappa completa dei produttori d’Italia e agli abbinamenti con i piatti tipici locali. Per finire, top 10 dei migliori ristoranti dell’Elba stilata dai produttori vinicoli e una scheda di Susy Macchioni, sommelier a La Taverna dei Poeti di Capoliveri.
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