Barolo in cifre
Anno da ricordare per il Barolo, non solo per il lusinghiero giudizio sulla qualità dell'annata 2015 che andrà verificato tra qualche anno, ma anche per i quantitativi imbottigliati, che hanno raggiunto lo scorso anno quota 12,5 milioni, con un incremento di quattro punti percentuali. Per i produttori della Dop piemontese, si tratta di un risultato molto importante, soprattutto se rapportato ai timori che serpeggiavano cinque anni fa e che erano legati ai rischi derivanti soprattutto da un eccesso produttivo che avrebbe potuto provocare un ribasso nei prezzi di mercato. Scenari che non si sono avverati, anzi all'aumento delle bottiglie si è accompagnata la crescita delle quotazioni sia delle uve sia del vino sfuso, con un progressivo calo delle giacenze.
Per dirla coi numeri, i rilevamenti della Camera di Commercio di Asti quotano lo sfuso nel 2015 a 8,5 euro al litro; un prezzo, come si fa notare dal Consorziodi Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, che conferma il trend di aumento costante a partire dal 2010 che, per ricordarlo, fu l'anno dei 3 euro al litro. Discorso analogo per le uve che, nel corso del 2015, hanno toccato punte superiori ai 4 euro al chilogrammo. Il segno più si rileva, inoltre, nel numero di aziende aderenti al Consorzio presieduto da Pietro Ratti (cantina Renato Ratti), che rappresenta quasi l'80% della produzione: dal 2010, sono state ben 53 le new entries, tra cui si ricordano Poderi Gianni Gagliardo, l'azienda Giovanni Sordo, la cantina di Virna Borgogno e molti altri. Ad oggi, sono 513 i soci aderenti, di cui 281 producono e imbottigliano Barolo (sono esclusi quindi i viticoltori).
I rischi dell'impennata dei prezzi
Ma oggi che il quadro è decisamente roseo sono gli stessi vertici consortili a suggerire una riflessione attenta sulle modalità di crescita, sugli indubbi vantaggi e sulle controindicazioni che possono arrivare da un'ipertrofia della Dop, in modo particolare dei suoi prezzi. Uno dei segnali che sta accendendo la spia rossa ai piani alti del quartier generale di Corso Enotria, ad Alba, è la corsa al rialzo delle quotazioni dei vigneti. Gli attuali prezzi appaiono in qualche misura sproporzionati. Basti ricordare alcune delle operazioni del 2015, concentrate soprattutto a inizio anno: i passaggi del vigneto cru Arione da Gigi Rosso a Giacomo Conterno, quello di Cascina Sorello nelle mani della famiglia Boroli, e prima ancoraCascina Cucco di Serralunga d'Alba alla famiglia Cairo (La Raia).
Compravendite in cui, in alcuni casi, si è arrivati a sfiorare i 2 milioni di euro per ettaro. Livelli che, come si diceva, hanno indotto e imposto una riflessione. I motivi ce li spiega lo stesso Pietro Ratti, che entro aprile terminerà il suo secondo mandato alla guida del Consorzio, che dovrà eleggere il successore: “Ha senso che il Barolo sia scambiato a otto euro al litro e che altri vini siano a due euro? Ha senso” si domanda Ratti “che chi produce e possiede questo vino goda di un privilegio escludendo tutti gli altri dei territori limitrofi? C'è una situazione da fortino che va evitata. Sei oggi sei un esempio positivo, una denominazione richiesta e in forte crescita, occorre stare attenti a non creare invidie a non assumere atteggiamenti arroganti. La filiera può e deve riflettere di questo tema”.
Cosa bisognerebbe fare in concreto?
Non ho una risposta risolutiva. Sono arrivato nel 2010 con la denominazione ai minimi storici, un periodo in cui eravamo terrorizzati dall'eccesso di vino sul mercato, mentre oggi siamo a uno dei punti più alti. Ecco perché voglio lanciare la palla alla fine del mio mandato.
Quali sono i rischi?
Il termine 'crescita' è usato dappertutto, a livello italiano come europeo, ma questa crescita pone delle riflessioni sul come gestirla. Nella filiera del Barolo, ad esempio, perché non discutere anche di una decrescita felice, che equivarrebbe a un consolidamento? È uno spunto che voglio lanciare. Bisogna sempre porsi delle domande, altrimenti si rischiano dei rimbalzi negativi.
Prezzi troppo elevati potrebbero scoraggiare nuovi investimenti?
Abbiamo una responsabilità nei confronti di chi viene dopo di noi e nei confronti del nostro territorio. È vero che i tempi dei 3 euro a litro sono lontani. Ricordiamoci che fu la crisi finanziaria del 2008 negli Usa, uno dei nostri mercati principali, a trascinare al ribasso i prezzi del Barolo. L'anno peggiore è stato sicuramente il 2010. Ma quando le cose vanno bene come ora occorre gestirle altrettanto bene.
Ad esempio, sul fronte dei nuovi impianti. Avete proposto alla Regione Piemonte di aumentare le superfici concesse tramite bando fino a 20 ettari
Da sei anni il Barolo aumenta gradualmente: per quattro anni sono stati concessi 10 ettari, nel 2015 si è passati a 15 ettari e quest'anno si va a 20 ettari. È una gestione oculata, uno dei punti qualificanti dei miei due mandati. Anche se occorre lavorare ancora.
Quali sono i punti da migliorare e che cosa non torna nei vostri conti?
Nonostante sia stato un anno record di imbottigliamenti e malgrado l'aumento delle quotazioni di uve e vino sfuso, non c'è ancora un aumento dei prezzi della bottiglia sullo scaffale. Questo è un fenomeno evidente nonostante il Consorzio non abbia un osservatorio specifico sul prezzo del Barolo. L'ideale sarebbe disporre di un meccanismo di regolamentazione delle quotazioni di uve e di sfuso a seconda dell'andamento dei prezzi a scaffale. Siamo consapevoli che non sia facile.
Quanto ha influito il riconoscimento Unesco alle colline di Langhe Roero e Monferrato in questo trend positivo?
Ha avuto un forte impatto sull'immagine. Sono arrivati più turisti. Ma le regole dell'Unesco, quelle sulle modalità di urbanizzazione, sulla protezione dei vigneti, etc. stanno entrando in vigore adesso che la Regione Piemonte sta approvando le linee guida. Anche questo deve essere uno spunto di riflessione per i produttori.
Non è che alla fine rappresenterà un limite?
No. Secondo me siamo arrivati a un punto in cui possiamo permetterci di decidere come crescere. E la riflessione deve portare una cultura diffusa che le nuove generazioni devono apprendere. Il riconoscimento Unesco non è una targa ma un pensiero, un modo di vivere, da interiorizzare. Ed è questo il momento.
Come si stanno orientando le scelte dei viticoltori in un momento come questo?
È l'altro grande tema della nostra zona: vale a dire la “nebbiolizzazione delle Langhe”. Un trend che si osserva dagli ultimi anni, che equivale a una grande spinta del territorio verso le uve Nebbiolo, sia per le difficoltà che la flavescenza dorata sta provocando ai vigneti, sia per una questione di valori superiori, nel senso che il Nebbiolo (con uve a un prezzo medio di 1,5 euro/kg; ndr) vale di più di un Barbera o di un Dolcetto. Di fatto, la Doc Langhe Nebbiolo sta diventando un punto di riferimento.
Insomma, la parte bassa della piramide per chi produce il Barolo...
Esatto. Ed è una tendenza che si osserva soprattutto tra le cantine medio-piccole, che la stanno facendo crescere investendoci. La Gdo, per ora, non è ancora interessata a questa Doc. Non so se questa nebbiolizzazione sia positiva o negativa. Di certo, da un lato, si perde un po' di biodiversità ma, dall'altro, ci si specializza. La Borgogna, a cui noi guardiamo spesso, lo ha fatto tanti anni fa, noi lo stiamo facendo adesso.
Il caso Barbarolo
Sul fronte della tutela, anche il Barolo è in fase di acquisto dei domini .wine e .vin, ma intanto deve risolvere alcune questioni. La prima è quella dei wine kit in Inghilterra, visto che non si ferma l'attività fraudolenta malgrado gli interventi dell'Icqrf. La seconda è la vicenda “Barbarolo” e riguarda un bag in box prodotto in Norvegia (che non fa parte dell'Unione europea), contenente del vino Langhe rosso, che viene confezionato da un'azienda scandinava. Il Consorzio ha avviato una causa legale chiedendo il ritiro del prodotto dal mercato.
Barolo: 2015, l'annata “eccezionale” del nebbiolo
Sono in molti ad aver definito eccezionale l'annata 2015 grazie all'andamento climatico favorevole. In particolare, il Consorzio evidenzia il grado della maturazione fenolica delle uve nebbiolo. Erano anni, sottolinea il Consorzio, che non si registrava una maturazione dei polifenoli così perfetta. Questo dovrebbe consentire di avere vini di ottima struttura, ma con tannini maturi a garanzia di longevità di una straordinaria eleganza e finezza.
Un Cda giovane per la strada dei vini
Punta sui giovani la Strada dei vini del Barolo. Dopo aver riconfermato gli incarichi al presidente Lorenzo Olivero e al suo vice Mauro Daniele, la nuova squadra (in media 35 anni) è composta dai rieletti Alberto Alessandria (Crissante Alessandria di La Morra) e Roberto Giacosa (sindaco di Roddi e assessore al Turismo dell’Unione dei Comuni) a cui si affiancano Maurizio Bruzzese (direttore hotel Antico Borgo Monchiero), Alberto Frea (guida turistica di Turismo in Langa), Daniele Conterno (cantina Franco Conterno di Monforte d'Alba), Mariella Conterno Destefanis (cantina Cadia di Roddi) e Cristiana Grimaldi (Enoteca regionale del Barolo). Tra le novità 2016: nuove cartine turistiche illustrate, l'introduzione dell'e-commerce per servizi e pacchetti turistici, la versione mobile per smartphone e tablet del sito.
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 4 febbraio
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foto in apertura Bruno Abbona